Tutti ci considerano ambasciatori della Cucina italiana nel mondo, ma quando c'è da prendere qualche decisione in merito alla Cucina italiana e al suo ruolo nel mondo nessuno, dico nessuno, ci interpella. Che bella fregatura e presa per il culo! Chiamiamo le cose con il loro nome, non nascondiamoci dietro al falso rispetto che dobbiamo alle Istituzioni, perché quelle stesse istituzioni non hanno alcun rispetto nei nostri confronti. Basta con questa storia, è ora che la categoria si dia una svegliata.
Da circa un anno alcuni Ministeri italiani e qualche associazione hanno messo in atto una serie di targhe, una sorta di gara a chi ne fa di più, regalando di fatto medaglie e onori senza senso e senza un motivo ben preciso. A parte il Marchio di qualità gestito dalle Camere di commercio italiane che mi sembra al momento il riconoscimento più responsabile, il resto è solo carta straccia. Non so perché è diventata una moda adesso regalare targhe ai cuochi o ai ristoratori italiani nel mondo... Aria di elezioni, può darsi. Le mancanze di questo Governo non verranno certamente sopperite con una targa, cari Brambilla, Razzi & Co. La ristorazione italiana non può essere gestita in questo modo. Un Codice del turismo nato da un parto cesareo per dimostrare che la Brambillona ha fatto tanto per il turismo ristorativo... Ma quando mai! Un ministero delle Politiche agricole che si perde a rispondere alle domande dei giornalisti, domande di qualsiasi genere, anche sul Papa, ma non risponde alle problematiche che gli vengono poste. Per lui è importante apparire prima di essere. Mi dovrà spiegare cosa ha fatto in questi mesi al Ministero, oltre ad elargire fondi per comprarsi di fatto i voti di qualche zona del Paese, guarda caso nella sua stessa zona di appartenenza, dimenticando le altre zone...
La ristorazione italiana, come del resto i cuochi, ha bisogno di ben altro che di targhe e medaglie, c'è bisogno di un codice deontologico, di un contratto ad hoc, di una formazione scolastica diversa e più completa, non possiamo accettare che un ragazzo che ottiene il diploma di alberghiero abbia gli stessi diritti salariali di un collega che lavora da vent'anni, non lo trovo elegante, ma sopratutto poco professionale se pensiamo che quel ragazzo a parte avere delle conoscenze teoriche non ha esperienza di campo. Quante associazioni e gruppi di cuochi sono presenti in Italia come all'estero? Provate a fare una ricerca e vi renderete conto che sono tante. E queste tante associazioni o gruppi che siano che scopo hanno, cosa producono, a chi giovano e cosa rappresentano nel concreto? Io credo nulla, tranne le poche iniziative lodevoli di alcune associazioni e gruppi che tentano con sforzi di preservare e valorizzare la Cucina italiana nel mondo, ma non sono di fatto né tutelate né tantomeno aiutate da chi di dovere. Allora mi domando: perché questa divisione, cosa porta questa diversificazione? Io credo che i tempi siano maturi per unirci sotto una sola bandiera e fare squadra.
I cuochi, come la ristorazione in generale, hanno bisogno ora più che mai di unione. La categoria, pur essendo così diversa per via delle varie anime al suo interno, è pur sempre una categoria di artisti e io credo che dobbiamo batterci affinché siamo riconosciuti come professionisti, con un Albo, e perché no anche con delle tariffe nazionali e internazionali, con un contratto nostro, partita iva, ecc. Quanto al discorso della squadra, io ritengo che è di vitale importanza oggi unirci con ristoratori, albergatori e consorzi di tutela affinché si crei un grande gruppo di lavoro per la promozione, valorizzazione e sopratutto formazione del personale futuro, in collaborazione con le scuole alberghiere italiane e non solo.
Un altro aspetto, che io ritengo importante e in cui noi cuochi possiamo giocare un ruolo di primo piano, è la rivalutazione dei terreni demaniali agricoli abbandonati. Possiamo e dobbiamo spingere il Governo a liberare questi terreni e consegnarli di fatto a giovani italiani e alle scuole agrarie, affinché possano gestirli per lavoro e per attività didattiche. Oltre a ciò, sono una grande fonte di ricchezza nazionale: non dimentichiamoci che noi italiani siamo un popolo contadino e tale dobbiamo rimanere, per il rispetto verso i nostri predecessori e per non farci affondare dai colossi cinesi... La famosa 'Campania felix” di fatto non esiste più. Pensiamo ai famosi pomodori pelati san Marzano: adiamo nell'agro nocerino sarnese e chiediamo ai locali quanti quintali se ne producono in una stagione, facciamo delle verifiche su tutte le aziende conserviere della zona e ci renderemo conto che di pomodori pelati locali c'è solo una minima parte, il resto è importato da altre zone dell'Italia, se non dalla Cina... Stesso discorso per la mozzarella. Non parliamo poi del Prosciutto di Parma e di altri prodotti di eccellenza italiani.
è ovvio che la richiesta è tanta e che la produzione nazionale è scarsa rispetto alla domanda. Allora che si fa, ci si rivolge altrove? Basta un marchio e il Prosciutto di Parma diventa 'nostrano”, la mozzarella con latte in polvere diventa 'Bufala Dop”, ecc... E noi poveri illusi ambasciatori della Cucina italiana ci facciamo il mazzo per vendere il prodotto italiano, che in realtà ha solo visto il suolo italiano, poi quando ci sono gli scandali come la mozzarella blu o altro esce un timido comunicato del ministero delle Politiche agricole che dice 'è tutto sotto controllo”. Ah ah ah! E allora come mai abbiamo la mozzarella blu, i pomodori pelati cinesi, ecc.? Siamo in un'orgia di eco-balle, in tutti i sensi. è ora che la categoria dei cuochi si dia una svegliata, altrimenti rischiamo di fare la figura dei fessi, e forse domani parleremo cinese!
Caro Romano, cara Brambilla, qui o si fa l'Italia seria o si muore!
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