Oltrepò, Bottiroli: «Scisma? Un duro colpo Bisogna essere un fiume, non mille rivoli»

Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese traballa dopo la “scissione” di una quindicina di aziende, con alla testa Torrevilla, dopo l'elezione del nuovo consiglio. Si è espresso sulla faccenda Emanuele Bottiroli

15 maggio 2018 | 16:55
di Stefano Calvi
«La notizia di un nuovo scisma - ha dichiarato il direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese - è un duro colpo, specie in una fase in cui sembrava ripristinato uno spirito di unità d’intenti per il bene comune. Viviamo certo il momento più doloroso nella storia del Consorzio e del territorio vitivinicolo, dopo i fatti del novembre 2014. Si è comunque votato nell’unico modo in cui si poteva. Le regole che fissano il funzionamento di un consorzio di tutela erga omnes non sono scritte a livello locale».



«Quanto accaduto in Oltrepò - ha proseguito Emanuele Bottiroli - interroga i piani alti del Ministero. Società di persone sono state progressivamente trasformate in società per azioni. Tanto produci, tanto corrispondi per vigilanza e valorizzazione, tanto voti. È un modello imposto che crea una divaricazione profonda laddove siano presenti tipologie di aziende eterogenee o una moltitudine di piccole imprese familiari accanto a grandi realtà produttive».

In merito alle responsabilità di quanto sta accadendo, Bottiroli taglia corto: «La responsabilità che deve starci più a cuore è dare al territorio e ai suoi sforzi, verso qualità e reputazione, un’adeguata visibilità e una rappresentanza che sia un fiume e non mille rivoli. Forse da un problema può nascere l’opportunità di ripartire, nel rispetto delle identità dei vari modelli aziendali in campo. La coabitazione nello stesso condominio, in Oltrepò, si è rivelata impossibile per motivi di litigiosità, di scelte e talvolta di stili diversi. Ci sono percorsi che, evidentemente, procedono su binari paralleli o addirittura in rotta di collisione, diciamocelo, lasciando perdere quel “volemose bene” a parole, un’ipocrisia che poi non si traduce mai in fatti concreti o in mosse condivise».

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Alberto Lupini


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