Prima la svedese
Findus e ora la svizzera
Nestlè. L’imbroglio a danno dei consumatori di tutta Europa, che comprano prodotti a base di carne di cavallo invece che di manzo, come dichiarato in etichetta, si sta allargando a dismisura. E non è detto che non coinvolga altre multinazionali del cibo già pronto... Uno scandalo che per fortuna non coinvolge la salute, ma che dimostra ancora una volta come sulla filiera agroalimentare
non ci sono controlli e tutele, ma solo delle stupidissime norme vessatorie. Quelle regole che con la scusa dell’igienicità nei salumifici o nei caseifici di montagna rischiavano di mettere in crisi i nostri artigiani alimentari.
Sperando che la magistratura di tutta
Europa persegua quella che è una truffa colossale che non si sa dove è stata commessa, ma che di certo si basa sul fatto che la carne equina costa mediamente alla fonte un terzo di quella bovina, non ci si può però accontentare di qualche multa. È tempo di porre fine una volta per tutte ai raggiri di produttori senza scrupoli che giocano sull’assenza di etichette certe e garantite sul cibo. Una situazione che vale per tutti: ad essere truffati potrebbero essere stati anche i marchi che distribuiscono tali prodotti, confezionati con materie prime magari comprate in buona fede da commercianti o macelli senza scrupoli. La tracciabilità di ogni prodotto è l’unica sicurezza che possiamo avere e non si possono più accettare dilazioni su questo tema a livello europeo. Questa è una delle questioni centrali su cui si può e si dovrebbe polemizzare con l’Unione europea. Purtroppo si avverte invece un silenzio tombale anche da parte dei nostri politici. Eppure l’Italia era stata proprio uno dei Paesi che aveva sperimentato con successo la tracciabilità su tutte le carni (dall’allevatore al distributore finale), salvo poi limitarsi solo a quella bovina per i pesanti veti della Ue.
Ma oltre all’etichetta ci sarebbe un altro punto su cui l’Italia dovrebbe fare la voce grossa. A parte gli hamburger congelati (il cui consumo in Gran Bretagna è crollato del 40% dopo lo scandalo), la carne di cavallo è stata finora utilizzata in maniera truffaldina per lo più in piatti “italiani”: lasagne e ravioli (per giunta di una marca nazionale come Buitoni, di proprietà della Nestlè). E anche su ciò si avverte la debolezza del nostro Paese. Una tutela anche dell’identità nazionale attraverso la difesa di ricette che si rifanno a piatti tipici italiani sarebbe gradita. Qui il discorso si allarga al tema dei tarocchi alimentari che danneggiano i nostri produttori seri in tutto il mondo, ma, per restare in Italia, controlli su tutti i cibi in scatola che si rifanno a ricette italiane, ma che tali non sono per i componenti utilizzati, andrebbero sanzionati e denunciati. In caso contrario si lascia facoltà di truffare il consumatore inconsapevole. Etichette sicure sarebbero fra l’altro una garanzia anche per le grandi multinazionali del cibo.