L’obiettivo è sempre quello: regolamentare la situazione di assoluta anarchia oggi esistente e dare garanzie di qualità e sicurezza alimentare ai consumatori, tutelando al tempo stesso ristoratori e produttori. È però tempo di alzare decisamente il tiro. Ci riferiamo all’ormai storica battaglia contro le
sagre tarocche, che tanti danni stanno causando all’immagine del nostro turismo ed alla filiera agroalimentare. Un’altra estate è ormai finita senza che dal Governo, dalle Regioni o dall’associazione delle Pro Loco (vero
dominus del settore) sia venuta una qualche iniziativa. Anzi, complice la crisi che spinge molti ad illudersi di risparmiare qualche euro mangiando con cucine che non sono quasi mai a norma (e in aggiunta con personale in nero...), negli ultimi mesi è cresciuto il numero dei
frequentatori.
A chiedere da tempo una netta inversione di tendenza c’era la
Fipe, in particolare la federazione della Toscana, dal primo momento a fianco di
Italia a Tavola fin dai tempi in cui era stato elaborato, insieme a Davide Paolini, il
decalogo delle sagre corrette. Negli ultimi tempi è scesa decisamente in campo anche la
Confesercenti, che ha affidato alla federazione della Lombardia il compito di stanare i politici con una proposta di legge presentata in consiglio regionale.
Che il tema sagre tarocche approdi ora in Lombardia è forse il segno incontrovertibile di come la situazione sia ormai sfuggita al controllo della politica, generando un sistema da cui sarà difficile uscire senza qualche scelta radicale. Giusto quello che i partiti (Pdl e Pd in testa) avrebbero voluto finora evitare, ma che ora gli tocca per non trovarsi col cerino acceso in mano.
In Lombardia non c’è in ballo solo il futuro di un comparto strategico come il turismo, dove l’eccesso di feste popolari è diventato un boomerang negativo come in Toscana. Nella più importante regione italiana, anche in province un tempo sinonimo di ricchezza come Milano, Bergamo o Brescia, a rischio di sopravvivenza è lo stesso concetto di ristorazione. Parliamo di un’attività che, già colpita dal calo del potere d’acquisto dei consumatori, oggi ha davvero pochi margini di fronte all’esplosione di feste e raduni dove ogni occasione è buona per allestire cucine da campo in deroga ad ogni criterio di sicurezza igienico-sanitaria, in evasione contributiva e previdenziale. Una vera e propria concorrenza sleale avallata dai Comuni e dalla Regione, con la scusa che ad organizzare queste tavolate senza regole sarebbero per lo più associazioni di volontariato che in questo modo si finanzierebbero per svolgere le loro attività di assistenza sociale.
Ma anche fosse vero tutto ciò (e i dati sull’entità di chi organizza le sagre tarocche non lo dimostrano), l’Italia può davvero permettersi il paradosso di fare mangiare senza sicurezza e in nero gli italiani e distruggere contemporaneamente una delle poche certezze di sviluppo che ci rimangono, ristorazione ed agroalimentare? Per noi la risposta è scontata... chissà che qualche politico non voglia dire la sua.