Più qualità in tavola, più tutela della categoria e un solo grande gruppo per il Made in Italy. Sono i punti cardine del progetto che da tempo e con ferma convinzione il cuoco Emanuele Esposito, general manger de Il Villaggio di Jeddah (Arabia Saudita), sta proponendo attraverso il network 'Italia a Tavola”.
Nell'ultima lettera aperta, che riportiamo integralmente qui sotto, si rivolge a tutte le associazioni del settore ristorazione e agroalimentare: dalla Fic all'Apci, da CiaoItalia al Gvci, dal Cim a tutte le associazioni di categoria, a partire dalla Coldiretti per finire all'Enit. La richiesta è sempre la stessa: uscire da prospettive particolari per il bene di tutto il settore e dell'intero Paese, che a dispetto di quanto vanno affermando i ministri del Turismo e dell'Agricoltura fa fatica a stare a galla.
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è stata sempre una categoria meno considerata delle altre, e non nascondiamoci dietro a un dito, perché è così. Basti vedere le ultime uscite sia del ministro del Turismo Brambilla che del ministro Romano, quante associazioni sono state interpellate per il Codice del turismo e per il testo unico sull'apprendistato? Credo nessuna. Usciamo dalla retorica e mettiamo le carte in tavola una volta per tutte. Abbiamo capito tutti il tentativo mediatico dei due Ministeri che da mesi cercano di farci credere che tutto va bene, che tutto è sotto controllo. è un bufala Campana che ci tocca vedere nei Tg ogni santo giorno.
Ancora una volta insisto e insisterò fino a che la mia mente non cesserà di pensare: a partire dal comparto agroalimentare fino a noi cuochi c'è l'urgenza di fare squadra, i protagonismi devono cessare per il bene dell'Italia e per la categoria che rappresentiamo. Mi rivolgo direttamente sia alla Fic che ad Apci, a CiaoItalia, al Gvci e al Cim e a tutte le associazioni di categoria, a partire dalla Coldiretti per finire all'ente Enit. Tutte queste associazioni oggi più che mai hanno l'obbligo morale di sedersi intorno a un tavolo e trovare una formula per consorziarsi con la partecipazione di tutti i consorzi di tutela. Solo uniti possiamo battere il nemico, solo uniti possiamo ottenere un vantaggio economico e profitti per la nostra Italia. La divisione non giova a nessuno, e francamente lascia spazio solo a coltivare piccoli orticelli. Noi dobbiamo coltivare l'Italia, siamo un Paese contadino e tale dobbiamo rimanere, dobbiamo salvaguardare le nostre tradizioni.
La mia idea se pur folle è fattibile, possiamo e dobbiamo coinvolgere tutte le istituzioni comprese le Camere di commercio. Attraverso il ministero delle Politiche agricole, una volta che il gruppo consorziato si sia creato, possiamo intervenire su quei terreni demaniali praticamente abbandonati creando così delle aziende agricole, che forniranno alimenti per le strutture ristorative dei consorziati sia in Italia che all'estero. Creando così un grande meccanismo di distribuzione e di qualità del prodotto. Oltre a questo all'interno dei ristoranti nel mondo si possono creare degli angoli shop di questi prodotti: si va a creare in tal modo la più grande catena distributiva al mondo, ma sopratutto lavoro, e ovviamente il vero Made In Italy. Questa struttura garantirà la qualità sulle tavole degli italiani e nel mondo e abbasserà il costo degli ingredienti, poiché non saremo più costretti ad acquisire le materie prime dall'estero. Un'idea folle: ma si sa che la follia ha sempre portato grandi cose, basta crederci tutti, basta lavorare in sinergia.
Oltre a ciò bisognerebbe rivedere il testo unico dell'apprendistato, così come proposto non va, soprattutto perché generalizza. La categoria dei cuochi non può essere paragonata ad altre e viceversa, bisognerebbe rifarlo a partire dalla scuola, coinvolgendo gli stessi Istituti professionali. Il ragazzo va seguito dal primo giorno di scuola fino a diploma, sia durante il corso accademico sia durante la pausa estiva. Lo studente deve avere un minimo di ore stage da fare in strutture ricettive, ore che saranno calcolate come metodo di studio, una volta terminato il ciclo accademico. La struttura che ha avuto sotto l'ombrello lo studente può assumerlo con la qualifica di apprendistato professionale solo per un periodo di un anno. La struttura nel periodo di stage verserà i contribuiti pensionistici per lo studente e potrà avere delle agevolazioni fiscali, per incentivare la struttura.
Un'altro punto da tenere in considerazione è il contratto nazionale dei cuochi e di tutta la categoria, introducendo anche l'albo professionale dei professionisti. Si possono creare, con le Camere di commercio e gli istituti di cultura italiana all'estero e le ambasciate, dei corsi di cucina professionali per i giovani all'estero, con stage in ristoranti certificati con il marchio di Qualità che le stesse Camere di commercio in questi anni stanno consegnando. Certo tutti questo ha un costo e ci vogliono risorse umane, ma non è difficile, basta chiudere a qualche ufficio Ice, basta chiudere definitivamente il carrozzone BuonItalia e qualche altro ufficio Enit, che potrà essere incorporato presso i consolati italiani all'estero.
Tutto questo è un'idea, sarà folle, sarà impraticabile, non lo so, so certamente che se ci si crede può essere una buona base di partenza. Mi piacerebbe che tutte le associazioni ed enti chiamati in causa dicessero la loro su questa idea. Ovvio, come tutte le idee vanno discusse a tavolino con TUTTI nel rispetto delle regole e della democrazia, altrimenti teniamoci l'Italia così, creando marchi e targhette da appendere ai muri, ma senza valore. La diversità delle associazioni insieme può diventare un valore aggiunto.
Emanuele Esposito
Il Villaggio - Jeddah (Arabia Saudita)
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