Ci mancava solo il rinnovo del contratto di lavoro per creare nuova agitazione nel mondo della Ristorazione italiana. Un atto dovuto, e per molti versi atteso, che con le sue comprensibili ricadute economiche ha generato non poche preoccupazioni fra operatori da mesi alle prese con un sensibile calo delle presenze e con costi fissi nella gran parte dei casi incomprimibili. E questo non a caso, visto che in un settore che non gode di ammortizzatori sociali, a partire dalla cassa integrazione, anche un piccolo aumento del costo del lavoro ha un effetto domino quasi spaventoso. L'aumento medio generato è di circa il 10% e potrebbe raggiungere un 15% là dove si facciano anche accordi di secondo livello.
Una novità che non è certo piaciuta ai ristoratori - almeno a giudicare dalle numerose telefonate e mail ricevute in questi giorni - che lamentano proprio l'aggravio di costi, mentre già si fa fatica a mantenere i livelli occupazionali e molti locali, anche i più blasonati, chiudono o ritardano i pagamenti dei fornitori.
Ma a indispettire non poco la categoria è il fatto che nel contratto del Turismo, che per sua natura comprende tutte le segmentazioni (troppe) dei fuori casa e mette insieme autogrill, hotel e trattorie, ci sono alcune differenze che non piacciono per l'evidente discriminazione che viene fatta. è il caso ad esempio del riconoscimento di uno stato di crisi per la sola 'ristorazione collettiva”, per la quale l'applicazione del contratto (con i relativi oneri) slitta a luglio. Ma perché, ci chiediamo, forse che le pizzerie o gli stellati non sono anch'essi in crisi per il calo generalizzato dei clienti?
Come sempre in presenza di contratti collettivi di settori molti ampi si deve tenere conto di compatibilità generali, ma ai ristoratori (che poi costituiscono la componente più importante della Fipe, uno dei sindacati che ha firmato il contratto) stavolta sembra di avere fatto da comparse. Basterebbe pensare a norme che riguardano direttamente solo le aziende più grandi del settore (da Autogrill a quelle della ristorazione collettiva). è il caso dei livelli del personale in cucina dove si precisano ad esempio le mansioni fino al 6° livello, ma che non tengono conto di una verità che pure la stessa Fipe certifica: la media dei pubblici esercizi in Italia è di 3,5 dipendenti, contro i 7 di Francia e Germania. E allora perché mettere in difficoltà la maggior parte di essi con un contratto che non è adatto a queste realtà?
Il tutto senza fra l'altro dimenticare che non è solo a livello di contratto di lavoro che i ristoratori si sentono un po' 'schiacciati” nel settore. A livello di rappresentatività più generale avvertono lo stesso problema nei confronti dei bar e dei locali notturni, che di fatto negli ultimi tempi hanno condizionato molte iniziative della Fipe che resta pur sempre l'unico sindacato di riferimento vero. Come dire che, complice anche la crisi, la Ristorazione più che mai ha bisogno di trovare nuovi modelli per contare di più e tutelare meglio gli interessi della categoria. Al comparto serve di fatto più visibilità. Anche per il rapporto con le istituzioni e la politica, queste piccole imprese non possono essere sempre a rimorchio degli alberghi o dei bar. Stiamo parlando di circa 100mila aziende familiari che costituiscono fra l'altro il cuore dell'ospitalità, del turismo e della prima linea per la qualità dei prodotti agroalimentari.
è giunto il tempo che si cominci a ragionare su un diverso modo di rappresentanza che distingua fra ristoratori-patron e i bar, ad esempio. E questa scelta deve partire dalla Fipe. L'occasione più interessante potrebbe essere l'incontro degli Stati generali della ristorazione che fra lunedì e martedì prossimi (15-16 marzo) si svolgerà a Bergamo in occasione della selezione del Bocuse d'or. La presenza di sigle e personaggi autorevoli potrebbe permettere un confronto serio su questo tema e ci auguriamo che la Fipe, dopo gli ultimi segnali interessanti di attenzione alle esigenze del settore attraverso un rafforzamento delle strutture di servizio, voglia mettere nella sua agenda proprio una scelta di campo netta per tutelare meglio la Ristorazione. Gli strumenti forse ci potrebbero anche essere: basterebbe riempire di contenuti quel Comitato nazionale della ristorazione che di fatto è stato fino ad oggi una scatola vuota. Se ci dovranno essere novità l'occasione sarà proprio questa. Un rafforzamento in sede Confcommercio del tandem Stoppani-Zini non sarebbe una brutta cosa. Per quanto ci riguarda ci contiamo...
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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