PizzaUp, il simposio tecnico sulla pizza italiana organizzato ogni anno dall'Università della Pizza nell’antico
Molino Quaglia, ha scelto Dubai come scenario della sua decima edizione. Per la prima volta l'evento, ideato da
Piero Gabrieli e
Chiara Quaglia - rispettivamente direttore marketing e amministratore delegato di Molino Quaglia - si è svolto all'estero, in collaborazione con l'
Italian Cuisine World Summit, promosso da
ItChefs-Gvci, che ha sposato con entusiasmo l’iniziativa. È stato proprio il presidente di ItChefs-Gvci, Mario Caramella, ad annunciare che il tema della prossima
Giornata mondiale della cucina italiana (17 gennaio 2017) sarà proprio la pizza. Un modo per rimarcare come la pizza sia il piatto più diffuso al mondo, che se ben caratterizzato può guidare l'immagine della cucina italiana.
Dopo avere affrontato negli anni argomenti come il lievito madre vivo, l'incontro della pizza con l'alta cucina, le farine, gli impasti, gli aspetti nutrizionali, senza dimenticare il
Manifesto della pizza nel 2012, quest'anno a Dubai si è discusso del futuro della pizza italiana. Per rispondere a questo interrogativo si sono confrontati pizzaioli da varie parti d’Italia e del mondo, tra questi: Renato Bosco, Corrado Scaglione, Giovanni Marchetto, Gennaro Nasti, Massimo Giovannini, Antonio Pappalardo, Simone Padoan, Giulia Miatto, Tony Nicolini, Domenico Crolla, Fortunato Ostacolo, molti altri. Oltre ai pizzaioli, hanno preso parte ai dibattiti grandi cuochi come Maurizio Serva, Enrico Bartolini, Simone Fracassi, Walter Potenza e Nicola Cavallaro, fra i primi cuochi a introdurre la pizza nel suo menu. A coordinare i dibattiti Piero Gabrieli, Paolo Marchi, ideatore di Identità Golose, e Francesca Barberini, conduttrice e autrice di programmi enogastronomici.
Dal simposio è emerso che la qualità dell’impasto e del lievito è la base per valorizzare al meglio della pizza italiana nel mondo, un piatto imitato e stravolto in tutto il mondo. La farcitura della pizza è altrettanto importante, ma viene valorizzata al meglio solo se il “cuore” della pizza è eccellente.
«Il nostro lavoro in questi 10 anni, e PizzaUp è stato l'evento annuale nel quale abbiamo trattato l'argomento, ha cercato di rivalutare la parte bassa della pizza, quindi la base - ha detto Piero Gabrieli - spesso considerata un elemento insapore perché le farine che negli ultimi 50 anni storicamente sono state utilizzate sono farine povere di elementi di gusto. Ma oltre a questo, povere di fibre, di elementi esterni del chicco, che sono quelli che oggi in un contesto contemporaneo hanno la capacità di trasformare la pizza in un piatto dando anche leggerezza».
«L'utilizzo della vecchia macina in pietra - ha aggiunto Gabrieli - ci ha permesso, dal punto di vista tecnologico, di sostituire una farina che ha soltanto la parte bianca del chicco un prodotto che è il risultato della spremitura del chicco, per cui nello stesso granellino microscopico abbiamo un po' di germe di grano, un po' di crusca, in un tutt'uno. Ma io credo che ciò che ha colpito i pizzaioli che hanno sposato questa strada sia stato il fatto di rivalutare il prodotto pizza partendo dall'ingrediente più povero che è la farina. È inevitabile: se io sono disposto a mettermi in gioco per lavorare una farina più complessa, più completa, e a spendere qualche centesimo in più per comprarla, inevitabilmente devo migliorare anche tutti gli altri ingredienti».
Piero Gabrieli e Chiara Quaglia
Sull'importanza di prodotti freschi e ben preparati oltre alla qualità della base si è soffermata anche Chiara Quaglia, che durante il suo intervento ha voluto rimarcare come queste caratteristiche permettano di superare la dicotomia tra
pizza napoletana o margherita e il resto delle pizze, magari più elaborate, cosiddette
gourmet. L’amministratore delegato di Molino Quaglia, Chiara Quaglia, ha ricordato il Manifesto della Pizza del 2012, che racchiude i requisiti di una pizza autentica intesa come piatto sano e gustoso oltre che porta di ingresso per tutte le tasche alla buona cucina italiana. Concentrarsi su una base di qualità, permette di differenziare la vera pizza made in Italy da tutte quelle che hanno ben poco a che fare con quella originale. Basti pensare che in molti casi la pizza viene prodotta con materie prime non italiani, a partire dalle farine.
Se il simbolo della pizza italiana è la classica “Margherita”, i professionisti del settore oggi si stanno aprendo a nuovi interessanti scenari, a partire dalla sperimentazione sui sapori e gli abbinamenti; la condizione irrinunciabile resta in ogni caso la qualità e l’origine della materia prima, nel rispetto della stagionalità, del territorio e dell’equilibrio. L’obiettivo è dare un’idea dello stile italiano, della cultura gastronomica del Belpaese, che si basa sulla
Dieta mediterranea.
«Da non trascurare il fatto che la qualità farina - ha dichiarato Gabrieli - permette di risanare quell'apparente paradosso per cui nella Dieta mediterranea i carboidrati sono molto importanti al punto da essere 3 razioni giornaliere tutti i giorni dell'anno, e dall'altra parte un mondo medico che ci spinge a non mangiare carboidrati perché contengono troppi zuccheri. Il problema è che all'epoca dello studio della Dieta mediterranea i cereali erano integrali, non erano raffinati, quindi all'interno di quei carboidrati c'erano anche le fibre che sono responsabili di una digestione più lenta, più semplice, che non genera gas, non ci gonfia lo stomaco e non ci fa venire sete. E la percentuale di zucchero era inferiore perché se a un chilo di farina io tolgo l'amido e aggiungo un 25% di crusca ho automaticamente meno zucchero, quindi non è una magia, ma semplicemente una composizione diversa che però rispecchia la composizione del chicco di grano».
«Condivido il pensiero di quanti affermano che forse la chiave di volta di tutto è parlare di Dieta mediterranea. Il che significa dare contemporaneità alla pizza tenendo nella giusta considerazione le esigenze di noi consumatori di mangiare bene e stare bene, adeguando i gusti della tradizione a un confezionamento del prodotto più attuale. Credo che la strada da percorrere sia questa».
«Negli ultimi anni - ha concluso Piero Gabrieli - abbiamo messo a disposizione un team di esperti che si occupano di tecnica e di tecnologia e un luogo nel quale incontrarsi, utilizzare delle attrezzature e fare delle sperimentazioni. Poi ognuno in casa propria è libero di fare quello che vuole».