Grosseto e Lucca sono le province in cui è più forte la rilevanza di feste e sagre, mentre Firenze e Pistoia sono quelle che risentono in modo più significativo dell'impatto negativo della somministrazione parallela sul volume d'affari. In particolare, Pistoia è la provincia con il numero medio più alto di sagre in un anno (34). 43 milioni di euro all'anno la stima della perdita di fatturato dei pubblici esercizi a causa dell'attività di feste e sagre. è quanto emerge dallo studio condotto da Fipe-Confcommercio Toscana sull'impatto della 'somministrazione parallela” (in particolare sagre e feste di piazza) nelle province della regione. Un territorio che, lo ricordiamo, è tra i più colpiti dal fenomeno delle sagre tarocche, nelle quali si servono prodotti non made in Italy oppure non stagionali, mettendo in atto una concorrenza sleale nei confronti dei ristoratori seri che propongono piatti tipici con grande professionalità.
All'indomani del ricorso al Tar annunciato da 15 commercianti del Mugello, per comprendere meglio quali sono gli umori e le riflessioni di quanti sono colpiti da questo fenomeno abbiamo intervistato Attilio Marucelli (nella foto), presidente della Confcommercio mugellana e titolare del ristorante 'Casa Matta” di Vicchio (Fi). «Per ora siamo una quindicina - afferma Marucelli - ma altri ci sosterranno. Ci siamo rivolti ad uno studio legale per verificare se ci sono le condizioni per una vertenza al Tar. Non siamo contro le sagre: se vengono fatte in modo serio e corretto diventano una risorsa per il turismo locale e rappresentano uno strumento di valorizzazione del territorio. Nel nostro caso sono fatte contro le norme regionali. Ci sono manifestazioni che è giusto che ci siano (quelle dei partiti politici, le feste religiose, quelle delle onlus, ecc.). Ma i prugnoli a marzo non ci sono, e alla festa era stato usato del congelato dell'anno prima. Un ristoratore ha persino fatto analizzare un campione».
«In questo periodo - prosegue Marucelli - c'è la sagra del porcino, ma non ci sono porcini. Non solo nel Mugello, ma in tutta Italia! Nel mio ristorante sono arrivati dall'estero a 24 euro al chilo. Un altro esempio: si fa la sagra del tartufo in un momento in cui in Italia ancora non c'è. Nel Mugello è diventata ormai prassi, ma questa tendenza si sta estendendo in tutta Italia e per tutto l'anno. Mi spiace che dobbiamo scontrarci con le istituzioni locali per difendere la legalità, quando dovrebbero essere loro a farlo in primis. Lo scopo di queste sagre non è la misericordia locale, non vengono realizzate per comprare, per esempio, un'ambulanza. Sono in particolare le società sportive di calcio che hanno monopolizzato la situazione nel Mugello: sono un forte richiamo, un'attrattiva per i turisti e soprattutto per la gente del posto».
La ricerca Fipe
Dalla ricerca, realizzata dal Centro studi Fipe su un campione di 969 pubblici esercizi distribuiti nelle province toscane e aderenti alla Confcommercio regionale, è emerso che tra gli aspetti di una festa o sagra che evidenziano le maggiori criticità c'è il mancato rispetto delle regole (igienico-sanitarie, fiscali e del lavoro): oltre il 90% degli intervistati ha indicato questa voce. Interessante il dato relativo alla stima della perdita di fatturato dei pubblici esercizi a causa dell'attività di feste e sagre, che si aggirerebbe sui 43 milioni di euro all'anno per le province toscane.
Ecco infine quali sono i suggerimenti e gli elementi di maggiore criticità segnalati dagli esercenti intervistati da Fipe:
- Combattere la concorrenza sleale di sagre e agriturismo
- Fare più controlli anche sui prodotti somministrati
- Far rispettare normative, comprese quelle fiscali
- Diminuire la durata delle manifestazioni, che attualmente è troppo elevata
- Limitare le autorizzazioni
- Autorizzare le feste e sagre solo fuori dalla stagione turistica
- Coinvolgere di più i pubblici esercizi
- Imporre regole più restrittive
Ci auguriamo che con il ricorso al Tar si dia un
segnale forte alle amministrazioni (soprattutto locali) per porre un freno ad un fenomeno dilagante che penalizza le eccellenze enogastronomiche made in Italy e la professionalità dei ristoratori.
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