Matteo Scibilia (nella foto), ristoratore e presidente del Consorzio Cuochi di Lombardia, scrive al direttore di 'Italia a Tavola” offrendo una personale lettura degli ultimi risultati elettorali, che hanno visto un generale calo di consensi per i partiti del centrodestra. Dal punto di vista di un ristoratore, la situazione non è positiva per un settore che è considerato uno degli aspetti di punta del Made in Italy. L'attuale Governo fino ad ora non ha fatto abbastanza per venire incontro alle esigenze degli operatori e degli esercenti, dimostrandosi spesso sordo alle richieste di attenzione verso un comparto dal quale potrebbe partire una spinta forte di ripresa dalla crisi economica.
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Caro Direttore,
Ti scrivo come ristoratore e come cittadino con un giudizio sulle elezioni di domenica scorsa, al di là di come saranno i risultati dei ballottaggi. Apparentemente potrebbe non avere rapporti con la cucina, ma in realtà vorrebbe essere un messaggio alla classe politica di destra e forse alla nuova di centrosinistra. Noi, Cuochi e Ristoratori, ci dicono, siamo una delle facce migliori del Made in Italy, siamo una realtà che aiuta la tenuta del nostro Paese, forse è arrivato il momento di farci ascoltare: non possiamo approfittare di questo momento politico?
Quello che meraviglia sono i commenti di tanti politici, compreso il nostro Presidente Berlusconi, che dicono: 'non abbiamo capito il ceto moderato”, o almeno questo è quello che tanti dicono come analisi del voto. Certo è vero. Ma è vero al contrario, forse è il ceto medio che non capisce la politica di un centrodestra che avrebbe dovuto aiutare l'impresa e invece non lo ha fatto.
Cominciamo dalla città di Milano: amici ristoratori e naturalmente tanti commercianti mi dicono che molti clienti non entrano più in città per l'Ecopass, non sanno dove parcheggiare: strisce blu, gialle, multe certe. La fiera di Rho ha tolto lavoro agli alberghi del centro e alla ristorazione, entrare e uscire dalla città è diventato sempre più difficile, non ci sono parcheggi in grado di soddisfare l'esigenza di chi vorrebbe magari solo venire a cena in città. Ma chi ascolta queste lamentele?
In Provincia non va meglio, ormai anche piccole cittadine stanno complicando il lavoro, centri storici chiusi, che di sera sono in balia di micro delinquenza, le saracinesche dei piccoli negozianti sono chiuse e solo le insegne luminose delle banche e delle agenzie immobiliari fanno da guardia a monumenti e chiese anch'essi sempre più soli.
La raccolta dei rifiuti per i commercianti è diventata un'odissea, la consegna delle merci un incubo per i trasportatori. Ieri un collega del centro mi diceva che un suo fornitore non potrà più consegnargli la merce perché è in attesa di un nuovo furgone che rispetti le norme antinquinamento, di certo affari in meno e molta arrabbiatura.
Il ceto medio (questo sconosciuto) di sicuro è stato dato in pasto a un fisco aggressivo e arrogante, con Equitalia che ormai ha ipotecato case e auto. Studi di settore e Agenzia delle entrate, che indagano su come mai negli ultimi due /tre anni gli affari siano diminuiti e i guadagni azzerati, sembrano alieni appena arrivati sulla terra e non sanno cosa è successo, ma intanto arrivano cartelle esattoriali pazzesche, con multe, more, interessi su ritardati pagamenti che triplicano le somme non pagate o pagate in ritardo.
E ci vergogniamo dopo tanti anni di lavoro anche a dirlo all'amico più caro. Non era mai successo, questa aggressività e questa arroganza fiscale, tra l'altro in un Paese dove le tasse aumentano ogni mese, chi può trasferisce all'estero l'azienda, ma noi ristoratori come facciamo? Ma ci sono altri piccoli episodi che non rendono giustizia, per esempio i fondi regionali o europei per aiutare l'impresa nel rinnovo di tecnologia o altro, i bandi si esauriscono pochi minuti dopo la pubblicazione, sembra non ci sia rispetto per la piccola azienda. Appunto, il famoso ceto moderato.
Ci siamo fidati di un centrodestra che abbiamo votato e forse voteremo ancora, ma, come ci dicono per salvaguardare i conti e il rispetto dei parametri europei, sta sacrificando la parte migliore del Paese. Ogni giorno che trascorre, ci arrivano notizie di ulteriori complicazioni di normative e leggi sempre più burocratiche, abbiamo bisogno di consulenti e assistenti. In un momento in cui il lavoro non è eccezionale avremmo bisogno di semplificazione vera.
Tutto questo nel silenzio quasi totale delle nostre rappresentanze sindacali. Perché tutto questo? Che colpa dobbiamo pagare? Ed ora in tanti si meravigliano che il ceto moderato o non ha votato o ha votato in maniera diversa? Aspettiamo segnali di attenzione, perché nulla è perduto, ma la stanchezza è ormai al limite di sopportazione.
Matteo Scibilia
Ristoratore
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Di seguito la risposta del direttore di "Italia a Tavola".
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Caro Matteo,
quante ragioni nella tua disamina su un voto che è particolarmente emblematico proprio a Milano, dove la valutazione sulla gestione del quotidiano (non proprio brillante) si è sommata a un improprio referendum voluto dal capo del Governo. Il danno è fatto e sarà molto difficile mettere insieme i cocci. C'è solo da augurarsi che la 'nuova” Milano che si profila all'orizzonte torni ad essere quell'esempio di civiltà, imprenditoria e onestà che negli ultimi anni si è andato sempre più appannando. E per restare al campo degli esercizi pubblici, vorrei ricordare l'assenza di interventi organici nelle aree dello struscio, il lassismo rispetto alle licenze facili e ai mancati controlli di sicurezza nei locali notturni, spesso in balia di droga, prostituzione e alcol taroccato. Problemi che pure lo stesso Comune di Milano aveva a suo tempo con coraggio denunciato. E che dire del dilagare dei bar e ristoranti a gestione di extracomunitari dove le regole non sono sempre fatte rispettare (pur essendoci ovviamente molte aziende assolutamente in regola)?
a.l.
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