Sapevamo di sollevare una questione di grande attualità, ma francamente non pensavamo di raccogliere così tante adesioni e incoraggiamenti per andare avanti nella denuncia dell'abuso di sagre e feste gastronomiche di ogni tipo in tutta la Penisola. Eppure è bastato che 'Italia a Tavola”, unico giornale di settore in Italia, desse visibilità e valorizzasse l'iniziativa dell'Arthob di Brescia e del neonato Consorzio Cuochi di Lombardia, perché da ogni parte del Paese giungessero sostegni e adesioni a questa battaglia. Dalla Calabria al Veneto, dalla Liguria alla Puglia, dalla Toscana alla Sicilia, siamo stati inondati da telefonate, lettere e mail (alcune delle quali pubblicate nei commenti ai vari articoli pubblicati) in cui i ristoratori (senza distinzione di livello o di idea politica) ci chiedono ancora una volta di rappresentare con forza anche questo problema di categoria.
Il movimento è stato talmente ampio e generalizzato che il più potente sindacato nazionale del settore, la Fipe, ha deciso di scendere in campo schierandosi sulle nostre posizioni e su quelle di Arthob e Consorzio Cuochi di Lombardia. Una decisione che non può che farci piacere perché in tal modo possiamo assolvere al nostro compito di evidenziare un problema passando la mano a chi, operando in stretto rapporto con la politica, ha il dovere e la possibilità di trovare delle soluzioni. La novità, di non poco conto, è che la Federazione italiana pubblici esercizi sta raccogliendo dati sul fenomeno delle sagre in un 'Libro bianco” da presentare alle varie amministrazioni comunali. E ciò mentre il direttore generale del sindacato, Edi Sommariva, ha denunciato una riduzione fino all'80% degli incassi per i ristoratori dovuta al dilagare di sagre e feste di piazza.
La questione di fondo - e lo vogliamo ribadire agli enti locali, alle Regioni e al Governo - è che le sagre sono ormai senza controllo. Ogni ente si inventa le cose più strane e, senza alcun controllo igienico-sanitario, fiscale o previdenziale, occupa spazi per lo più pubblici con delle tavolate dove ciò che si mangia è spesso al limite del commestibile e il territorio non è quasi mai rappresentato. Sommariva ha parlato di dati gravi in Toscana (dove il sindacato più forte è la Confesercenti), ma ci permettiamo di fargli presente che le stesse situazioni, a volte anche peggiori, valgono anche per le regioni dove le regole si fanno insieme alla Fipe-Confcommercio... Purtroppo c'è stato finora troppo disinteresse su questo tema, forse perché non riguarda la categoria dei ristoranti stellati o più alla moda (gli unici che sembravano meritare attenzione di stampa e sindacati finora...). Ma l'assoluta maggioranza delle aziende del settore, comprese pizzerie e trattorie, merita oggi più rispetto e questa è una battaglia vera per la Ristorazione. Anche perché si tratta dei locali che, come sa bene il ministro Michela Vittoria Brambilla, costituiscono l'ossatura portante del turismo italiano.
Ai politici, attraverso anche la discesa in campo della Fipe, non possiamo che chiedere che venga regolamentato il settore con urgenza, valorizzando le sagre vere (che rappresentano tradizioni e cultura del territorio), ma mettendo le stesse 'in sicurezza” per quanto riguarda gli aspetti enogastronomici. In proposito ci sembra importante riportare alcuni dei passaggi di uno dei commenti che abbiano ricevuto su questo tema, quello di Michele Corti, docente dell'Università di Milano.
«Alcune sagre - scrive il professor Corti - sono fast food camuffati che servono solo per autofinanziamento di associazioni. Il ricavo netto dipende dall'uso di materia prima scadente. Se nelle sagre si usassero materie prime di qualità del territorio, artigianali, la sagra va in pari. Ma a cosa deve servire la sagra? Dovrebbe servire a ricreare cultura locale, a socializzare, a ritrovare i sapori genuini, non a far cassa. Bisognerebbe distinguere tra sagra e sagra chiedendo alle amministrazioni che le autorizzano di applicare un codice di qualità. Quando la sagra risponde alla sua funzione originale (attualizzare antichi riti alimentari comunitari promuovendo presso residenti e turisti la cultura gastronomica del territorio) la ristorazione non solo non subisce concorrenza sleale, ma può collaborare e partecipare».
Un'analisi che condividiamo perfettamente e sulla quale concorda anche la stragrande maggioranza dei ristoratori italiani che, aderendo alla battaglia lanciata da Arthob e Consorzio Cuochi di Lombardia, vuole solo avere regole uguali per tutti e poter dare magari un contributo per il successo delle sagre del proprio paese.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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