Di risposte di buon senso alla provocazione del ministro Zaia che un pessimo panino all'americana, sia pure fatto con prodotti italiani, è la via migliore per educare i giovani a un'alimentazione sana e attenta al Made in Italy, ce ne sono state finora tante. Fra le molte ci piace rilanciare quella del dietologo Giorgio Calabrese che, in occasione della premiazione quale personaggio dell'anno dell'enogastronomia, ha sottolineato con forza il tema dell'educazione alimentare fin dai primi anni di scuola. Giusta la strada che il ministero della Pubblica istruzione ha imboccato con decisione saltando a piè pari le scorciatoie di puntare sul richiamo pubblicitario di un fast food o di qualche bibita scura con le bollicine.
Parlando dell'importanza di riuscire a riconoscere i prodotti di qualità (nel caso specifico il pesce italiano), Calabrese ha in particolare detto che «la cosa più facile è partire dai bambini: insegnare loro dove nasce il pesce. Portarli dove lo si alleva per fargli capire che il pesce non è quello dei bastoncini impanati. Ho seguito personalmente un progetto nelle scuole del Lazio e della Lombardia che mirava proprio a questo». Come dire che se davvero il ministero delle Politiche agricole vuole far conoscere al meglio l'Asiago invece che la bresaola, la cipolla di Tropea, la pancetta della val Venosta o i carciofi romani, la cosa più utile per tutti sarebbe incentivare le visite ad aziende di produzione da parte delle scuole. Più studenti vanno in caseifici, salumifici o agriturismi, più cresce la cultura alimentare e meno si rischia di cadere nelle trappole tipo McDonald's. Senza considerare che un programma generalizzato che colleghi la scuola alle realtà agricole garantirebbe da solo vendite di prodotti in tutta Italia enormemente superiori ai ricavi garantiti dalla multinazionale a stelle e strisce per pochi mesi...
E questo, insieme a corsi di educazione sensoriale, è giusto ciò che un pezzo del Governo sta facendo, in netta antitesi con le sponsorizzazioni di Zaia che, per fortuna, non si fermano solo a McDonald's, visto che, su un versante opposto, ha messo il sigillo anche sull'operazione di riqualificazione dell'offerta di ristorazione di Alitalia (per ora solo su alcune rotte della classe Magnifica). Il tutto grazie alla collaborazione di Buonitalia, dei consorzi dei prodotti Dop e Igp e di alcuni ristoranti di livello che ne hanno curato la non facile gestione.
Resta in ogni caso il tema di fondo dell'assenza di una strategia che faccia sistema e non si basi su interventi settoriali o scollegati fra loro. Serve al contrario una politica che punti decisamente a valorizzare la qualità dell'agroalimentare (che non è necessariamente garantita nemmeno da iniziative come il 'km zero” se non ci sono certificazioni e corretti rapporti di qualità/prezzo), facendo della ristorazione il punto terminale e il garante della filiera. In caso contrario passano sempre più parole d'ordine come il panino McItaly, una pizza surgelata che sia chiama Ristorante o l'idea che a tavola per stare insieme serva per forza la Coca-cola. E intanto si continua a fare del 'terrorismo” con le scomuniche - che non diventano nero su bianco - degli additivi, o si vogliono imporre gli etilometri solo nei ristoranti, già alle prese con un calo generalizzato dei consumi di vino per le assurde crociate contro l'alcol.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
Articoli correlati:
Calabrese Personaggio dell'anno: «Una sorpresa inaspettata»
Spugnoso, pallido e asciutto Prova su strada del McItaly
Carne avariata contro McItaly è guerra tra Forza Nuova e Zaia
Dopo il panino McItaly di Zaia Alitalia punta sulla qualità
La cucina di Nicola Portinari in quota Menu tipico veneto sui voli Alitalia
Additivi? In attesa della Martini, uno per uno, ecco le valutazioni
Etilometro obbligatorio al ristorante I senatori si piegano alla demagogia
Alcoltest d'obbligo al ristorante? Iniziativa dannosa per il settore
Alcol = incidenti? Strumentalizzazioni da demolire