Matteo Scibilia (nella foto), patron del Buona Condotta di Ornago (Mb), consigliere del ministero dei Beni culturali e presidente del Consorzio Cuochi di Lombardia, scrive al presidente della Fipe, Lino Stoppani, in merito al crescere delle sagre nel nostro Paese e alle tante problematiche del mondo della ristorazione.
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Caro presidente Lino Stoppani,
Prendo spunto da una mail che mi è arrivata da un ristoratore di Roma che, leggendo i problemi sollevati sulla questione delle sagre e dei bar, letteralmente osserva: «Bravi voi milanesi, siete sempre all'avanguardia, per fortuna qualche ristoratore si sta muovendo. Peccato che a Roma non ci sia un consorzio di ristoratori».
Se aggiungiamo che richieste e osservazioni su questo tenore ci sono arrivate dal Veneto e dalla Sicilia, capisce le motivazioni di questa nuova lettera aperta. In tanti lamentano che Milano non propone niente di nuovo: forse siamo a una svolta.
A Brescia un'associazione territoriale, la Arthob, forte di 250 pubblici esercizi e guidata dal segretario/ristoratore Ruggero Bonometti, ha preso d'assalto l'amministrazione comunale costringendola a un esame sulla questione delle sagre. Naturalmente è inutile ripercorrere le motivazioni visto che anche Sommariva ha ripreso il problema per altre province italiane. Ho partecipato a un loro incontro e insieme abbiamo 'strappato” all'amministrazione la promessa che in futuro i ristoratori avranno qualche contropartita. Il presidente Fipe di Brescia, il pari grado della Confesercenti e dell'Ascom cittadino, oltre agli assessori competenti, si sono impegnati a verificare la realizzazione delle promesse.
Ciò non toglie che il problema sia serio su tutto il territorio nazionale.
Pochi giorni di pausa sull'argomento sagre ed ecco che proprio a Milano, nel centro che più centro non si può, scoppia una altra 'bagarre” con un'ironia tutta del personaggio, che ben conosciamo, ma con una motivazione da vendere. Ecco che il ristorante Papà Francesco accusa il bar vicino, proprio dinanzi a Palazzo Marino, di concorrenza sleale. Le accuse della famiglia Bonomo al collega di vicinato sono di servire cibi precotti alla stregua di un ristorante vero ma senza averne le stesse condizioni, ovvero cucine e quant'altro la legge prevede per i ristoratori. Non solo.
La famiglia Bonomo rincara la dose: «la nostra storia culturale del cibo viene compromessa senza che i clienti possano avere possibilità di scelta, se non quella del prezzo: non ci stiamo» gridano ad alta voce. E purtroppo il bar opera nel rispetto delle norme vigenti. Giornali, televisioni e curiosi affollano il ristorante per capire qualcosa di più e onestamente credo che qualche cliente in più lo stiano servendo, forza della pubblicità.
Ma anche qui i Bonomo hanno solo sollevato di poco il problema: non credo che i tanti turisti stranieri che affollano in questo periodo il Belpaese, tornino a casa coscienti delle nostre reali capacità gastronomiche, che anche in questo caso, e forse con più forza del problema delle sagre che si ripresenterà dalla prossima primavera, rischia di essere un problema veramente nazionale.
E allora, presidente Stoppani cosa si può fare? La crisi economica di certo amplifica le difficoltà, ed ecco, forse, scoppiare una guerra tra poveri. Ieri leggevo della guerra persa nei confronti del vino: Coca Cola +43%. Quando il nostro mondo del vino se ne renderà conto sarà troppo tardi. Ma noi ristoratori qual'è la rivendicazione che possiamo fare alle istituzioni, ai nostri sindacati?
Prima che anche noi perdiamo la guerra. Da un lato il nuovo ministro del Turismo promuove l'enogastronomia con un comitato ad hoc, dall'altro normative, leggi, concorrenza sleale, agriturismi fasulli, pressione fiscale: niente che aiuti realmente il settore, se no, con qualche leggero intervento, per il comparto alberghiero. Ma il famoso Made in Italy è per caso riferito solo ai mattoni con cui si costruiscono gli alberghi? Sarà per questo che sempre più imprese edili investono in strutture alberghiere?
Poi tutti sperano nell'Expo, dimenticando che per quanto riguarda il cibo e il vino dovrebbe essere un Expo permanente. Noi piccoli, però, siamo sempre fuori.
Ma il vero problema, caro presidente, ed in questo caso qualche responsabilità in casa nostra l'abbiamo, eccome se l'abbiamo, è la legge 30 della Regione Lombardia, che di fatto ha unificato le famose licenze di somministrazione, la A, la B, la C e la D: quattro tipologie diverse di somministrazione in un'unica autorizzazione, di fatto semplificando le normative vigenti, ma dall'altro appiattendo le varie professionalità, in testa a tutti la ristorazione, che, appunto, chiudendo il cerchio si vede circondata da una concorrenza sleale non solo di cibo ma anche culturale.
In questi giorni ho incontrato più volte un suo dirigente, nonché amico e ristoratore, Alfredo Zini, con cui ho affrontato e discusso dei vari problemi sopraelencati. Ci siamo promessi che a settembre ci incontreremo per vedere dove, se sarà possibile, tentare una qualche forma di approccio ai problemi e collaborazione per riunire nuovamente la ristorazione milanese e lombarda.
Noi siamo pronti e disponibili, Zini lo ha promesso, lei ci sarà a darci una mano?
Matteo Scibilia
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