Il ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan (nella foto, a sinistra, con Umberto Bossi) ha detto che se la maggioranza approvasse l'emendamento alla manovra economica - presentato dal relatore del Pdl Antonio Azzollini ma fortemente sostenuto dalla Lega Nord - che congela il pagamento delle multe Ue per le cosiddette "quote latte" si dimetterebbe, anche se confida in un intervento in extremis del premier Silvio Berlusconi. Obiettivo dell'emendamento: far slittare al 31 dicembre 2010 il pagamento delle multe dovute per il superamento dei tetti produttivi imposti dall'Unione europea. Un tributo politico agli alleati della Lega Nord, in realtà, alla quale fanno riferimento meno di 2mila allevatori - su un totale di oltre 40mila attivi in Italia - contrari al versamento delle sanzioni.
Il colpo alla poltrona di ministro dell'Agricoltura è stato inflitto dalla Lega Nord, storicamente vicina alle rivendicazioni dei Cobas del latte e dei produttori colpiti dalle sanzioni, che ha appoggiato un emendamento alla manovra finanziaria del Governo che prevede, appunto, la sospensione fino al 31 dicembre del pagamento delle multe (tra i beneficiari, per la cronaca, ci sarebbero anche gli oltre 20mila allevatori che, dal 2003, stanno versando a rate il dovuto). Oltre a questo la Lega avrebbe chiesto - in cambio del proprio sostegno in aula alla Manovra - di 'salvare” Buonitalia Spa, l'ente deputato a promuovere il Made in Italy agroalimentare nel mondo caro all'ex ministro leghista Luca Zaia, e dell'Unire, l'ente che gestisce le scommesse nell'ippica.
«Se il governo e la maggioranza di cui faccio parte mi dovessero smentire così clamorosamente, resta una sola cosa da fare: si prende e si va a casa», ha detto il Ministro. E rispondendo alla Camera a un'interrogazione del leader Udc Pier Ferdinando Casini ha precisato: «Sono assolutamente contrario non voglio nemmeno credere all'eventualità della presentazione di una norma dagli effetti così devastanti e immorali. Le multe vanno pagate e come me la pensa il 95% degli operatori del settore, molti dei quali hanno già versato».
Evidentemente non la pensa così la Lega tanto che si prevede che l'emendamento venga messo al voto in Senato proprio oggi, 8 luglio 2010. Per questo il Ministro ha giocato il tutto per tutto: «Se il mio governo e la mia maggioranza mi smentiscono, vado a casa. Sulle quote latte i compromessi ci sono già stati in passato, ora è tempo di rispettare le regole». Un rischio che Galan potrebbe correre davvero visto che risulta, infatti, che l'emendamento abbia il parere favorevole del ministro Giulio Tremonti, il deus ex machina della manovra, e che la Lega ne abbia fatto una delle condizioni irrinunciabili per il suo sostegno all'impianto complessivo della Finanziaria.
Dunque lo scontro tra il neoministro e l'apparato leghista - che considera tuttora l'Agricoltura come cosa propria - è definitivamente arrivato. E se da un lato Galan si dice fiducioso nell'appoggio del premier («Berlusconi conosce la mia posizione, ora vediamo se qualcuno mi chiama per risolvere questa vicenda»), dall'altro il ministro dell'Agricoltura con la questione quote latte ha riscosso il consenso praticamente unanime degli oppositori politici. «Finalmente un ministro serio - si sono congratulati Pier Ferdinando Casini e Antonio De Poli dell'Udc - che non ha paura di perdere la poltrona». Ernesto Carbone, coordinatore del Forum Agricoltura del Pd, lo compatisce: «Il governo è ostaggio dei Cobas e della Lega. Un ministro appena nominato, Galan, è stato abbandonato dalla sua stessa maggioranza. Ma l'Europa è stata inflessibile su questo punto: non esiste alcuno spazio per rinvii o sanatorie ». Per Piero Ruzzante, consigliere regionale del Pd: «Lo sfogo di Galan, anche se non dovesse portare ad atti estremi come le dimissioni, è rivelatore di un Veneto che rimane inascoltato. L'altra evidenza è che ormai il rapporto Lega-PdL si sta deteriorando a tutti i livelli di governo, locale e nazionale».
Comunque la minaccia di Galan rischia di creare un ulteriore fronte di crisi per l'esecutivo, dopo le dimissioni del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola e quelle, in tribunale, del neo-responsabile del Decentramento Aldo Brancher, mentre la maggioranza deve fare i conti con contestazioni interne sul ddl intercettazioni e si appresta a chiedere la fiducia sulla manovra economica.
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