Niente da dire sulla validità dell'iniziativa che a Bergamo porterà, il 15-16 marzo, i più bei nomi della ristorazione italiana, una parte in gara per qualificarsi nella selezione italiana del concorso 'Bocuse d'or” di Lione, una parte a comporre la giuria. Sarà un summit importante per la ristorazione italiana di qualità, che potrà anche aggiornarsi sulle novità del settore nei padiglioni di Fiera Bergamo, visitando gli stand di Cooking Expo.
Dispiace solo che l'iniziativa sia franco-dipendente, legata cioè a una manifestazione francese che a Lione cercano di sostenere a oltranza e dove la cucina italiana non si è mai affermata, non certo perché i nostri chef siano meno capaci di quelli francesi o norvegesi (che hanno vinto tre edizioni), ma perché sono contrapposte due scuole di pensiero, due modi diversi di fare qualità in cucina.
La gastronomia italiana sta piacendo sempre più nel mondo, visto che ogni grande albergo internazionale ha all'interno un ristorante italiano. Anni fa c'era solo quello francese. Stesso discorso per i nostri vini, che nel mondo contrastano sempre più la dittatura francese. Ben venga, quindi, questo tentativo di portare un cuoco italiano vincitore a Lione, ma non ci si nasconda che tutta l'operazione serve ai nostri cugini d'Oltralpe, che ci battono dieci a uno per organizzazione, unità d'intenti, capacità di affermare i loro prodotti e il loro modo di intendere l'alta cucina.
Spiace ammetterlo ma è così, perciò auspichiamo - e 'Italia a Tavola” lo fa da anni - che l'italico genio possa trovare quella unità di intenti necessaria per sfondare sui mercati internazionali. Il nostro Paese ha tutto per dettar legge nel settore agroalimentare, enogastronomico e turistico. Se non primeggiamo è solo colpa nostra, che siamo disorganizzati e autolesionisti.
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