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Altro che panini. L’enogastronomia si promuove con verità e spirito di squadra

di Alberto Lupini
direttore
 
02 marzo 2010 | 15:18

Altro che panini. L’enogastronomia si promuove con verità e spirito di squadra

di Alberto Lupini
direttore
02 marzo 2010 | 15:18
 

La soluzione proposta a 'Gusto in scena” sembra banale quanto semplice: lanciare un'alleanza vera fra cuochi, produttori di vino e di alimenti per promuovere la Cucina italiana e il Made in Italy a tavola. Questa ricetta, rilanciata a Venezia da Marcello Coronini, si lega strettamente alla proposta avanzata su 'Italia a Tavola” da Emanuele Esposito perché le mille sigle che dovrebbero rappresentare e tutelare la nostra enogastronomia nel mondo cedano il posto a una sorta di Sopexa in versione italiana. Un sogno e un progetto di cui si è parlato tante volte ma che nessuno ha mai pensato seriamente di realizzare e che da anni la nostra testata sollecita.

La crisi che riduce la possibilità di investire e le sempre più agguerrite concorrenze internazionali impongono però all'Italia di darsi una mossa. Proseguire così è assurdo e negativo per tutti. Non c'è sindacato, per importante che sia, capace di rappresentare realmente la complessità della Ristorazione italiana. E al tempo stesso tutta la filiera produttiva è divisa fra associazioni spesso conflittuali e basate su divisioni di attività che oggi non hanno più ragioni d'essere. Per non parlare di enti e istituzioni, che drenano risorse importanti, ma che nei fatti non concludono nulla a livello di promozione estera.

E su tutto, va ricordato con amarezza, regna sovrana una politica che definire disattenta è un eufemismo. Il pur notevole presenzialismo del ministro delle Politiche agricole ne è un esempio. Le polemiche che hanno investito la sua decisione di diventare uomo-sandwich per promuovere i panini 'italiani” di McDonald's non sono pregiudizi, come lui lamenta. Non viene contestata solo la pur negativa scelta di fare da testimonial a un simbolo della globalizzazione a tavola, o a un tipo di proposta alimentare nella 'black list” sanitaria. A creare sconcerto è che questa iniziativa avviene in completa assenza di altre capaci di dare valore assoluto all'immagine dei nostri prodotti. Sia in Italia che all'estero.

Certo ci sono novità sul fronte di BuonItalia, che investe ad esempio sulla classe Magnifica di Alitalia. Ma questa è solo una goccia rispetto al fiume di iniziative di cui c'è bisogno. Molti ristoratori italiani in giro per il mondo lamentano con forza che non riescono ad approvvigionarsi di prodotti italiani di qualità. Ciò avviene per mancanza di reti distributivi adeguate o per il disinteresse delle nostre istituzioni, che non hanno preso accordi per scambi commerciali o intese fiscali capaci di favorire l'importazione di bottiglie di Trentodoc, invece che di formaggi campani. E questo mentre in quelle stesse località è invece possibile acquistare regolarmente Champagne o Camembert a prezzi assolutamente convenienti. La causa è una sola: l'ignavia delle istituzioni italiane, e non perché i francesi siano geneticamente più bravi di noi. A Parigi si riesce da sempre a fare più squadra di noi, in tutto. E il merito è dei politici ma anche delle imprese. Di fronte ai capricci della despota di Vogue gli stilisti francesi non hanno ad esempio fatto una piega, i nostri hanno cambiato in fretta e furia i calendari delle loro sfilate.

Se torniamo all'Italia il quadro è sconfortante. Pensiamo al ministero della Salute, che fa terrorismo ideologico con un'ordinanza-burla sugli additivi vietati (ma non è vero) al ristorante, e permessi invece al bar, in discoteca, in gelateria, in pasticceria o nell'industria. O a quello delle Politiche agricole che, come detto, promuove McDonald's ma non usa un centesimo per avvertire gli italiani che l'alimentazione corretta vuole dire salute, qualità di vita e sviluppo economico. Promuovere la bufala del km zero (che non ha alcuna garanzia verso i consumatori e non offre nemmeno vantaggi di spesa...) e non dire una parola sulle truffe che continuano ad essere consumate fra gli scaffali non va bene. Il Governo non può permettere che, causa la crisi economica, non si salvaguardino salute e qualità. Non si può vendere un nero d'Avola a 0,99 centesimi da Carrefour. Solo il vetro della bottiglia, l'etichetta e la confezione costano di più. E lo stesso vale per bottiglie di olio extravergine vendute a meno di 6-7 euro. Sotto questi prezzi siamo in presenza di sostanze rettificate che solo un'etichetta fatta da imbecilli può qualificare come extravergine italiano... La credibilità delle istituzioni si basa anche su questo. L'ormai ex Ministro e prossimo Governatore del Veneto ha perso l'occasione di lanciare messaggi forti a tutela dei produttori seri e dei consumatori. Speriamo che il prossimo raccolga questo messaggio e vari la Sopexa italiana.

Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net


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