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Targa per i ristoranti all'estero Antonio Razzi si giustifica

Ancora polemiche sul progetto che porta la firma dell'ex ministro dell'Agricoltura Galan e del Responsabile Razzi, il quale risponde alla lettera inviata a Italia a Tavola dal cuoco Emanuele Esposito, che a sua volta ora conferma la netta contrarietà all'iniziativa che sa di taroccamento

24 marzo 2011 | 11:35
Targa per i ristoranti all'estero Antonio Razzi si giustifica
Targa per i ristoranti all'estero Antonio Razzi si giustifica

Targa per i ristoranti all'estero Antonio Razzi si giustifica

Ancora polemiche sul progetto che porta la firma dell'ex ministro dell'Agricoltura Galan e del Responsabile Razzi, il quale risponde alla lettera inviata a Italia a Tavola dal cuoco Emanuele Esposito, che a sua volta ora conferma la netta contrarietà all'iniziativa che sa di taroccamento

24 marzo 2011 | 11:35
 



Continuano le polemiche sul nuovo marchio ministeriale di qualità per i ristoranti italiani nel mondo. Dopo aver elogiato l'iniziativa per i suoi risvolti non solo nella promozione del nostro Made in Italy nel mondo, l'ormai ex ministro delle Politiche agricole Giancarlo Galan ha riconosciuto pubblicamente nell'iniziativa proposta dall'on. Razzi un sistema valido per contrastare l'enorme contraffazione e imitazione dei prodotti che hanno reso e rendono famosa in tutto il mondo la Cucina italiana ma che allo stesso tempo ne danneggiano irrimediabilmente l'immagine e l'economia.

Tuttavia, come ha più volte sottolineato il direttore di 'Italia a Tavola”, anche nel suo ultimo editoriale, l'iniziativa non tiene conto delle altre targhe di riconoscimento già esistenti per i ristoranti all'estero, come il Marchio 'Rim” di Isnart e Unioncamere. Ma chi ne ha fatto una battaglia personale è Emanuele Esposito, presidente di 'Ciao Italia” del Medio Oriente e general manager de Il Villaggio di Jeddah (Arabia Saudita), che ha scritto prima a Galan e poi a Razzi per manifestare la propria contrarietà rispetto all'ennesima (inutile) targa di riconoscimento.

Qui di seguito la risposta di Antonio Razzi.
'
Caro signor Emanuele,
Antonio RazziLa ringrazio per aver colto questa occasione recependo in pieno la mia richiesta di collaborazione. Sono perciò tutto orecchi. Deve pensare che il decreto è solo una piattaforma di programmazione che dovrà essere sviluppata in futuro. è anche ovvio che se per tanti anni molti ci hanno provato, ma solo per interessi personali e non a livelli istituzionali e fare scarpetta (mi riferisco a simboli, simboletti, associazioni ecc...), se modestamente sono arrivato alla stesura di un decreto serio, riconoscerà che qualcosa di importante è finalmente accaduto.
Mi indichi le falle, mi prospetti miglioramenti, mi suggerisca modifiche. Nei limiti delle mie possibilità, in quanto il tutto si deve inquadrare nell'ottica generale governativa, mi impegno già da oggi a fare tutto quanto sia possibile.
Tengo a specificare, qualora non fosse chiaro, che l'operazione fatta è a costo zero. Significa che tutti gli esperti, gli addetti al costituendo comitato lavoreranno gratis per solo spirito di liberalità. è stata questa una scelta fortemente voluta dal sottoscritto e dal ministro Galan. Sarebbe stato facile, per esempio, destinare a questi, me compreso, un budget anche cospicuo ma abbiamo a priori escluso questa opzione.
Cordialmente.

