Per ora siamo ancora alle prime sperimentazioni e alla verifica reciproca della collaborazione, ma già fin d'ora si può dire che quello che si sta delineando fra la Coldiretti di Milano-Lodi, alcune università e il Consorzio Cuochi di Lombardia è un rapporto che potrebbe rivoluzionare l'intera filiera dell'agroalimentare italiano. I progetti a cui stanno lavorando insieme agricoltori, ricercatori e ristoratori (dai nuovi incroci di bovini per assicurare carne di migliore qualità alla tracciabilità dei prodotti agricoli) rappresentano un salto di qualità di assoluto livello se si pensa alla separatezza con cui è finora proceduto il rapporto fra il mondo della produzione e quello di chi trasforma e porta in tavola le materie prime.
Non stiamo parlando di marketing o immagine. Di soldi per promuovere un vino o un formaggio in Italia se ne sono già spesi fin troppi. E spesso inutilmente... In gioco stavolta ci sono prodotti reali e interessi concreti per garantire una prospettiva di sviluppo seria a un Paese che per troppo tempo si era dimenticato del valore della tipicità e del territorio. Alcuni professionisti dell'alimentazione stanno lavorando (anche 'sporcandosi le mani”) per raggiungere obiettivi che possano garantire, a un tempo, prospettive interessanti alle loro aziende (produttori o cuochi poco importa) e garanzie di qualità e sicurezza alimentare ai consumatori.
Quello che si sta facendo in Lombardia è talmente innovativo che salta i rigidi steccati con cui la politica e i sindacati sono abituati ad interpretare la complessa realtà dell'agroalimentare. Collaborazioni che fanno cadere la netta divisione, spesso fonte di contrapposizione, fra agricoltori, commercianti, artigiani e industriali. Siamo in presenza di un'evoluzione persino del pur apprezzabile concetto di 'km zero” su cui gli agricoltori hanno deciso di puntare per superare le logiche della globalizzazione: al valore del territorio si aggiungono garanzie e testimonial della qualità. Un conto è comprare una patata al mercatino rionale, un altro trovarla certificata da un centro universitario e portata in tavola in un ristorante.
E a ben guardare la novità di quello che si sperimenta in Lombardia è ancora più grande. Non solo sono i cuochi, gli agricoltori e i ricercatori che parlano finalmente la stessa lingua e si danno obiettivi condivisi. Grazie alla realtà del Consorzio Cuochi di Lombardia il mondo del fuori casa acquista un valore in più. Per la prima volta, oltre alla collaborazione fra ristoratori e produttori, c'è anche quella che si sta attivando all'interno dei diversi mondi di chi lavora le materie prime alimentari e le porta in tavola. I ristoratori lavorano fra loro nel Consorzio senza distinzione fra stellati e cuochi meno famosi. Ad accomunarli c'è l'attenzione alla qualità.
Ma ancor di più è importante sottolineare come all'interno del Consorzio ci siano competenze di professionisti del cibo che non necessariamente sono cuochi, ristoratori o pizzaioli (e quindi commercianti). Sono anche pasticceri, gelatai o panificatori (e quindi artigiani), oppure agricoltori perché gestori di agriturismi. Per la prima volta esiste un organismo (il Consorzio Cuochi di Lombardia) che si pone l'obiettivo di rappresentare il meglio di chi trasforma le materie prime alimentari, e grazie a ciò può dialogare a tutto campo con chi le produce, scegliendo il meglio da proporre e certificare ai consumatori.
Alberto Lupini
alberto.lupini@italiaatavola.net
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I Cuochi di Lombardia sono già una realtà