Dalle Regioni è venuta un'importante e unanime assunzione di responsabilità contro il biotech nei campi. è dunque tracciata la linea italiana al ministro delle Politiche agricole Galan, che a questo punto dovrebbe aver ben chiara la posizione da tenere, anche in sede comunitaria. è quanto ha affermato il presidente della Coldiretti Sergio Marini (nella foto a sinistra) nel commentare positivamente il voto unanime degli assessori regionali all'Agricoltura che hanno respinto il provvedimento sulle linee guida nazionali sulla coesistenza tra coltivazioni geneticamente modificate, convenzionali e biologiche, nell'ambito del comitato Agricoltura della conferenza Stato/Regioni. Ma da Galan arrivano chiare intenzioni di proseguire con la sperimentazione per non rischiare che l'Italia rimanga indietro rispetto agli altri Paesi.
«Agli assessori regionali, a cominciare dall'ottimo coordinatore Dario Stefàno, va - ha sottolineato Marini - il ringraziamento dell'agricoltura italiana per una sensibilità ed una attenzione su un tema dove a farla da padrone rischiano di essere le pressioni esercitate dagli interessi di pochi. è bene ricordare che oltre alle Regioni già la commissione Agricoltura del Senato si è espressa all'unanimità a favore della possibilità per l'Italia di vietare la coltivazione degli Ogm, che quasi 3 italiani su 4 non vogliono gli Ogm nei campi, che le Organizzazioni che rappresentano il 90% degli agricoltori sono anch'esse contrarie».
«La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nella seduta del 20 novembre 2008, ha già approvato 9 protocolli sperimentali relativi a piante geneticamente modificate (actinidia, agrumi, ciliegio dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro, vite)», ha replicato il ministro Giancarlo Galan (nella foto in basso, a destra), rispondendo a un'interrogazione parlamentare dell'on. Benedetto Della Vedova (Fli). «Il relativo decreto del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, tuttavia - ha proseguito Galan - non è stato mai emanato, a causa dell'esigenza di aggiornare il contenuto degli stessi protocolli sperimentali, con le linee guida sulla coesistenza tra colture tradizionali, biologiche e geneticamente modificate, che avrebbero dovuto essere ugualmente approvate dalla conferenza Stato/Regioni. Ad oggi, quindi, le sperimentazioni su piante geneticamente modificate non possono essere effettuate per due ragioni: i protocolli di sperimentazione, previsti dal decreto del 19 gennaio 2005, non sono stati emanati; le Regioni non hanno ancora individuato i siti sui quali effettuarli».
«Ad oggi - ha aggiunto il Ministro - nessuna Regione ha comunicato formalmente al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali l'individuazione dei siti per la sperimentazione. Ciò non toglie, però, l'urgenza di uscire da questa situazione di stallo, dovuta principalmente al fatto che la conferenza Stato/Regioni non ha ancora adottato le linee guida sulla coesistenza. Per questa ragione, sin dai primi giorni del mio insediamento, ho provveduto a sollecitare la suddetta Conferenza anche perché, in mancanza delle linee guida sulla coesistenza, non è più possibile gestire il voluminoso contenzioso prodotto in questi anni. In caso contrario valuteremo in sede di Governo le azioni più appropriate da intraprendere, così come indicato anche da recenti pronunce giurisdizionali. Auspico che la leale collaborazione istituzionale consenta di pervenire a un risultato positivo che coniughi le necessarie tutele e cautele del settore con le ragioni di una ricerca sperimentale che non lasci il nostro Paese ai margini di quanto si sta sperimentando nel resto del mondo».