On. Antonio Razzi


Questa la replica di Emanuele Esposito.
'
Caro On. Razzi,
è certamente lodevole da parte sua lo sforzo, altrettanto lodevole il fatto che il tutto è a costo zero, questo comunque credo che sia un po' difficile, mettere in campo una serie di cose lei lo sa costano, già le targhe in sé costano.
Lei mi chiede di dirle quali sono le cose che non vanno. Le ripeto che una targa analoga c'è già ed è in corso, dove partecipano vari enti, tra cui Unioncamere e Ministeri vari, ma torniamo a noi, lei crede che con un'altra targa la cosa si risolva? Io non credo, ma si potrebbe tentare di fare un'operazione in maniera diversa.
Emanuele EspositoVogliamo veramente certificare i ristornati italiani all'estero, possiamo partire dal disegno di legge 1030 della Sen. Rebuzzi mai discusso. Detto questo vediamo come si potrebbe strutturare la commissione. Dovrebbe essere formata da persone del settore: Ciao Italia, Gvci (che sono radicati sul territorio estero), Consolati italiani, giornali di categoria, etc.
Una volta fatta la commissione si delineano i criteri minimi per concedere il marchio, una volta fatto questo però il ristorate avrà un angolo shop per i prodotti italiani, che grazie all'aiuto del Ministero e grazia alla commissione possiamo selezionare, e su questo le garantisco che molte aziende ci aiuteranno. Oltre a ciò il ristoratore selezionato deve in un arco di un anno formare un ragazzo locale, la commissione valuterà tutti i ragazzi che avranno fatto questo corso di formazione e 4-5 ragazzi di questi potranno fare uno stage in Italia e fare un corso di perfezionamento presso una scuola di cucina selezionata dalla commissione, questo ci garantirà in futuro il proseguo della cultura italiana.
Fatto ciò la commissione stessa ogni anno rivaluterà i vari ristornati selezionati l'anno prima. Oltre a ciò i consolati avranno il compito attraverso i loro uffici commerciali di negoziare o di agevolare l'ingresso dei prodotti italiani, con l'aiuto del ministero, magari creare una sorta di meeting ad hoc in ogni Paese.
Si crea un evento annuale dove si annunciano i premiati e si crea anche un evento, possiamo utilizzare già alcuni eventi mediatici come quelli della Gvci o Ciao Italia o www.mediterraneans.me per promuovere a livello mondiale la Cucina italiana tradizionale.
Importante che la commissione sia espressione del settore e non di burocrati... lei mi capisce.
Attendo le sue, e rinnovo il mio impegno ad aiutarla, non vado in cerca di fortuna, sono il primo a dire che i soldi vanno spesi bene e fatti fruttare, e l'agroalimentare lo può fare!
Grazie per la sua sincera risposta!
Cordialmente, il suo

Emanuele Esposito


La giornalista Barbara Laurenzi di 'ItaliachiamaItalia”, portale online di approfondimento politico, a seguito delle segnalazioni e dei commenti di Esposito, ha deciso di incontrare Antonio Razzi per rivolgergli alcune domande.

Dunque, onorevole Razzi, avete creato un doppione per farvi pubblicità con i connazionali all'estero?
La mia iniziativa è perfetta, chi crea e alimenta polemiche non ha realmente a cuore la vera qualità italiana. Non si tratta di propaganda che, semmai, appartiene a chi lancia critiche non costruttive. Se qualcuno ha da lamentarsi, si vede che gli è stato toccato qualcosa.

Esposito non è certo una persona che ha bisogno di propaganda ma, al contrario, appartiene al settore della ristorazione e vi muove obiezioni molto pratiche. Ad esempio, il fatto che Ottimo sarebbe un doppione di Ospitalità italiana, del quale non si sentiva il bisogno...
Non è un doppione, perché questo marchio nasce con il preciso intento di proteggere la ristorazione e la produzione made in Italy limitandone la contraffazione, un fenomeno che comporta, all'Italia, una perdita annuale stimata dai sessanta agli ottanta miliardi.

A proposito di soldi, per quale motivo Ottimo non dovrebbe tradursi in un'ulteriore spesa per lo Stato?
Lo ripeto, questo marchio nasce per proteggere ristoratori, produttori, allevatori, agricoltori e tutti gli attori del settore da chi cerca di imitarli in maniera scadente, causando un danno economico a tutto il Paese. Se riuscissimo a far rientrare nelle casse dello Stato almeno trenta di quegli ottanta miliardi di valori contraffatti, sarebbe già un successo. In questo senso è stato pensato il decreto. Non si tratta di un doppione e, anche se lo fosse, non sarebbe un punto a suo svantaggio. In questa lotta più sono le armi, meglio è per la causa.

Ancora Esposito si domanda "come si può pensare di creare un marchio senza una commissione di professionisti?"
Esiste una commissione, ma è in via di formazione. Siamo ai primi passi, abbiamo fatto solo il comunicato stampa e, in questo momento, è inutile lamentarsi. Al testo del decreto devono ancora essere applicate delle rifiniture, attraverso una commissione ad hoc che lavori in sinergia con il ministero dell'Agricoltura. Inoltre, credo che saranno implicate le camere di commercio presenti nelle ambasciate perché anche loro devono vegliare sui nostri ristoratori. Tra le varie iniziative, ho chiesto degli incentivi per chi dimostra di importare prodotti nostrani.

