è finita sulle pagine del New York Times la vicenda della semina non autorizzata di mais Ogm nel pordenonese. Nel servizio la giornalista Elisabeth Rosenthal ripercorre con linearità l'intera vicenda e le differenti posizioni di Stati Uniti e Unione europea sulla questione, richiamando tra l'altro la posizione del ministro dell'agricoltura Giancarlo Galan (nella foto a destra) «che ha definito i manifestanti 'vandali” benché non abbia detto se intende o meno autorizzare i raccolti geneticamente modificati», e quella del presidente del Veneto Luca Zaia (nella foto in basso), per il quale «c'è la necessità di mostrare alle multinazionali che non possono introdurre coltivazioni Frankenstein nel nostro Paese senza autorizzazione».
La Rosenthal ricorda tra l'altro che «c'è disaccordo su come le piante geneticamente modificate possano influire sugli ecosistemi» e che il tema «è particolarmente delicato in Italia, i cui agricoltori hanno investito molto sulle coltivazioni biologiche e su quelle tradizionali, che contano ad esempio centinaia di varietà di pomodoro. Le coltivazioni contaminate con materiale geneticamente modificato potrebbero perdere le loro caratteristiche originarie. E gli agricoltori sono preoccupati che le piante con i geni su misura possano soppiantare quelle delle varietà tradizionali».
«Il Wto - spiega Elisabeth Rosenthal - sostiene che i divieti assoluti per le coltivazioni Ogm costituiscono un ingiusto ostacolo al libero mercato perché non ci sono basi scientifiche a supporto di tale netta esclusione», ma «alcuni agricoltori come Fidenato e produttori di semi come Monsanto protestarono perché l'Europa non aveva ancora aperto le sue porte», mentre alcune aree dell'Europa sono state dichiarate 'zone Ogm-free”.
Non si è fatto attendere il commento positivo del presidente del Veneto Zaia: «Ringrazio Elisabeth Rosenthal per il suo lucido articolo e le ricordo che in Europa sta cambiando la normativa comunitaria e vige il principio di precauzione, in Germania è stato constatato che semi di mais Ogm hanno provocato tumori al fegato su cavie da laboratorio, mentre per l'Italia è certo quantomeno il rischio che venga svilita e deprezzata la produzione agroalimentare, il cui valore è riconosciuto ovunque nel mondo e purtroppo anche malamente imitato».
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