Tutto è bene quel che finisce bene, anche se in questo caso dovremmo dire: quel che comincia “quasi” bene...
Già, perché a parte l’ignobile devastazione ad opera dei black bloc, Milano ha segnato un punto in positivo con l’avvio dell’
Expo, dove i cancelli aperti hanno simbolicamente segnato un punto a favore del commissario Giuseppe Sala e dei suoi collaboratori. Non è vero che tutto fosse finito. Anzi. Molti non si sono nemmeno accorti dei
gravi ritardi e di padiglioni ancora chiusi viste le tante sorprese positive della manifestazione. E tanto basta per abbassare adesso il tono e rinviare a fine Expo i conti su dove e perché si è sbagliato facendo così lievitare ancora una volta i costi di fronte all’ennesima emergenza.
Dopo un deludente preludio serale in piazza Duomo, dove abbiamo espresso il meglio del nostro passato, ma non abbiamo saputo dare alcuna idea della nostra pur ricca contemporaneità (salvo considerare tali gli imbranati Bonolis e Clerici), a segnare la svolta è stato
Matteo Renzi che con un’abilità rara ha saputo dare il giusto valore all’evento e al lavoro di imprese sane e operai che hanno ribaltato una gestione gravata da scandali e tangenti.
Il suo “l’Italia s’è desta”, è forse quello che tanti italiani volevano sentire e, al diavolo i mille gufi od oppositori, con questa frase abbiamo rimarcato come il nostro Paese è riuscito a rispettare quasi del tutto le sue scadenze. Un risultato che, vogliamo però rimarcarlo, doveva essere scontato e considerato “a prescindere”. È solo adesso che comincia infatti la vera sfida di questo evento. E in questo il Presidente del Consiglio ha saputo esprimere con forza la volontà di un’Italia sana che vuole partire da qui per riscattarsi da
corrotti, incapaci e conservatori di ogni risma.
A questo punto si pongono due questioni vere: riusciremo a puntare davvero l’attenzione sui problemi di come sfamare il mondo e non sull’esibizionismo dei soliti nomi dell’industria alimentare? Saremo in grado di farla veramente finita con un sistema basato su scadenze il cui rispetto ci mette sempre in affanno?
Sul primo punto sembra che il contenuto dei padiglioni di alcuni Paesi sia centrato e possa dare un contributo di crescita soprattutto culturale. In questo, molto merito è anche del Governo italiano che ha spinto per fortuna su alcuni contenuti veri, mentre la macchina di Expo sembra essersi occupata solo di un
business immediato e “peloso”. Talmente fuori contesto che le maggiori critiche oggi piovono proprio su quella contestata presenza di Eataly che costringe i consumatori ad approvvigionarsi di cibo e bevande in due aree distinte.
La questione dei
ritardi e dei lavori in extremis è invece la vera emergenza nazionale di un’Italia che, se davvero s’è desta ed è pronta “alla vita”, come auspica Renzi, deve chiudere una volta per tutte e per sempre col sistema di
bandi e corruzione,
ritardi ed incrementi dei costi. Come in tutti i Paesi civili, una volta trovati i finanziamenti e decisa un’opera pubblica, questa deve essere realizzata con step prefissati e al primo ritardo vanno licenziati
dirigenti e responsabili. Questa è la vera riforma che un’Italia che vuole rialzarsi si attende da Renzi. E se anche si troverà di traverso chi vuole approfondire, discutere e riflettere, dovrà mostrare quei muscoli che in troppi oggi stupidamente gli contestano.
Ci piacerebbe che lo scampato pericolo per Expo fosse l’ultimo della serie.