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Sul Codice del turismo la Brambilla fa retromarcia

Scende da 90 a 20 anni il diritto di superficie sulle spiagge. La norma, dopo i rilievi del Colle, viene modificata nel testo del decreto firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ministro Brambilla: «Accogliamo le modifiche del Quirinale, ma avremmo preferito la nostra soluzione»

13 maggio 2011 | 16:27
Sul Codice del turismo la Brambilla fa retromarcia
Sul Codice del turismo la Brambilla fa retromarcia

Sul Codice del turismo la Brambilla fa retromarcia

Scende da 90 a 20 anni il diritto di superficie sulle spiagge. La norma, dopo i rilievi del Colle, viene modificata nel testo del decreto firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ministro Brambilla: «Accogliamo le modifiche del Quirinale, ma avremmo preferito la nostra soluzione»

13 maggio 2011 | 16:27
 

Un risultato importante, ma solo per le concessioni e gli stabilimenti balneari. Dal Quirinale è arrivata oggi, 13 magio, la firma del decreto sviluppo, ma con una sostanziale modifica: il diritto di superficie per la gestione delle strutture turistiche che sorgono sulle spiagge passa dai 90 anni proposti nel decreto a 20, e il suo rilascio avverrà nel rispetto dei principi comunitari. Ancora nulla di fatto per quanto riguarda, invece, il settore della ristorazione, per il quale la Federazione italiana dei pubblici esercizi (Fipe) da giorni sta chiedendo maggiore attenzione da parte del Ministero.



«Direi che nessuno aveva affrontato il problema dei nostri operatori del balneare come ha fatto questo Governo, con il solo obiettivo di garantire loro le certezze necessarie e metterli nella condizione di poter competere nell'attuale scenario internazionale». Così il ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla (nella foto), commenta la versione del decreto sviluppo firmata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

«Nella riforma del turismo che abbiamo varato la scorsa settimana - spiega il Ministro - abbiamo corretto una grande anomalia del nostro sistema, estendendo a tutti gli operatori del balneare la classificazione di impresa turistica, come da tantissimo tempo richiedevano. E siamo intervenuti in maniera ancora più importante, andando finalmente ad estendere a tutte quelle che sono imprese del turismo - e quindi ora anche ai balneari - gli incentivi, le sovvenzioni e i benefici di qualsiasi genere previsti dalle normative vigenti, fino a ieri, per le sole imprese dell'industria».

Michela Vittoria Brambilla«Inoltre - continua - nel decreto sviluppo abbiamo previsto l'istituzione di distretti turistici che possano vedere uniti gli imprenditori in zone a burocrazia zero, con tutti i vantaggi che le reti d'impresa possono garantire sotto ogni profilo. Per quanto riguarda la durata del diritto di superficie previsto per le concessioni degli stabilimenti balneari abbiamo agito affinché essa fosse ampliata per un considerevole numero di anni rispetto all'attuale previsione, così da garantire agli operatori le necessarie certezze negli investimenti e nell'attività».

Quanto al limite fissato in vent'anni previsto nel dl sviluppo, su richiesta del Quirinale, il ministro Brambilla precisa: «Avremmo preferito che il diritto di superficie potesse avere una durata ancora superiore a quello previsto nella versione firmata oggi dal Capo dello Stato, proprio come nella prima formulazione del testo. Ma non possiamo che accogliere le modifiche richieste dal Quirinale, con la certezza che vent'anni rappresentino comunque una notevole prospettiva ed un indubbio miglioramento rispetto all'incerta situazione attuale. Non dimentichiamo che il governo Prodi ha avuto questa pratica sul tavolo per tutta la sua durata e non ha fatto nulla per risolverla, se non rendere ancora più complessa la situazione».

Scende da 90 a 20 anni il diritto di superficie sulle spiagge. Lo confermano fonti di governo. La norma, dopo le contestazioni di Bruxelles e i rilievi del Colle, viene così modificata nel testo del decreto firmato dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.

Secondo Fondo ambiente italiano (Fai) ed Italia Nostra la trasformazione del diritto di concessione sugli arenili in diritto di superficie è "un inghippo" che «mette a rischio cementificazione le spiagge». Pur apprezzando la riduzione da 90 a 20 anni del diritto di superficie, le due associazioni sostengono che «occorre tornare al 'diritto di concessione' che è ora in vigore». Con il diritto di superficie, infatti «si vuole separare - spiegano in una nota - la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo».

Tutto questo, ricordano Fai e Wwf, «non era fino ad oggi possibile perché tramite la concessione gli immobili, anche se realizzati da privati, rimanevano in uso per il tempo della concessione ma erano del demanio». In concreto questo significa, proseguono, «che con l'introduzione del "diritto di superficie" se lo Stato vorrà le spiagge libere da infrastrutture una volta scaduto il termine dei vent'anni, dovrà pagare ai privati il valore degli immobili realizzati perché questi saranno a tutti gli effetti di loro proprietà e quindi potranno essere venduti o ereditati».

Si riduce in sostanza, notano Fai e Wwf, il potere dello Stato sulle coste perché con la concessione «aveva la possibilità di revoca in caso di violazione dei termini del contratto, visto che la concessione stabiliva anche le dimensioni delle strutture che potevano essere edificate. In via teorica lo Stato - concludono - può ora revocare le concessioni in caso di violazioni, cosa non più possibile con il diritto di superficie».

Valutazioni di segno opposto arrivano invece da Fondo ambiente italiano (Fai) ed Italia Nostra, secondo cui la trasformazione del diritto di concessione sugli arenili in diritto di superficie è un 'inghippo” che «mette a rischio cementificazione le spiagge». Pur apprezzando la riduzione da 90 a 20 anni del diritto di superficie, le due associazioni sostengono che «occorre tornare al 'diritto di concessione” che è ora in vigore». Con il diritto di superficie, infatti «si vuole separare la proprietà del terreno da quello che viene edificato e questo significa garantire ai privati la proprietà degli immobili, già realizzati o futuri sul demanio marittimo».

Tutto questo, ricordano Fai e Wwf, «non era fino ad oggi possibile perché tramite la concessione gli immobili, anche se realizzati da privati, rimanevano in uso per il tempo della concessione ma erano del demanio». In concreto questo significa, proseguono, «che con l'introduzione del 'diritto di superficie” se lo Stato vorrà le spiagge libere da infrastrutture una volta scaduto il termine dei vent'anni, dovrà pagare ai privati il valore degli immobili realizzati perché questi saranno a tutti gli effetti di loro proprietà e quindi potranno essere venduti o ereditati».

Si riduce in sostanza, notano Fai e Wwf, il potere dello Stato sulle coste perché con la concessione «aveva la possibilità di revoca in caso di violazione dei termini del contratto, visto che la concessione stabiliva anche le dimensioni delle strutture che potevano essere edificate. In via teorica lo Stato - concludono - può ora revocare le concessioni in caso di violazioni, cosa non più possibile con il diritto di superficie».


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