MILANO - Consumare pesce crudo al ristorante potrebbe essere pericoloso, soprattutto quello 'azzurro”, ma con l'uso corretto dell'abbattitore (portando il fresco a -20°C per 24 ore), si può tranquillamente mangiare il sushi o il carpaccio. Alla base ci devono essere una tracciabilità certa e procedure corrette per effettuare la 'bonifica” del prodotto fresco (compresa la comunicazione all'Asl del corretto uso dell'abbattitore e l'indicazione nel menu...). Questi i risultati emersi dal Convegno promosso da 'Italia a Tavola” e dal Consorzio cuochi e ristoratori di Lombardia, presieduto da Matteo Scibilia, sul tema del pesce crudo.
La prima iniziativa di questo spessore a livello a nazionale, anche solo per la qualità degli esperti che si sono confrontati con gli addetti ai lavori, si è tenuta presso il Capac Politecnico del Commercio di Milano (la più importante struttura di formazione e aggiornamento del settore in Italia) per sensibilizzare i ristoratori sui seri problemi (che vanno da sanzioni economiche a procedimenti penali) legati al tema del pesce crudo, oggi al centro di un vera e propria emergenza per la possibile presenza di parassiti (dall'Anisakis all'Opisthorchis,
vedi schede) pericolosi per l'uomo.
Al Convegno, moderato dal direttore di 'Italia a Tavola”, Alberto Lupini, hanno partecipato i maggiori esperti del settore: da Aldo Maria Cursano, vice presidente vicario della Fipe (che gestisce alcune delle più qualificate realtà di cucina nipponica in Italia ), ad Alfredo Zini, presidente nazionale dell'Ente bilaterale del turismo e vice presidente Fipe; da Carlo Cantoni dell'Università di veterinaria di Milano al tecnologo alimentare Massimo Giubilesi; da Giovanni Cacciolo dell'Orobica Pesca di Bergamo a Renato Malandra, responsabile unità operativa del Mercato ittico di Milano.
I lavori si sono ben presto trasformati in una 'tavola rotonda” che ha visto anche l'intervento di numerosi ristoratori i quali, a partire da Matteo Scibilia, hanno interrogato su come si deve procedere senza incappare in sanzioni, fino ad arrivare a quesiti pratici quali, ad esempio, in linea di massima i costi per un 'abbattitore” rapido (dai 3.500 ai 5.000 euro è stato risposto). Un dibattito che, come ha poi sottolineato il ristoratore Paolo Manfredi, ha fatto emergere che è il ristoratore, ultimo anello della filiera, che deve garantire responsabilmente la salute del cliente-consumatore e per questo si deve attrezzare mettendo in atto procedure di sicurezza che tutelino lui e i suoi clienti.
Un'attività che richiede peraltro anche una crescita culturale e di consapevolezza da parte del consumatore, verso il quale il ministero della Salute o il Governo dovrebbero indirizzare campagne di informazione ad hoc per segnalare il rischio che si corre col pesce crudo non bonificato, rendendo così efficace ed utile lo sforzo dei ristoratori seri per fronteggiare l'emergenza. Un tema, quello della responsabilità, particolarmente richiamato da Alfredo Zini e Aldo Maria Cursano (
vedi servizio a parte) che hanno messo in rilievo gli interventi della Fipe a livello nazionale per trovare soluzioni rispettose della legge e degli interessi degli esercizi pubblici seri che, in ogni caso, devono fare la loro parte anche per distinguersi dai troppi improvvisati e a volte irregolari che, giustamente, dovrebbero essere maggiormente controllati dai Nas. Se poi si aggiunge che in una realtà come Milano il 30% della ristorazione fa capo a soggetti extracomunitari con abitudini alimentari e 'produzioni” diverse dalla nostra, si può ben capire come l'attenzione debba essere alta.
Sempre interessante l'intervento di Massimo Giubilesi, collaboratore di 'Italia a Tavola”, quando ha portato alla luce un altro aspetto fondamentale: quello della totale ignoranza su alcuni alimenti. Mancano le basi di conoscenza che permettono al professionista di svolgere il suo lavoro e al consumatore di essere giustamente tutelato. Da chi ci approvvigioniamo e come?, si è chiesto il tecnologo alimentare. Alici marinate, sgombri, salmoni, carpaccio, acciughe, ostriche sono solo alcuni dei prodotti introdotti nel nostro Paese più a rischio per i parassiti, mentre non ci sono problemi per le possibili contaminazioni da radiazioni, visto che le importazioni di pesce dal Giappone sono praticamente trascurabili e per un valore che nel 2010 è stato di soli 700mila euro.
Da parte sua il bergamasco Giovanni Cacciolo, titolare di Orobica Pesca, una delle più qualificate aziende di distribuzione di prodotti ittici in Italia, ha parlato di costi di gestione delle aziende costrette al rallentamento economico, dell'insufficienza dei controlli verso distributori improvvisati o con assenza di adeguate procedure di sicurezza igienico-alimentare, ed ha auspicato un prossimo incontro con il ministro delle Salute Fazio per chiarire alcuni punti rimasti oscuri.
Dal canto suo il prof. Carlo Cantoni ha chiesto l'intervento della normativa dell'Unione europea su alcune problematiche rimaste in sospeso, criticando interventi governativi a suo dire eccessivamente repressivi o al contrario poco chiarificatori, come la recente
circolare di febbraio che non ha forza di legge e che potrebbe comunque non essere presa in considerazione da alcuni magistrati, mettendo di fatto in dubbio l'interpretazione più a tutela della ristorazione (se si seguono le procedure previste) che viene data dalla Fipe.
Renato Malandra, responsabile dell'Unità operativa Asl del mercato ittico di Milano, incalzato dal moderatore Alberto Lupini che voleva sapere la percentuale rilevata dai controlli sanitari, alla fine ha dovuto ammettere che il pesce azzurro (soprattutto alici) in cui si riscontra presenza di Anisakis ha una positività del 5%. Una realtà che rappresenta più di un campanello d'allarme se si pensa che in altri mercati i controlli sono meno sistematici di quelli milanesi... Malandra ha anche auspicato il risanamento preventivo certificato in modo da lasciarne una traccia.
Nel frattempo l'Impresa Pesca della Coldiretti ha sottolineato come sia importante in ogni caso cogliere l'occasione per preferire il pesce del Mediterraneo. Il dibattito si è poi spostato sulle prescrizioni relative alla vendita e somministrazione di preparazioni gastronomiche contenenti prodotti della pesca destinati ad essere consumati crudi e sulle indicazioni operative condivise in ambito di Comitato interregionale per la sicurezza alimentare, tra cui il Regolamento CE 853/2004 e la recente
circolare del ministero della Salute. Questo regolamento prescrive che i prodotti della pesca che vanno consumati crudi siano sottoposti a congelamento e che il trattamento deve essere eseguito sul prodotto finito. Pertanto si dovrà richiedere al fornitore la prevista certificazione da esibire ai Nas e agli altri organi di controllo.
E per concludere ricordiamo che in conclusione del convegno i partecipanti hanno potuto gustarsi dell'ottimo pesce fresco (in particolare gambroni e ostriche) messi a disposizione dell'Orobica pesca di Bergamo.
Le foto del servizio sono di Giulio ZilettiArticoli correlati:
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