E che nessuno dica che è come sparare sulla Croce Rossa. L'ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla ha dovuto incassare l'
annullamento di quello che riteneva il suo atto politico più importante (figuriamoci gli altri...), quel famoso Codice del turismo che, insieme alla
Fipe e alla
Fiepet, 'Italia a Tavola” aveva per prima duramente contestato. L'ex pupilla di Berlusconi è stata sbugiardata ufficialmente dalla Consulta a causa dell'ignoranza e della supponenza con cui aveva voluto imporre una riforma che piaceva solo alla
Federalberghi. La Corte costituzionale ha in sostanza riconosciuto che il turismo è materia esclusiva delle Regioni e non dello Stato, e pertanto ha bocciato ben 19 articoli per eccesso di delega del Governo.
E a sollevare la questione alla Consulta non a caso erano state quattro regioni (Puglia, Toscana, Umbria e Veneto) contestando nel merito l'azione di un Governo che sulla carta avrebbe dovuto essere il più 'federalista” della storia repubblicana.
La cancellazione di questo testo non risolve però una questione di fondo che potrebbe ripresentarsi sul futuro della ristorazione italiana. Francamente non ci interessa tanto che il Codice sia stato cancellato perché il Governo e il Parlamento avevano legiferato su materie non loro. Anzi, su un tema come quello del turismo, a costo di andare controcorrente, vorremmo vedere molte più impostazioni di sistema Paese e meno iniziative straprovinciali.
Fra i punti peggiori dell'abortita riforma della Brambilla c'era l'
apertura indiscriminata dell'attività di somministrazione di cibo al pubblico anche a chi non è in regola con le norme attuali. Una demenza che portava con sé rischi non lievi per la salute dei cittadini e che per fortuna è stata cancellata. Senza voler immaginare una difesa a priori dello status quo sarebbe ora utile per l'intero Paese che a nessuna Regione venisse in mente di introdurre nelle sue norme regionali una tale fesseria. Vorrebbe dire scardinare quel minimo di sistema che si può ancora cercare di costruire attorno alla filiera agroalimentare italiana. In tal senso rivolgiamo un invito alla Fipe perché, memore dello scampato pericolo, vigili per denunciare con forza eventuali nuovi tentativi di stravolgere le regole partendo magari dalla dimensione regionale.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.netArticoli correlati:
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