Il silenzio può anche essere produttivo. Dopo l'approvazione da parte della Camera degli emendamenti proposti dall'on. Roberto Rosso (Pdl) al disegno legge n. 1991, che dovrebbe regolare il commercio interno del riso, la filiera attende le decisioni del Senato. Nel frattempo si continua a lavorare per far conoscere alla maggior parte degli interessati, consumatori compresi, quelle che saranno le vere conseguenze derivanti dalla sua definitiva approvazione.
Meritano di essere ricordate: offrendo la possibilità di chiamare 'Carnaroli” quello che Carnaroli non è, da un lato fa venire meno il principio di trasparenza per il consumatore, dall'altro di sicuro porta alla sparizione delle varietà storiche del riso italiano, proprio quelle che si identificano maggiormente con il territorio. Ovviamente l'esempio del Carnaroli deve essere esteso ad almeno 3 o 4 delle altre tipologie. Se si vuole commercializzare altre varietà, più moderne, anche migliori, chiamiamole con il loro nome e non utilizziamo un nome che non è il suo: il gemello di Mario si chiama Giovanni e non può chiamarsi Mario. Semplice da dire, difficile da far accettare all'industria risiera. Importante anche indicare l'origine del prodotto: tracciabilità e trasparenza sono termini ormai usati e abusati, che quando si devono mettere in pratica, allora non proprio tutti sono d'accordo.
L'industria risiera per sostenere la sua battaglia sicuramente farà leva sulla perdita di posti di lavoro! Bella storia, la Confartigianato scrive in un suo comunicato che le riserie artigiane sono numericamente maggiori (e non di poco) a quelle industriali. Tante piccole risiere, magari con due o tre dipendenti, sono veramente il motore della nostra economia agricola e sono quelle che hanno contribuito allo sviluppo del territorio. L'affermazione del sen. Lorenzo Piccioni (Pdl, nella foto) che «il Carnaroli non si tocca» può diventare il principio ispiratore per il manifesto dei risicoltori, non solo piemontesi, ma italiani. Ricordiamo che il riso si coltiva in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna.
è di questi giorni l'approvazione a Firenze del Manifesto dei Vignerons d'Europe in cui «chiedono alle autorità di non ostacolare il loro lavoro con regolamenti adatti all'industria ma non alle loro particolarità», con l'obiettivo di realizzare una viticoltura sostenibile, che non guardi solo alla qualità del prodotto finale ma anche a pratiche virtuose. Se sostituiamo alla parola vino, la parola riso, ecco che ci siamo! Se questo è stato sostenuto per il vino, perché non farlo per il riso?
Purtroppo tutte le autorità pubbliche più direttamente interessate (dal ministro Zaia, destinatario di un appello, agli assessori regionali e provinciali) non si sono ancora espresse in merito. Stessa posizione da parte della stampa nazionale, ad eccezione di due testate. Per contro il Consorzio di tutela sta ricevendo moltissime attestazioni di solidarietà. Tanto per citarne alcune, quella dell'Accademia italiana della cucina, di associazioni di cuochi, di semplici consumatori, oltre a quelle di alcune organizzazioni di categoria.
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