Con l'uscita della rossa Michelin si è concluso, almeno per il 2011, il rito delle guide gastronomiche, gioia e dolori per molti ristoratori. Onestamente con l'avvento e lo sviluppo giornaliero di internet e con tutti gli annessi e connessi (TripAdvisor, 2spaghi, Facebook, tanto per citarne solo alcuni) la critica gastronomica cartacea comincia ad avere il fiato grosso. Sono passati gli anni in cui anche i quotidiani riservavano ampi spazi agli eventi di presentazione delle stesse guide, per non parlare di Porta a Porta.
Cosa sta succedendo? La cucina è all'apice della notorietà, ormai anche i bollettini parrocchiali hanno "l'angolo del cuoco di quartiere", anche la tv che nessun auditel rileva ha la sua trasmissione di cucina... Eppure qualcosa sta accadendo. La ristorazione sta cambiando? Il cuoco sta cambiando?
In un momento in cui gli scandali agroalimentari sono giornalieri - basti pensare a quello recente dell'olio d'oliva con le muffe, tranquillamente venduto nei supermercati - il cuoco con la sua storia centenaria di trasformatore e utilizzatore degli alimenti, quasi custode della storia gastronomica, ecco che apparentemente invece di dedicarsi con più forza alla sua mission di "guardiano" della qualità del cibo, ecco che diventa una star, si preoccupa di fare business con l'immagine, sta di meno in cucina (dove i semilavorati prevalgono) ed eccolo in televisione a scimmiottare attori scafati, dimenticando oltretutto di trasmettere un minimo di etica professionale... E ancora, in televisione appaiono cuochi con orologi e catenine, con anelli, senza divisa, senza cappelli, comunicando alle nuove generazioni che si può stare in cucina anche così, e dato che a volte sembra di vivere in un grande studio televisivo - o almeno così viene comunicato - ecco che tutto è permesso e concesso.
Poco tempo fa in un pranzo organizzato nel centro Italia dove ero stato invitato, uno dei più grandi chef italiani che gestiva l'evento fumava con tranquillità, sia pure all'entrata della cucina. Sì, qualcosa sta cambiando! Il piccolo ristorante sta per essere falcidiato dalla crisi, le gestioni familiari sono in affanno, l'industria comincia a prendersi fette consistenti del nostro lavoro.
Ma un'ulteriore nuova fascia di mercato si sta sempre più imponendo, a dire il vero è un ritorno all'antico, cioè la ristorazione d'albergo, la vera ristorazione di tanti anni fa, capace di emozioni che pochi grandi ristoranti possono trasmettere. In tutto questo dov'è il cuoco? Certamente il cuoco imprenditore sta scomparendo, anzi, sempre più anche in ristoranti blasonati si nasconde, si camuffa che il cuoco sia un dipendente per ottenere il massimo dalla critica e dalla clientela.
Ma tutto questo è un male o no? Purtroppo, nell'indifferenza generale, anche delle nostre organizzazioni sindacali sta finendo un'epoca: la gestione familiare e l'artigiano della ristorazione stanno scomparendo, il piccolo non riesce a sopravvivere ai costi sempre più alti, alle norme sempre più burocratiche, al fisco e alle banche che non concedono più respiro, ed ecco che chi può finisce o cerca di proteggersi sotto le ali di aziende vinicole, di moda, dell'edilizia, in grandi alberghi o addirittura si camuffa da agriturismo per ottenere sgravi fiscali.
Fin qui si potrebbe obiettare: se il cliente sta bene qual è il problema? Un piccolo grande problema però sono proprio le guide, che ormai premiano con cappelli, forchette, stelle, quest'esercito di nuovi cuochi-dipendenti. Troppo facile... ma allora chiedo che in nome di una trasparenza questo venga evidenziato. Oggi si chiede trasparenza ovunque, perché allora il nostro settore dovrebbe essere diverso?
L'albergo, la grande azienda vinicola, possono permettersi investimenti che il piccolo non può più, non solo, ma il cuoco dipendente può dedicarsi a tempo pieno alla cucina non avendo altre incombenze di tipo imprenditoriale, mentre lo chef-patron rischia molto di più.
Certo, ho esasperato il percorso, ma la storia è vera. Il mercato ha bisogno di entrambe le figure, ma necessitano di trattamenti diversi, anche - soprattutto - dalla critica gastronomica. Non è giusto che oltre il 70% delle nuove stelle 2012 siano cuochi dipendenti in massima parte di alberghi: non c'è equilibrio. Si dice che si vuol far chiudere il piccolo, o forse magari il segreto sta nel potere di acquisto che queste nuove figure hanno sul mercato?
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