Mangiare pesce crudo al ristorante si può. E, a parte la moda degli ultimi anni che ha portato all'esplosione di dubbi sushi bar, anche sul piano salutistico può essere una buona cosa, sempre che sia fatto con moderazione. Bisogna però essere consapevoli che questo tipo di offerta rappresenta uno dei maggiori rischi di un menu. La progressiva diminuzione del pesce nostrano spinge infatti a ricercare materia prima che non sempre è garantita sul piano della tracciabilità e del rispetto delle norme igienico sanitarie. Intossicazioni, allergie e intolleranze diventano quindi rischi coi quali un ristoratore deve avere sempre più spesso a che fare. Realtà a cui si è aggiunto negli ultimi tempi il serissimo problema dell'
Anisakis, il vermetto parassita che colpisce soprattutto il pesce azzurro tanto da rendere assolutamente pericolosa un'alice marinata su dieci.
Avere fornitori qualificati e che garantiscono della provenienza del pesce (come in genere di tutti gli alimenti) diventa quindi un fattore strategico. Ma non sufficiente. Occorre infatti una più decisa assunzione di responsabilità da parte dei ristoratori che sempre più sono chiamati a svolgere un ruolo attivo nella prevenzione e nella salute del consumatore. Le ultime
indicazioni ministeriali sono in tal senso più che esplicite: la responsabilità finale in caso di danni alla salute è del ristoratore che non ha ottemperato a quanto oggi è richiesto dalla legge:
abbattere a -20°C per almeno 24 ore il pesce fresco da proporre crudo o parzialmente crudo. E più è avanzato l'abbattitore meglio è...
A questo tema 'Italia a Tavola” insieme al Consorzio Cuochi di Lombardia e in collaborazione coi maggiori esperti nazionali del settore (dai rappresentanti della Fipe a fornitori come Orobica Pesca) ha dedicato il
primo convegno nazionale in cui gli operatori si sono confrontati su normative, pratiche e soluzioni alla portata di chi vuole fare seriamente un lavoro di qualità. Come sempre succede in Italia la normativa non è però assolutamente chiara e trasparente. Se da un lato è chiaro ad esempio l'obbligo della tracciabilità del pesce e dell'abbattimento per il crudo (compreso l'obbligo della comunicazione all'Asl e l'indicazione nella procedura del
libretto Haccp), non è chiaro per tutta l'Italia cosa si deve indicare in menu. Non ci sarebbe l'obbligo di mettere l'asterisco come se si trattasse di pesce congelato, ma che è materia prima 'bonificata” (sanificata) va indicato. Ma cosa scrivere? Qui non c'è la certezza assoluta.
Poiché anche a livello della stessa Fipe (che pure si è mossa per tempo su questo terreno) ci sono leggere differenze a livello territoriale su cosa scrivere quando si propone pesce crudo, sarebbe utile che dal ministero della Salute giungessero indicazioni chiare. Non servono circolari interpretative come finora è stato fatto (che qualche magistrato potrebbe non ritenere vigenti a livello di legge), quanto una nuova legge quadro di semplificazione della materia. Magari capace di rendere più equo l'intero sistema di chi somministra cibo ed equiparando ad esempio ristoranti e agriturismi.
L'occasione per capire se il Governo vuole muoversi in questa direzione potrebbe essere offerta dal prossimo incontro della Fipe col ministro Ferruccio Fazio in occasione di
TuttoFood a Milano, I temi sono gli stessi affrontati anche con la presidenza Fipe nel nostro convegno. Dall'organizzazione di categoria e dal Ministro ci attendiamo un passo avanti rispetto all'incertezza che oggi grava sul settore (non solo per il pesce crudo), nonché un impegno del Governo per una campagna di sensibilizzazione per far capire ai consumatori il ruolo centrale svolto dalla ristorazione di qualità per salvaguardare la salute del consumatore e promuovere la filiera agroalimentare. A partire da come ci si mette in regola sul pesce crudo...
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.netArticoli correlati:
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