«Le parole che il ministro Galan ha usato nel rispondere a una mia interrogazione parlamentare sulla ricerca Ogm, nel corso del question time, mostrano un approccio al problema pragmatico, molto diverso dall'atteggiamento di chiusura preconcetta che purtroppo caratterizzava le scelte del suo predecessore Zaia», ha commentato Benedetto Della Vedova (nella foto a destra), vicepresidente vicario alla Camera del gruppo Futuro e libertà per l'Italia. «Galan ha riconosciuto come l'Italia non possa più permettersi di rinunciare all'innovazione biotecnologica in campo agricolo, un settore che fino a dieci anni fa vedeva l'Italia all'avanguardia nel mondo, ma che oggi - a causa della miopia di chi ha imbastito una guerra ideologica contro gli Ogm - rischia di scomparire». «è una notizia positiva - ha concluso Della Vedova - il segnale di un'apertura che potrà consentire il rilancio della ricerca biotecnologica nel nostro Paese», conclude il vicepresidente Fli.
Gli organismi geneticamente modificati (Ogm) - ha evidenziato invece la Coldiretti - spingono verso un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del Made in Italy. La scelta di non utilizzare Ogm non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma riguarda una precisa posizione economica per il futuro di una agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori.
Su questa strada l'Italia non è certo da sola poiché dopo il divieto posto anche in Germania si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi europei dove si coltivano organismi geneticamente modificati con un drastico crollo del 12% delle semine. Il drastico crollo nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati in Europa nel 2009 conferma che nel coltivare prodotti transgenici non c'è neanche convenienza economica. Il futuro della nostra agricoltura sarà nell'essere diversi e migliori e non omologati a quei sistemi produttivi che operano con strutture di costi per noi irraggiungibili. Il problema - ha concluso Coldiretti - è non farsi copiare le nostre eccellenze e non replicare modelli che il mercato ha già abbondantemente bocciato.
«Il no all'Ogm da parte delle Regioni e delle province autonome è stato unanime», ha sottolineato l'assessore del Veneto Franco Manzato (nella foto, a sinistra) al termine della Commissione Politiche Agricole delle Regioni italiane, la quale ha chiesto formalmente al Ministro di procedere con l'esercizio della clausola di salvaguardia per vietare la coltivazione del Mais Mon 810 e della patata Amflora. «Ma tenuto conto delle competenze in materia riconosciute dalla Costituzione - ha ribadito Manzato - il Ministro è stato impegnato 'a rappresentare, anche in occasione delle riunioni in sede comunitaria, la posizione unanime delle Regioni e delle Province autonome di assoluta contrarietà rispetto alla autorizzazione della coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale”».
Quanto alle linee guida di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificata, Regioni e Province autonome, tenuto conto dei nuovi orientamenti emersi e delle proposte normative avanzate a livello comunitario, non si sono espresse, «considerandolo nel merito tecnico e giuridico superato dai nuovi orientamenti proposti dalla Commissione Europea».
«La nostra contrarietà agli ogm non è per niente ideologica - ha ribadito Manzato - ma ben motivata, soprattutto sotto il profilo della valenza dell'economia agricola nazionale. Per noi è strategico difendere l'indipendenza e la qualità della produzione agricola italiana, che non può dipendere da altri per quanto riguarda proprietà e know how delle sementi. Io sono per la ricerca, ma la ricerca non è solo Ogm, mentre Ogm non è solo ricerca ma anche speculazione. La ricerca non Ogm da noi ha prodotto e continua produrre straordinari risultati economici. E sugli Ogm sono semmai per una vera ricerca, che non significa farla e pagarla per conto terzi, né può significare la pura e semplice fonte di royalty che rende i produttori succubi di chi fornisce sementi di piante sterili eguali in tutto il mondo, alla faccia delle capacità imprenditoriali».
«Nella globalizzazione - ha detto ancora l'assessore Veneto - la nostra agricoltura è competitiva proprio perché identitaria, diversa, naturale, variegata e non possiamo permetterci di sostituire il meglio con il molto. Qualità, varietà, biodiversità ci consentono di stare nella parte alta dei mercati e che costituiscono uno straordinario valore mondiale, che va tutelato e valorizzato. Dobbiamo per contro evitareo di devalorizzarlo con la banalizzazione di produzioni mondializzate importate da fuori: significherebbe produrre merci di poco valore che altrove possono essere ottenute a minor costo, con vantaggi davvero piccoli, temporanei e solo per pochi, non per il nostro sistema agroalimentare nel suo complesso».
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