Il divieto ci sarà. Niente additivi e azoto liquido nella ristorazione. L'on. Francesca Martini (nella foto sotto l'elaborazione grafica), sottosegretario al Welfare, rompe il silenzio. Dopo avere firmato in diretta tv su 'Striscia la notizia” il suo editto talebano per mettere ordine nella cucina italiana (senza più dare seguito alla cosa), ora torna in diretta, stavolta su 'Radio 24”, e nella trasmissione 'Il Gatronauta” annuncia a Davide Paolini: «Il provvedimento è stato firmato, deve essere pubblicato in Gazzetta ufficiale, quindi si parla veramente di tempi tecnici, dopodiché diventerà a tutti gli effetti legge dello Stato».
A parte il fatto che un'ordinanza non è automaticamente una legge, il sottosegretario spiega di essere giunta a questa conclusione («un provvedimento urgente, un'ordinanza che poi verrà anche riversata in un provvedimento normativo stabile») perché con i carabinieri della salute, i Nas, avrebbe portato avanti indagini per quanto riguarda l'impiego di una serie di additivi alimentari nella ristorazione. «Ci riferiamo a quella cucina molecolare che destrutturando i cibi, e quindi anche la loro struttura sul piano nutrizionale, aveva portato ad introdurre la chimica nei pasti delle persone. è chiaro che quando parliamo di chimica parliamo di qualcosa di molto delicato, che viene controllato da normative sia a livello nazione che internazionale, vorrei ricordare appunto che tra le mie deleghe c'è anche la sicurezza alimentare e quando parliamo di additivi parliamo di qualcosa che se non utilizzato in termini corretti può diventare potenzialmente nocivo per la salute. L'obiettivo è l'informazione dei consumatori e la tutela della salute dei consumatori».
Fin qui tutto bene e ci sarebbe da fare tanto di cappello ad un politico che finalmente vuole andare fino in fondo per garantire la salute dei cittadini. Purtroppo la Martini scivola però come la solito sulla sua pelosa e sospetta demagogia: da di fatto degli incompetenti o degli apprendisti stregoni ai cuochi (e molti, soprattutto fra gli innovatori, in verità lo potrebbero anche essere...), ma salva invece senza se e senza ma l'industria alimentare che, pure, questi additivi li utilizza pesantemente da anni. Facendo torto all'intelligenza degli ascoltatori, il sottosegretario ha invitati invita infatti a considerare che «l'industria alimentare utilizza per motivazioni supportate da ragioni di tipo tecnologico alcuni additivi in alcuni processi altamente controllati (da chi ????, ndr), tanto che ci sono degli esperti e dei responsabili di queste procedure».
Ma andiamo, a chi vogliamo darla a bere? In Italia scopriamo ogni giorno che si fanno sofistificazioni alimentari e si commettono reati penali che meriterebbero un inasprimento delle pene (la Martini ha contato quanti decessi ci possono essere stati per queste cause?). Ma il Governo assolve senza discutere tutta l'industria alimentare se usa gli stessi additivi che i cuochi o i pasticceri italiani d'ora in avanti (ma da quando e per quali prodotti?) non potranno più utilizzare. Davvero una stranezza che puzza...
Ma andiamo avanti. Sul sequestro dell'anno scorso di confezioni di Textura in molti ristoranti, la Martini sottolinea: «Sono state fatte delle indagini microbiologiche e il problema principale era un'assoluta inadeguatezza dell'etichettatura di questi prodotti. Questi prodotti, devono avere un'etichettatura che rispetti le normative a livello europeo. Non si tratta di veleno, ma di prodotti che non possono essere utilizzati dalla ristorazione. Nessuno ci può garantire in che misura vengano utilizzati». Parole sacrosante, che sottoscriviamo, ma che dovrebbero valere anche per l'uso di ingredienti più comuni e tradizionali, come la fecola, lo zafferano o il sale... Se il problema è la quantità, basterebbe fissarne le dosi consigliate, che peraltro sulle confezioni ci dovrebbero sempre essere, e obbligare ad esporle in menu.
Sempre la Martini aggiunge un altro elemento che ci piace, anche se non porta alla giuste conclusioni, ricordando l'obbligo della trasparenza che abbiamo da tempo invocato. «Intanto - dice - non vengono dichiarati quando viene presentato il piatto e poi non vengono dichiarate le misure in cui vengono utilizzati. Un cittadino deve avere il diritto di mangiare cose sane e di cui conosca il contenuto, anche al ristorante. Ma non soltanto per le materie prime che utilizza a casa sua, e l'uso di additivi nei piatti non rientra, tranne alcune isolate eccezioni che sono i lieviti e gli addensanti e gli emulsionanti che si usano nella preparazione dei dolci e dei gelati, quindi anche nel gelato artigianale e nella tradizione della ristorazione. E quindi non si può affrontare a mio avviso senza la dovuta risolutezza, una tematica per evitare proprio impropri e inconsapevoli situazioni da parte degli operatori che possono oltretutto non avere assolutamente consapevolezza nell'utilizzo di sostanze gassose. Io vorrei ricordare che recentemente in Francia un operatore della ristorazione ci ha rimesso le braccia utilizzando queste bombole di azoto per la preparazione dei pasti. Quindi si crea anche un problema di sicurezza sul lavoro».
