Dopo il maxi blitz del Fisco nei ristoranti e nei locali del centro di Milano, il mondo della movida milanese continua a rimanere sotto la lente dei controlli. Nei locali notturni, quelli di corso Como, di via Valtellina o dei Navigli, infatti, c'è passato di tutto, dalla cocaina alle ragazze di Vallettopoli, perfino gli interessi della mafia, o meglio, della ndrangheta.
E a guardarla così, è lecito domandarsi se gli sforzi, veri o presunti, della città per 'fare pulizia” siano valsi a qualcosa. Dall'ordinanza dell'ex sindaco Letizia Moratti del 2009 per limitare l'abuso di alcol tra i giovani (un'ordinanza che colpiva non soltanto gli esercenti compiacenti, ma gli stessi ragazzini colti a consumare alcolici o a passarli agli amici) ne è passata di acqua, o meglio, di alcol, sotto i ponti dei Navigli.
E, oltre al danno la beffa, l'alcol in questione si era rivelato spesso tarocco. A sollevare la questione era stato l'allora assessore alla Salute del Comune Gianpaolo Landi di Chiavenna che dopo avere fatto partire una campagna di sensibilizzazione con quattromila manifesti nei locali e nei negozi che aderiscono all'Unione del Commercio e in alcuni supermercati, aveva lanciato due provocazioni che avevano letteralmente fatto infuriare i rappresentanti sindacali dei baristi: agli happy hour, che cominciano alle 19 in media, si consumano troppi alcolici («meglio proporre degli analcolici» aveva proposto l'assessore) e nei locali di Milano (almeno 1 su 4) gli alcolici e vini sarebbero contraffatti.
Ma la strada della città verso la moralità non si è fermata. Nell'estate del 2011 l'amministrazione comunale appena eletta striglia i commercianti delle zone della movida: troppo rumore, alcol e troppa delinquenza, e promette multe salate a chi sgarra. Una regola giusta e sacrosanta che Milano si merita. L'importante è che si proceda, che oltre alle parole si continuino a fare i fatti. Comuni, associazioni di categoria e sindacati devono lavorare e collaborare insieme per dare ai milanesi (e non solo) una città 'pulita” e vivibile.
E ci si aspetta dalla politica un ruolo chiave. La politica, infatti, si è legata spesso con le vicende dei locali milanese. Come riporta il Corriere.it, nei più famosi locali notturni della nuova Milano da bere sono passate anche le campagne elettorali. Nel 2006 Letizia Moratti aveva scelto La Banque di via Porrone per la serata conclusiva della vittoriosa campagna alle comunali. Alle politiche del 2008 Silvio Berlusconi e il Pdl avevano puntato sul Lime light di via Castelbarco. La Moratti ci riprovò a maggio 2011 al Luminal di viale Monte Grappa.
Il legame tra politica e movida è stato a lungo una costante, nel bene o nel male, e tra inchieste, vallette e arresti, qualcuno parafrasa: «le discoteche votano e fanno votare». Nel luglio 2010 i poliziotti violano il tempio della movida milanese, l'Hollywood di corso Como e il The Club di largo La Foppa, e i locali finiscono sotto sequestro. L'accusa e le immagini fanno in giro del mondo: spaccio di coca ma soprattutto uscite antincendio irregolari. L'inchiesta è il secondo filone dello scandalo Vallettopoli del 2006, in 5 finiscono ai domiciliari. Tra loro c' è anche Rudy Citterio, a lungo presidente del Silb, il sindacato dei locali da ballo, che tutt'ora è una delle persone più influenti nell'Unione dle commercio di Milano. Il sospetto è di tangenti a funzionari comunali. Il giudizio è sospeso, ma le carte e le intercettazioni svelano un mondo fangoso con nomi che passano d' inchiesta in inchiesta, dal riciclaggio alle indagini antimafia.
Nel 2006 altri tre locali (Madison, Cafè Solaire, Le Monde) riconducibili a Vincenzo Falzetta finiscono nel mirino. Il sospetto è che siano stati acquistati con i soldi dello spaccio di cocaina del clan 'ndranghetistico di Coco Trovato. Le accuse di mafia in parte cadono. Ma la pista è giusta. Intorno ai locali ruotano interessi milionari, e si uccide pur di controllare il grande giro della security dei locali.
A svelare i retroscena l'inchiesta Redux-Caposaldo del 2011: il business è nelle mani degli uomini di Pepè Flachi, boss legato della guerra di mafia alla Comasina. Con lui Paolo Martino che da killer della 'ndrangheta si inventa un futuro da manager. Intercettato con il figlio parla dell'idea di rilevare il De Sade di via Valtellina, chiuso dopo l'assassinio di Massimo Blancato, regolamento di conti per il traffico di coca. Martino dice di «averne parlato con Vito (Vito Cardinale, uno dei titolari dell' Hollywood, ndr)», che il locale diventerà come il Club space di Ibiza.
La scorsa estate porta un nuovo scandalo. Viene arrestato anche Silvano Scalmana che gestisce il Karma al parco delle Rose. Si parla di un riciclaggio da 30 milioni nella gestione di Luminal e Café Solaire . Due settimane dopo arriva il secondo blitz, c' è di mezzo Guglielmo Fidanzati. è figlio del boss palermitano Gaetano. è accusato di aver riciclato i soldi di famiglia in una colossale rete di false società per gestire discoteche e locali. I titolari (veri) si sarebbero messi a sua disposizione per nascondere il tesoro del clan. Il processo è aperto.
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