La Michelin ha pubblicato l'edizione 2019 della guida suscitando il solito interesse, dovuto per tradizione, ma lasciando scoperti alcuni nei come, ad esempio, la bocciatura delle pizzerie ancora una volta escluse.
Ottenere una stella è certo un
traguardo ambizioso per un cuoco. E a maggior ragione lo è per il ristorante che è chi la riceve formalmente. Si tratta del riconoscimento oggettivamente più importante, che ha un valore a livello internazionale. Ma il fatto che contino,
non significa che le stelle siano il metro di giudizio per capire se una cucina è valida o meno. Anzi.
Accettato che chi è stellato è certamente di un buon livello, ci sono tanti altri cuochi che sono almeno all’altezza di chi è beneficiato dalla “rossa”, anche se la guida francese non li riconosce. E a maggior ragione ciò vale per l’Italia dove la Cucina ha da sempre un ruolo ed un peso nella Cultura del Paese, tanto che ne identifica quello stile di vita oggi apprezzato e ricercato in tutto il mondo, almeno alla pari coi brand della moda e del design, e con l’arte e l’ambiente.
Ed è proprio l’importanza che ha la Tavola per l’Italia, con tutta la filiera agroalimentare che ne sta alla base, che rende ormai non più credibili le graduatorie stilate dai soliti sciovinisti d’Oltralpe. Che una guida francese valorizzi come primaria la sua Cucina nazionale, ci sta. Ma è inaccettabile che oggi ci sia così tanta differenza rispetto all’Italia. Non vogliamo aprire l’ennesima polemica provinciale, ma non si può non sorridere, con un po’ di ironia, sul fatto che la Germania abbia più tristellati dell’Italia o che i francesi ne abbiano addirittura il triplo. Per non parlare del Giappone.
Ma anche a voler essere cauti, non si può non rilevare come in Francia ci siano locali con una stella che sono poco più di bistrot o con cucine che i Nas farebbero chiudere subito se fossero in Italia. Come non si può non ricordare che in Giappone molte stelle sono assegnate a sushi-bar che non hanno nemmeno tavoli a sedere o servizio di sala. Tutto sarebbe anche giustificabile se la Michelin accettasse di valutare con onestà la situazione e assegnasse delle stelle anche alle pizzerie.
Ma la
pizza è bannata dalla Michelin perché se aprisse quel fronte (che in realtà a Hong Kong è stato infranto con la stella a una pizzeria italiana) il primato francese nel numero di locali stellato sarebbe spazzato via in poco tempo. Se già non è uno specchio della realtà il fatto che in Italia ci siano solo 10 locali con 3 stelle (dovrebbero essere almeno il doppio), diventa un’autentica distorsione la penalizzazione di tutti i locali che hanno un forno, e che magari alle pizze abbinano anche piatti di alta cucina.
L’edizione 2019 poteva essere quella in cui la Michelin cercava di recuperare credibilità e fiducia. Ha invece scelto ancora una volta la strada della chiusura pregiudiziale e ora non le resta che proseguire su quella delle marchette, con le sue iniziative commerciali sul web dei locali che pagano per essere promossi. Alla faccia di una guida che pure potrebbe essere davvero il punto di riferimento più serio a livello internazionale.