FIRENZE - «Il vignaiolo si prende cura in prima persona della vigna, della cantina, della vendita». Comincia così, con una sorta di auto-definizione, il Manifesto dei vignerons d'Europe 2009. I mille vignerons provenienti da 20 Paesi europei si sono trasferiti a Firenze, e nella solenne ambientazione del Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio hanno approvato, in occasione di 'Vignaioli&Vignerons”, evento promosso da Regione Toscana e Slow Food, la loro carta costituente.
Essi «chiedono alle autorità di non ostacolare il loro lavoro con regolamenti adatti all'industria ma non alle loro particolarità», con l'obiettivo di realizzare una viticoltura sostenibile, che non guardi solo alla qualità del prodotto finale ma anche a pratiche virtuose. Il vignaiolo, come agricoltore, «si assume la responsabilità di preservare e migliorare la fertilità del suolo e l'equilibrio degli ecosistemi, si impegna a rinunciare all'utilizzo di molecole e organismi artificiali e di sintesi con l'obiettivo di tutelare il vivente, e governa il limite in tutti i suoi impegni ricercando l'ottimo, mai il massimo». Un vignaiolo che si assume le responsabilità della propria attività nel rispetto dell'ambiente, ma anche della salute di chi beve il suo vino «e dei destini della propria comunità e della terra».
Roberto Burdese, presidente Slow Food Italia, con queste parole ha chiuso l'incontro: «Questo manifesto ha un importante significato perché, chi più chi meno, i vigneron già mettono in pratica le sue linee guida. I produttori che si sono riuniti in questi giorni stanno infatti creando un movimento che combatte l'omologazione e dà valore alle diversità, ma allo stesso tempo riesce a trovare punti in comune. Il manifesto oggi presentato deve essere letto come documento di una comunità di vigneron che considera ogni bottiglia di vino un prodotto culturale, fatto di storia, territorio, tradizione e identità. Il prodotto industriale non ha nulla di tutto ciò, ma soprattutto gli manca la trasparenza, il tratto distintivo di questi vignerons. Perché il vero vignaiolo dice quello che fa e fa quello che dice».
Fonte: Agi