Di che cosa si occuperà la commissione?
Di limitare la contraffazione. Tutto viene contraffatto, come possiamo andare avanti se, su otto prodotti, sette sono falsi? Il made in Italy è sinonimo di qualità al top ed è nostro compito restituire lustro e lavoro a chi porta il nome del Belpaese in giro per il mondo.

I prodotti falsi circolano anche perché i nostri dazi doganali sono irrisori. Tra gli aspetti meno convincenti del decreto, inoltre, spicca l'idea di realizzare uno shop online in collaborazione con BuonItalia, società controllata dal ministero che doveva chiudere ma, successivamente, vide solamente un cambio di poltrone in favore di un ex dirigente Mediaset. Solitamente le collaborazioni lievitano i costi e, nel frattempo, rimane disattesa la richiesta di maggiori tutele doganali...
Questa è cosa che riguarda il ministero dell'Agricoltura. D'accordo con Galan, ci stiamo organizzando per dare incentivi, o economici o doganali. è inutile allarmarsi quando non esiste ancora nulla di definitivo. La cosa importante è che il decreto sia partito, poi si migliora e si impara dai proprio eventuali errori.

Non è sempre meglio evitare 'eventuali errori”?
Certamente, infatti invito il signor Esposito e chi, come lui, vorrà contribuire all'iniziativa a dare consigli costruttivi. Bisogna salvaguardare i nostri produttori che non vendono più salumi, formaggi, olii e vini. Il San Daniele e il Parma vengono contraffatti, noi dobbiamo lottare contro tutto questo, anche con l'ausilio dei protagonisti del settore.

Passando alla politica internazionale, qual è la sua opinione sugli attacchi alla Libia? Erano necessari o evitabili?
Credo che fosse necessaria più diplomazia e meno bombe, questa è la mia opinione sincera. La guerra è un disastro non nessuno vorrebbe mai e, per scongiurarla, bisognava dialogare ancora.

Se nessuno vorrebbe mai una guerra, per quale motivo Francia e America non hanno nascosto un forte atteggiamento interventista?
Non so perché i due paesi si siano comportati così.

Non lo sa o non vuole dire apertamente che l'intervento è dovuto alle risorse della Libia e alla volontà di eliminare Gheddafi dal panorama internazionale?
Non credo che i motivi siano questi, ma non so cosa abbia spinto a questa reazione. è una situazione tremenda e me ne dispiace, sono contrario alla guerra dal punto di vista umano, penso a quelle povere donne e ai bambini. Sono per la pace e spero che tutto si risolva al più presto.

«Sono addolorato per Gheddafi e mi dispiace». Le parole del premier non le sembrano inadatte a una situazione che lei stesso definisce 'tremenda”?
Non condivido mai sterili polemiche. Il senso della frase è riferito alla realtà del paese e non al suo leader. Non posso che essere addolorato se vedo una territorio in guerra.

Ci sono tensioni con la Francia?
No, nessuna tensione. Il nostro presidente è all'avanguardia e sa risolvere questi delicati problemi. Alla sua azione si unisce quella di Frattini, una persona molto diplomatica che riuscirà a tamponare quanto possibile il precipitare degli eventi.

Rientrando nello scenario italiano, come si trova nel gruppo dei Responsabili?
Mi trovo benissimo, la parola responsabilità mi piace e me ne vanto.

Ha fatto parlare molti di sé dopo aver chiesto la scorta...
Non ho chiesto la scorta, sono stato costretto a farmela affidare a causa delle minacce di morte ricevute, delle quali avrei volentieri fatto a meno.

Riceve ancora minacce?
Sì, ma non sono pentito della mia scelta. C'è gente che mi perseguita da quel 14 dicembre, ancora oggi mi minacciano.

Con quali mezzi?
Attraverso la posta elettronica o con delle missive depositate presso la cassetta postale della Camera.

I suoi persecutori non sono molto fantasiosi. Con i metodi che usano, dovrebbe essere facile risalire alla loro identità. Lei non sa chi siano?
No, consegno tutto quello che ricevo alla Questura e poi ci pensano loro. Prima o poi saprò chi sono.


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