Insulti o lodi sperticate
a pagamento. Ridicole graduatorie in cui ai primi posti risultano spesso locali appena aperti o
rivendite di panini, mentre i
siti turistici italiani più importanti (a partire da quelli milanesi o romani) vengono svillaneggiati. Assenza di un qualche minimo controllo sul fatto che i commenti siano legati ad una
presenza effettiva nel
ristorante o nell’
hotel.
Impossibilità di uscire dal portale per chi si sente giustamente danneggiato. Scarsissime possibilità (per ora) di poter ottenere
giustizia sul piano legale per una mancata regolamentazione del settore in Italia, a partire dalla
class action. Questa, in sintesi, la rappresentazione che da sempre, e senza equivoci, diamo di TripAdvisor. Si tratta di un sistema diabolico che non ha rispettato uno solo degli impegni che si era assunto (
anche pubblicamente con noi) per dare qualche garanzia agli utenti e agli operatori. “Business is business”, è la loro regola, che in questo caso puzza però di marcio e imbroglio.
Abbiamo fatto questa premessa, che poteva essere anche inutile, perché in queste ore siamo stati sommersi da mail e telefonate di ristoratori e albergatori che ci chiedevano se - dopo avere per primi denunciato gli imbrogli di TripAdvisor - avessimo cambiato opinione. E tutto solo perché, per dovere di cronaca e rispetto delle opinioni di tutti, abbiamo dato notizia dell’
imminente convegno in cui i vertici di Confcommercio e Fipe affronteranno insieme ai dirigenti di TripAdvisor il tema dei rapporti fra ristorazione, Internet e recensioni online. Un confronto che si inserisce nella logica della
collaborazione avviata fra i due negli ultimi tempi. Non potevamo non dare questa notizia, anche perché la Fipe si gioca su questo terreno molto della sua credibilità e, in tutta onestà, non vogliamo guardare all’evento con pregiudizi o paraocchi. Anzi. Potrebbe essere che questa sia l’occasione per fare il punto con chiarezza e porre delle precise richieste. Questo almeno è quanto ci aspettiamo da dirigenti di un sindacato che sanno che non possono subire le presunte tendenze del mercato.
Certo l’appuntamento non prevede alcun contradditorio esterno o l’esperienza di qualche realtà che non sia quella della multinazionale americana
sotto accusa in tutta Europa per
distorsione del mercato. Se si parla si ristoranti sulla rete, Facebook invece che Instagram o Twitter sono certamente strumenti che non possono essere dimenticati. Affrontare queste tematiche solo col peggiore soggetto della rete è un po’ imbarazzante. Ma contiamo sul fatto che Carlo Sangalli, Lino Stoppani e Aldo Cursano (i più rappresentativi dirigenti del sindacato) non potranno non tenere conto delle osservazioni che spesso
abbiamo condiviso e che rappresentano l’elemento di maggiore disagio per gli operatori: l’inaccettabilità dell’
anonimato, la
certezza che sia stato erogato un servizio e la possibilità di
uscire dal portale in cui uno è costretto a fare i conti con
falsità spesso clamorose. Temi che del resto appartengono al dibattito interno della stessa Fipe, come ben dimostrano le adesioni di moltissimi dirigenti di province italiane alla nostra iniziativa
#NoTripAdvisor.
C’è fra l’altro una questione di non poco conto legata all’etica stessa di un sindacato che deve
tutelare tutti gli iscritti e fare gli interessi dell’intero settore. Pensare che la Fipe-Confcommercio possa allearsi ufficialmente con TripAdvisor, come ci scrivono alcuni, ci sembra inverosimile, prima che impossibile. Vorrebbe dire parteggiare per chi si è preso gioco finora di ristoratori e albergatori alimentando un
gioco al massacro a colpi di sputtanamento, spesso da parte di colleghi. Ci aspettiamo piuttosto una serie di richieste forti per inserire elementi di certezza da subito, visto che troppi anni di
far west hanno devastato il settore. Non dimentichiamo che negli ultimi decenni ci sono già stati i sostegni ai centri commerciali (che in molti casi hanno svuotato i centri storici), per non parlare della
liberalizzazione delle licenze che hanno permesso ai bar di occupare il posto di locande e trattorie. Il tutto in nome di tendenze americane di cui TripAdvisor è l’ultimo esempio...
Certo c’è la scusante che sul mercato non ci sono al momento altri portali capaci di dare garanzie serie a consumatori ed operatori. Questa è un po’ anche colpa di Fipe che non ha voluto scendere in campo. Ma importanti competitor sono pronti a lanciare la sfida in nome della garanzia delle recensioni. E Fipe non potrà non tenerne conto.
Ultima, ma non per importanza, è poi la variabile
The Fork (il braccio commerciale di TripAdvisor per le prenotazioni) che apre scenari inquietanti con la sua politica che spinge a sconti del 50% quasi si trattasse di Groupon. Anche in questo caso non è pensabile che la Fipe possa approvare un comportamento che è in contrapposizione con tutte le scelte fatte per spingere verso la qualità e favorire un confronto vero basato su un’offerta di servizi e non già sul prezzo. Pensare che un ristorante possa offrire al 50% una cena con prodotti di qualità, vuol dire
mortificare gli sforzi fatti dai gestori per restare competitivi su un mercato dai margini quasi azzerati.
Per queste e per altre ragioni, attendiamo di vedere cosa avverrà al convegno romano Fipe-TripAdvisor.