Al presidente del Gruppo virtuale cuochi italiani Mario Caramella (nella foto a sinistra) non interessa il tavolo di confronto tra i cuochi italiani che lavorano in Italia e all'estero proposto da Emanuele Esposito (nella foto a destra), general manger de Il Villaggio di Jeddah (Arabia Saudita). Anzi con una lettera inviata a Italia a Tavola, boccia senza termini la proposta del collega.
Il cuoco Emanuele Esposito, che da tempo ormai porta avanti con determinazione una battaglia per la tutela del Made in Italy e della categoria dei cuochi e ristoratori, aveva, anche attraverso le pagine di Italia a Tavola, chiesto per il bene di tutto il settore nonché dell'intero Paese la creazione di un unico, grande gruppo invece delle tante (spesso inutili) associazioni. Esposito chiedeva un tavolo di confronto con il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla per valorizzare la cultura enogastronomica italiana a 360°. L'obiettivo è essere più forti nel mondo: un'esigenza dei cuochi italiani che serve alla nostra filiera produttiva.
Ci stupisce, invece, che su una proposta, che può essere anche discutibile, Mario Caramella sia così duro con un collega e parli di disinformazione… Forse perché Esposito ha amici oltre che nel Gvci anche nel gruppo virtuale concorrente di Cuochi italiani nel mondo (Cim)? Ci spiace rilevare che il difetto tutto italiano delle divisioni e degli orticelli sia praticato anche fra i cuochi...
Ecco il commento del presidente Mario Caramella.
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Sfascismo, piagnisteo e vittimismo. Capita troppo spesso di leggere in Italia commenti sullo stato della cucina italiana nel mondo, del made in Italy alimentare e soprattutto dei cuochi e culinary professional che vi lavorano, basati su questi toni pessimisti e disfattisti. In genere provengono da incompetenti, ma lasciano il segno. Io li trovo ingiustificati e non perché sono un ottimista. Perché allora? Perché i cuochi e i ristoratori che lavorano nella cucina italiana nel mondo sono esempi di successo professionale, nella stragrande maggioranza dei casi. Presentarli come vittime e orfani di chissà quali abbandoni da parte di istituzioni italiane, e una cretinata propalata da masanielli da strapazzo o da chi non conosce il settore. Alla lunga, forse, a danneggiare l'immagine vincente (si vincente!) dei culinary professional italiani nel mondo, sono più queste stupidaggini che altro. In quanto al Made in Italy, l'Italia rimane una delle superpotenze alimentari del mondo, sia in senso culturale che commerciale. E lo è da decenni, senza l'aiuto della politica, ma grazie a produttori capaci e tenaci che non a caso sono grandi alleati dei cuochi italiani all'estero. Non so veramente a chi giovi il catastrofismo e il piangersi addosso di alcuni mezzi di (dis) informazione. Questo non significa che non si debba essere critici o impegnarsi a fare meglio: noi come Gvci per esempio abbiamo denunciato molte volte l'assenza delle istituzioni nella promozione della cucina italiana all'estero, facciamo battaglie contro i taroccamenti della stessa, siamo in costante campagna per elevare il profilo professionale dei nostri cuochi, perché la competizione è forte. Ma questo fa parte della sfida professionale di ogni giorno di chi lavora all'estero in cucine e dintorni. E che in genere è molto soddisfatto di come vive! Altro che vittime! per favore quando fate queste polemiche inutili tenete il Gvci fuori.
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