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Ristorazione come business aziendale Lettera aperta di Paolo Manfredi

Paolo Manfredi, cuoco del ristorante milanese I Valtellina, nonché membro del Consorzio Cuochi di Lombardia, in una lettera aperta fa alcune riflessioni sulla situazione della ristorazione in italia paragonata a quella di Hong Kong. Quel che serve, secondo Manfredi, è un intervento legislativo

 
11 novembre 2010 | 16:57

Ristorazione come business aziendale Lettera aperta di Paolo Manfredi

Paolo Manfredi, cuoco del ristorante milanese I Valtellina, nonché membro del Consorzio Cuochi di Lombardia, in una lettera aperta fa alcune riflessioni sulla situazione della ristorazione in italia paragonata a quella di Hong Kong. Quel che serve, secondo Manfredi, è un intervento legislativo

11 novembre 2010 | 16:57
 

Paolo ManfrediL'esperienza dei cuochi italiani ad Hong Kong ha aperto una riflessione sulla dimensione aziendale della ristorazione, facendo nascere paragoni tra la situazione italiana e quella nel Paese asiatico. Si tratta si sistemi fiscali radicalmente diversi, e anche di differenti volumi di ricavi. Paolo Manfredi (nella foto qui accanto), chef del ristorante milanese I Valtellina, nonché membro del Consorzio Cuochi e Ristoratori di Lombardia, fa alcune riflessioni in merito, proponendo delle soluzioni per andare incontro a quelle che sono le necessità più impellenti della ristorazione nel nostro Paese.

Pubblichiamo qui di seguito la sua lettera aperta.

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Caro Direttore,
hai fatto molto bene a ricordare nel tuo editoriale quello che anche per me è stato l'elemento più rilevante della nostra avventura di cuochi lombardi a Hong Kong: l'avere scoperto una dimensione aziendale e organizzativa della ristorazione incomparabilmente più grande della nostra senza andare a scapito della qualità. Hong Kong ci ha insegnato che è possibile fare ristorazione di qualità anche con numeri e una pianificazione da azienda vera e non solo da bottega artigiana mai come oggi attaccata alla sopravvivenza.

Si dirà che una capitale mondiale di un Paese in ascesa rende necessariamente ogni attività di servizi più grande e interessante economicamente e Hong Kong ha al massimo livello queste caratteristiche. I numeri della ristorazione, la quantità di persone che quotidianamente mangia fuori, sono incomparabili con i nostri. Le professioni della ristorazione non sono ritenute disdicevoli da chi poi va a lavorare nei call center e rende quello del personale, difficile da reperire e di bassissimo livello qualitativo, il maggiore motivo di mancata crescita delle nostre imprese. Un livello di tassazione bassissimo incoraggia qualunque attività di business.

Ma dire semplicemente "noi non siamo a Hong Kong e nulla si può fare" è un comodo stratagemma per non fare niente e lasciare ancora vincere la pigrizia, l'incultura, l'ignoranza, mentre la crisi economica ci spinge necessariamente a riflessioni e a scelte coraggiose che riguardano il futuro delle nostre aziende, soprattutto di quelle familiari, senza grandi gruppi e ricchezze alle spalle.

Personalmente, ritengo che si debba porre con serietà mente ad alcune proposte che agevolino la crescita di quelle realtà che vogliono strutturarsi seriamente come aziende della ristorazione senza snaturarsi e contemporaneamente si debba pensare come alleviare il peso dell'attività quotidiana a quelle migliaia di aziendine familiari che vogliono solo pagarsi i loro stipendi facendo da seri e onesti artigiani il mestiere che sanno fare e che magari hanno ereditato dai nonni.

Penso dunque, da un lato, a strumenti che facilitino l'associazione di imprese e il loro accesso a servizi e capitali ai quali singolarmente non potrebbero aspirare non avendo il nome e la tradizione de "Le Calandre". Dall'altro, penso a un vero e proprio intervento legislativo, ovviamente sostenuto dalla Fipe, che consenta ai piccoli ristoranti artigiani che con il loro guadagno pagano a malapena gli stipendi di una famiglia e pochi collaboratori di essere riconosciute alla stregua di imprese non profit, beneficiando di sgravi fiscali e contributivi che permettano loro di continuare a vivere e innervare il tessuto delle nostre città di buoni indirizzi dove mangiare.

Sarebbe bello, Direttore, che tu ti facessi parte diligente nel promuovere un momento di riflessione pubblico su questi temi e io sarei ben felice di darti una modesta mano perché penso che siano questi i temi che realmente impattano la nostra attività quotidiana, le cose serie. La discussione degli Antoine Ego sul centesimo di punto la lascio volentieri a chi non ha di meglio da fare e ormai si comporta con la ristorazione come certi stilisti si comportano con le modelle anoressiche. Dicono tanto di preoccuparsene ma poi mandano in passerella le taglie 38 o, nel nostro caso, esaltano modelli eterei e irraggiungibili e promuovono un'estetica paninara senza alcun interesse per il sistema imprenditoriale del quale scrivono e che potrebbe molto presto ritrovarsi sempre più povero e sguarnito, con danno anche per loro.

Un caro saluto,

Paolo Manfredi
Ristorante I Valtellina e Consorzio Cuochi di Lombardia




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