E qui casca l'asino. Da tempo sconsigliamo di usare sistemi che comportino l'azoto, ma non perchè ci sono rischi di incidenti sul lavoro, bensì perchè lo riteniamo un giochino inutile che potrebbe snaturare la cultura della cucina italiana. Che senso ha dire che non si devono usare alcune tecniche perché ci si può fare male? Anche nel tagliare della carne per un'Albese al coltello ci si può rimettere qualche falange. O se si è sbadati si possono mettere le mani nel frullatore, nella pentola dell'olio bollente o nell'impastatrice... O chiudere un collega nella cella frigorifera... Ma per questi eventuali rischi dovremmo chiudere un ristorante?
Da tempo 'Italia a Tavola” polemizza con quanti hanno tessuto le lodi di molecolaristi o dei destrutturalisti sostenendo che il futuro della Cucina italiana non può che essere quello dell'innovazione nel solco della tradizione e della valorizzazione delle nostre materie prime. Ma le stupidaggini della Martini sono davvero la negazione di ogni buon senso e peccano, lo ribadiamo, di superficialità ed ignoranza.
Bacchettate sulle dita del sottosegretario sono del resto venute proprio a 'Radio 24” da un esperto di cibo come Dario Bressanini (nella foto a sinistra), docente universitario di chimica: «Io sono molto curioso di leggere quest'ordinanza - ha detto - e sinceramente trovo difficile sostenere una cosa del genere a livello legislativo. Per il semplice motivo che questi additivi (addensanti, gelificanti) di cui parlava La Martini si sono sempre utilizzati nella ristorazione. Queste sono proprio le categorie che normalmente si usano anche nell'alta ristorazione e nei ristoranti come quello di Adrià. Per cui non sono una categoria a parte, semplicemente alcuni gelificanti, per esempio la farina di semi di carrube (E410), si è sempre utilizzata per fare gelati e anche il consumatore normale la può comprare nei negozi o anche per esempio l'agar agar nei supermercati. Altri gelificanti, ma sempre della stessa categoria, quasi sempre ricavati da alghe o piante e vegetali, non si trovano nei supermercati ma rientrano nella stessa categoria. Mi sembra difficile che si possa sostenere un'ordinanza che ad esempio l'E406 (agar agar) che i vegetariani usano per fare la gelatina per fare la panna cotta può essere usato, mentre l'E407 invece non si può utilizzare. Il motivo scientifico che potrebbe esserci dietro a queste scelte a me rimane oscuro».
Analoga la posizione di Davide Cassi (nella foto a destra), fisico dell'Università di Parma e grande esperto di cucina, di cibo, che interpellato sul divieto dell'utilizzo dell'azoto liquido perché pericoloso chiarisce: «Io sono molto perplesso di fronte a questa dichiarazione di pericolosità, perché tutto può essere pericoloso, ricordo che in cucina si usano coltelli che potrebbero tagliare un dito, si usa l'olio bollente che è molto più pericoloso dell'azoto liquido, o la pentola a pressione. Secondo me quando non si sa utilizzare qualcosa questo può essere causa di pericoli. Però a questo punto basta insegnare, rilasciare un patentino per l'utilizzo piuttosto che la bieca proibizione».
Interviene anche Patrizia Restani, docente di chimica degli alimenti alla statale di Milano: «Non mi è esattamente chiaro quanto questo divieto sia assoluto, perché credo che un divieto assoluto porrebbe anche dei problemi pratici. Per esempio vorrebbe dire non usare neppure peptine per fare marmellate e confetture. Bisognerebbe entrare nel merito e andare a vedere categoria per categoria. Risulterebbe assolutamente improponibile che un cuoco possa mettere ad esempio dei nitrati nella carne perchè magari è un pò invecchiata e comincia a scurirsi. Viceversa un uso di vitamina C che per caso può trovare nel piatto perchè aggiunge del limone, vorrei vedere come si potrebbe distinguerne l'originale naturale o artificiale».
Per i ristoratori Ezio Santin (nella foto a sinistra), presidente dell'Associazione delle Soste che raccoglie circa 50 tra i più importanti ristoranti in Italia ha dichiarato con grande chiarezza: «Un additivo in cucina fa venire i brividi, è ovvio. Però un addensante, per esempio ricavato da alghe o da cereali in genere, non può far male alle persone, è sempre stato usato e si usa sempre. Certo se noi usiamo in una buona cucina un prodotto di sintesi perchè dobbiamo dare un gusto, o addensare, o abbreviare i tempi di lavoro, sono contrario. Tutto andrebbe fatto con un'accurata analisi dei prodotti prima che vengano messi in commercio, e regolamentarne l'uso. Questo non è stato fatto prima. Per esempio l'uso di malto destrine non può essere dato in mano ad un ragazzino, deve essere usato (se si può farlo) dallo chef che ne sa usare il quantitativo giusto, come per tutto del resto».
Quelle di Santin sono parole che esprimono buon senso e chiudono da sole una vicenda e che, ci auguriamo, porti la bionda sottosegretario a rivedere una posizione assolutamente incompatibile con la logica ed eticamente scorretta perché assolve a priori l'industria e condanna i cuochi. Nei ristoranti si deve imporre l'obbligo di indicare gli ingredienti utilizzati (anche l'aglio...), ma non dettare i codici etici per l'uso di questo o quel prodotto in assenza di sicuri pareri scientifici. E magari autorizzare l'uso di certe strumentazioni (ma questo vale per tutti i lavori) solo a chi è abilitato a farlo. Per il resto, forse, sarebbe meglio riderci un po' su, per non piangere.
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