Uno dei più importanti cuochi italiani che lavorano all'estero, il 36enne Emanuele Esposito (nella foto), executive chef del ristorante Il Villaggio a Jeddah (Arabia Saudita) e promotore, insieme a Vincenzo Raschella, dell'evento 'Mediterraneans - A journey through the italian food history”, incontro dedicato alle produzioni agroalimentari e alla cucina tricolore di qualità, prende posizione ed apre un dibattito sul tema della promozione del Made in Italy all'estero e sulla valorizzazione della Cucina italiana nel mondo. Di seguito pubblichiamo la sua lettera aperta, invitando gli operatori e i lettori a partecipare al dibattito esprimendo il proprio parere.
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Avete mai contato quante associazioni e gruppi esistono nel mondo della gastronomia in Italia? Solo quelle ufficiali, cioè con un riconoscimento governativo e/o regionale, sono ben 1.479, tutte in difesa della Cucina italiana. Se poi aggiungiamo altre associazioni che operano nel mondo, Consorzi, Regioni e Ministeri, abbiamo un esercito di difensori della grande Cucina italiana. Ma se guardiamo i numeri spesi per la promozione del 'Made in Italy” ci accorgiamo che il bilancio è negativo in termini di esportazioni, cioè spendiamo un euro per ricevere lo 0,10% del profitto, e se aggiungiamo costi di trasporto e altro le aziende italiane ci rimettono. I dati Istat parlano chiaro, nel 2009 abbiamo perso 105 milioni di euro, -25% rispetto all'anno precedente. C'è stata la crisi ma ciò non giustifica la spesa per la promozione. Tuttavia c'è stata un leggera ripresa nei primi mesi del 2010.
«L'auspicio - sottolinea Confagricoltura - è che il 2010 possa essere l'anno di ripresa dell'export agroalimentare, anche se preoccupano la ulteriori agevolazioni negli scambi tra l'Unione europea e importanti Paesi mediterranei (con concessioni significative a Israele, Egitto, Marocco). Le possibilità per il rilancio del Made in Italy agricolo-alimentare ci sono, ma occorrono investimenti e agevolazioni che possano migliorarne la competitività sui mercati».
Adesso io mi domando, stupidamente: ma ne vale la pena? Non è meglio creare un unico soggetto di promozione con il controllo dei vari Ministeri competenti? Ci fu un tentativo di una Commissione parlamentare per la tutela dei ristoranti italiani, quando al ministero delle Politiche agricole c'era Alemanno, poi timidamente seguito da Paolo De Castro, poi più niente. Il tentativo di una legge in merito promossa dalla senatrice Rebuzzi è andata a depositarsi in qualche scaffale dell'archivio del Parlamento italiano.
Io sono convinto di una sola cosa, e su questo non ho paura di affrontare l'esercito dei contrari: se riuscissimo a mettere insieme le forze porteremmo a casa grandi risultati, il problema è che noi italiani in questo non siamo mai stati capaci, siamo immaturi e ognuno pensa solo al suo mulino. Non è così che si ottengono i risultati, facciamo solo del male alla nostra cucina, al contrario dei francesi, popolo unito. Noi siamo uniti solo quando c'è la Nazionale di calcio, ma forse nemmeno in quella occasione, perché diventiamo tutti commissari tecnici. Forse per questo l'Italia si ritrova con simili problematiche, siamo sempre pronti a criticare tutto e tutti. Vorrei invece vedervi all'opera.
La mia non vuole essere affatto un polemica contro le associazioni, i gruppi e tutti coloro che lavorano per promuovere l'Italia all'estero, ci mancherebbe. è invece una sorta di appello affinché noi tutti prendiamo coscienza delle problematiche e portiamo avanti una linea comune. Mi rendo conto che è difficile mettere insieme un esercito di promotori del Made in Italy sotto una sola bandiera, ma non è impossibile, basta crederci. In fondo tutti lavoriamo per lo stesso scopo, quindi perché non farlo insieme?
Con sincerità e rispetto verso il prossimo sono qui che attenderò le vostre bombe, siate sieri e creiamo le situazioni per mettere insieme tutte le idee (mi rivolgo anche a tutti giornalisti).
Emanuele Esposito
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