La cucina italiana è tra le più amate al mondo, ma purtroppo è anche la più imitata e spesso bistrattata. L'
Italian Cuisine World Summit, ideato
ItChefs-Gvci (Gruppo virtuale cuochi italiani all’estero), nasce con l'intento di promuovere la cultura enogastronomica made in Italy a 360° e di diffonderla nel mondo; il successo che sta riscuotendo è la dimostrazione che la cucina italiana è sempre più apprezzata e che il consumatore sta imparando a distinguere la qualità dei prodotti. Grande merito va ai
cuochi italiani all’estero e all’associazione
ItChefs-Gvci, una formidabile rete di diffusione del made in Italy agroalimentare.
«Abbiamo migliorato moltissimo la conoscenza dei prodotti italiani - ha detto
Mario Caramella, presidente e co-fondatore di ItChefs Gvci - abbiamo addirittura rilanciato tantissimi prodotti che nessun pensava di potere esportare. Ad Hong Kong per esempio si trovano più aceti balsamici, prosciutti, e radicchi tardivi autentici che in Italia. In altri paesi come Singapore ci sono invece delle restrizioni, che le istituzioni dovrebbero eliminare; per esempio non si possono importare i salumi e le carni italiane, ed è strano se si pensa che gli spagnoli, i danesi, gli olandesi e gli americani invece esportano carne e salumi».
Le istituzioni devono mettersi al lavoro perché si diffonda l’autentico cibo made in Italy; basti pensare che la conoscenza della cucina italiana è aumentata, che i cuochi italiani sono tra i più ricercati, che i ristoranti italiani sono quelli più alla moda. Un miglioramento negli anni c’è stato, ma lo stesso presidente Caramella ribadisce che le istituzioni potrebbero e dovrebbero fare qualcosa di più.
«Credo che le istituzioni - continua Caramella - debbano appoggiarsi a chi queste cose le sa fare, non a un console o un ambasciatore che hanno altro da fare. Il lavoro di promozione della cucina italiana va lasciato ai cuochi. Io per esempio sono in Asia da 25 anni e nel mio ristorante cucino come se fossi a Milano, non cambio niente».
Mario Caramella
Pensando alla valorizzazione della cucina italiana nel mondo il ruolo di Itchefs-Gvci è stato fondamentale e lo è tuttora. Eventi di cui l’associazione è ideatrice, come il summit di Dubai, e l’Idic
International Day of Italian Cuisines, sono dei chiari esempi dell’impegno nel promuovere e tutelare la vera enogastronomia made in Italy. Dopo il summit 2016, a gennaio 2017 sarà la volta della Giornata mondiale della cucina italiana, un’occasione per celebrare un piatto della tradizione tricolore e per diffonderne la vera ricetta.
«Ogni anno, in occasione dell'Idic, noi di ItChefs-Gvci prendiamo un piatto che solitamente viene rovinato all'estero - ha spiegato il presidente Caramella - come la Carbonara o l’Ossobuco alla milanese, la Cotoletta alla milanese, il Tiramisù, e diamo le nostre ricette. In quel giorno tutti i nostri associati propongono nel loro ristorante il piatto prescelto, per fare conoscere a tutti le ricette autentiche, e anche per dare la forza ai cuochi italiani di potere dire che per esempio la Carbonara non si fa con la panna».

«Quest'anno abbiamo scelto forse il piatto più bistrattato all'estero che è la pizza. Qui a Dubai abbiamo affrontato il tema della
pizza napoletana autentica, dell'impasto autentico, tutte cose che vengono ignorate a priori all'estero. Io per esempio nel 1991 ero ad Hong Kong, lavoravo per un ristorante italiano, e lì credevano che essendo italiano avrei saputo fare la vera pizza made in Italy, ma da noi il ruolo del pizzaiolo e quello del cuoco sono distinti. All'estero succede questo perché quando si pensa alla cucina italiana si pensa anche alla pizza. Mi sono dovuto adattare, mi sono informato, ho contattato vari pizzaioli e ci riuscii abbastanza bene. Non la tagliavo, la mandavo in sala come si fa in Italia, e a volte è tornata indietro con la richiesta da parte del cliente di tagliarla, ma io la ripotavo in sala spiegando che la vera pizza italiana si serviva così».
«Ho anche scritto dei consigli per i cuochi italiani all'estero - ha concluso Caramella - come non fare la pizza con l'ananas, non tagliare la pizza, non servire il cappuccino alla fine o durante il pasto, non mettere la Ceasar salad in menu perché non appartiene alla cucina italiana. Sono piccole cose che però fanno la differenza e distinguono un ristorante italiano da un altro che di italiano non ha nulla».