L'ennesima svista (cosa che accomuna un po' tutte le guide...) o un'ulteriore cattiveria gratuita? Vista la vitalità del Divino è certamente irrilevante che gli attribuiscano 90 anni invece che 80. Ma il dubbio che si tratti di una piccola carognata ci sta tutto. Basti considerare che a Gualtiero Marchesi, proprio in virtù della veneranda età, si tirano le orecchie perché impegnato in mille attività e quindi - dicono - non potrebbe concentrarsi totalmente sulla quotidianità del lavoro all'Albereta. E come se non bastasse (avercene in Italia di nonni così vitali e freschi...), seguendo una scrupolosissima logica da ragioniere, negli uffici del gruppo editoriale che non piace proprio al Cavaliere, a Marchesi tolgono ancora una volta mezzo punto. Così che in 5 anni è sceso da 3 cappelli (con 18 punti) a 1 cappello con 15,5 punti. E chissà perché, ci chiediamo, resta il cuoco italiano più famoso al mondo, alla faccia dei curatori delle guide...
Francamente, però, del giudizio della guida de L'espresso sul Maestro della Cucina italiana non può importare a nessuno. A partire da Gualtiero, che con un gesto inconsueto in Italia aveva sfidato proprio il mondo delle guide rinunciando alle stelle Michelin. Il trattamento riservatogli (ma il discorso vale anche per le altre guide) è però significativo di come i guidaioli continuino imperterriti per la loro strada fatta di autoreferenzialità e sicumera, incuranti della caduta di credibilità a cui le picconate di 'Striscia la notizia” avevano dato solo una spallata (forte) in più. Non conta essere comunque un 'grande”, non conta avere rivoluzionato la Cucina italiana ed essere ancora oggi in prima linea con proposte intelligenti.
Del resto spostandoci dalla Lombardia in Campania è forse sorprendete scoprire che fra i primi 20 ristoranti d'Italia (secondo la media che risulta incrociando i giudizi di Touring, Gambero rosso e L'espresso) non figuri uno dei locali in assoluto più belli d'Europa e dove la cucina mediterranea trova un tempio di qualità senza pari: quel Don Alfonso 1890 che ha visto la famiglia Jaccarino schierarsi in televisione l'anno scorso proprio contro il sistema delle guide. Tornando al nord è emblematico invece il fatto che uno dei 5 tre stelle italiani consolidati ormai da alcuni anni, Il Sorriso di Angelo e Luisa Valazza, non figuri che a metà classifica delle tre guide italiane. Incapacità di giudizio della rossa o pressapochismo/pregiudizio degli altri ? E che dire, passando a guide meno blasonate ma politicamente impegnate, della disinvoltura con cui vengono attribuite o tolte le Corone radiose di Golosaria?
Ora non vogliamo cavalcare una nuova ondata di polemiche e proteste contro i 'maître à penser” che decidono dell'immagine di un locale, che è poi una piccola azienda, con una sola ispezione (quando la fanno ... visto che per il Gambero rosso basta anche esserci stati una volta e poi non controllare se il locale, come è successo a Botticino, nel Bresciano, è chiuso da due anni...). Ci spiace constatare che ancora una volta si sono perse delle occasioni per fare delle guide capaci di interpretare in modo corretto (ed ampio) la realtà del settore ed essere uno strumento utile per la promozione e lo sviluppo della ristorazione italiana, del turismo e del Made in Italy a tavola. Senza valorizzare magari le scimmiottature di altre esperienze (dalla cucina asiatica al molecolarismo catalano), come ha denunciato in questi giorni Aimo Moroni lanciando il suo appello per una rivalutazione della "nostra" cucina mediterranea all'assemblea dell'Associazione professionale cuochi.
Così purtroppo non è, indipendentemente dai liberi giudizi espressi da ciascuno. Continua a permanere quel vizio provinciale per cui le guide giocano con i centesimi per costruire le loro classifiche virtuali. Quasi che per fuoriclasse del calibro di Massimiliano Alajmo o Nadia Santini sia davvero possibile parcellizzare in decimi di punto pretese differenze di valore. Infastidisce in particolare la volontà di lavorare col bilancino invece di contribuire a rafforzare una squadra che forma la punta della piramide della ristorazione italiana. E così facendo si apre ancora una volta la strada alla Michelin (che per altre logiche, magari legate all'influenza francese) tiene il coperchio ben chiuso e in Italia assegna le 3 stelle (senza punti, per carità) a pochissimi locali. E perché dovrebbe fare diversamente (restando la guida più autorevole) se i primi a giustificare nei fatti le sue scelte sono proprio i guidaioli italiani? E in questo vuoto culturale e di progetto si avverte ancora di più l'assenza della guida di Veronelli che, pur contestabile a partire da giudizi affidati alle dichiarazioni per fax dei ristoratori o al pregiudizio su un fuoriclasse come Gianfranco Vissani, aveva almeno il pregio di portare nel plotone di testa una ventina di ristoranti, senza alcun primus inter pares... Un vuoto in parte oggi riempito dalla guida del Sole 24 Ore che, onore al merito, non dà punteggi ma consigli.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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