Dover stare agli ordini dell'arrogante nanetto francese e della culona tedesca (le definizioni sono ovviamente del nostro premier) non farebbe certo piacere a nessun politico italiano. Né può lasciare indifferente essere commissariati dalla Banca centrale europea, prima, e dal Fondo monetario internazionale, poi, perché nessuno si fida dei nostri conti. Detto ciò, e con l'inevitabile nervosismo che ne può derivare, non si può però più accettare che, di fronte al rischio reale di un fallimento dello Stato italiano, Silvio Berlusconi continui a raccontare bugie e fregnacce come quella dei ristoranti pieni per dimostrare che in Italia stiamo bene... La crisi c'è, è diffusa ovunque ed è pesantissima. E colpisce anche i
ristoranti.
Gli italiani non sono più disposti a sentire stupidaggini, e non lo sono certamente le centinaia di migliaia di addetti del settore che scontano una diminuzione degli affari, dei redditi e dei posti di lavoro. Se invece di frequentare i suoi politici servili o le sue escort il Presidente del consiglio girasse per qualche comune italiano, si renderebbe ben conto che il tempo dei ristoranti pieni è finito da un pezzo. Salvo forse il caso di pizzerie e di locali a basso prezzo. Ma ciò è giusto la conferma di quel che lui vuole negare: la crisi costringe gli italiani a limitare i consumi, e con ciò, oltre al danno per i ristoranti di fascia media, creiamo perdite alla filiera agroalimentare perché si è abbassata la qualità delle materie prime e dei vini proposti in menu nel locali a basso prezzo.
Abbiamo aspettato inutilmente una qualche rettifica o smentita a questa affermazioni cretine (come è nel costume del nostro premier amante delle barzellette...). Ma nulla è avvenuto, a conferma di come a Berlusconi o ai suoi più stretti collaboratori o Ministri non importi proprio nulla del settore. Eppure con le sue esternazioni ormai senza ritegno il Capo del governo italiano crea danni a catena ingenerando una serie di equivoci che non possono essere sottovalutati. Il primo, gravissimo, è l'idea che andare al ristorante sarebbe segno di benessere di per sé. Questo vale forse per pochi locali di altissima fascia. Ma per il resto vuol dire creare quasi delle discriminazione perché chi non può più permettersi di andare al ristorante - e sono più di quelli che pensano a Palazzo Grazioli - ora potrebbe cominciare a guardare con ostilità chi ci va. E questi ultimi, al contrario, potrebbero ridurre le loro uscite per non sentirsi a disagio.
Altra corbelleria, frutto forse dei numeri taroccati forniti dal suo
ministro del Turismo, è che ai molti biglietti aerei staccati in Italia corrispondano altrettanti segnali di benessere. Anche qui Berlusconi fa i conti senza l'oste. La stragrande maggioranza dei voli è oggi low cost e riguarda compagnie non italiane. Si viaggia spesso in aereo, e qui l'ormai prossimo ex Capo del governo dovrebbe riflettere su come lascia il Paese disastrato, perché è il mezzo che costa meno. Si va in aereo perché oggi è il modo più economico di muoversi! E molti voli a bassissimo costo, non dimentichiamolo, riguardano tratte con l'estero dove gli italiani si recano perché con i pochi soldi rimastigli in tasca non potrebbero fare ferie o weekend in Italia, dove tutto costa di più, dai trasporti agli hotel. E il nostro posto è occupato da stranieri con più disponibilità delle nostre.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.netArticoli correlati:
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