Export italiano troppo debole Si deve puntare su turismo e formazione
Mentre la Francia enologica si afferma oltreoceano, le eccellenze italiane faticano a trovare iniziative di promozione vera all’estero. Il turismo è un fattore da non trascurare; va rafforzato anche con #laureaccoglienza
09 ottobre 2017 | 15:55
di Alberto Lupini
Questa situazione non vale peraltro solo per gli States, ma è comune in tutto il mondo, con l’aggravante che ci sono aree dove abbiamo anche grandi problemi a commercializzare. E in aggiunta va detto che basso valore di vendita, limitati esuberi di produzione per conquistare nuove fette di mercato e scarsa struttura di supporto commerciale non valgono solo per il vino, ma in genere per tutto il food italiano.
Su queste basi il progetto annunciato al Vinitaly del 2016 dall’allora Presidente del Consiglio Renzi e dal Ministro Martina di portare da 37 a 50 miliardi l’esportazione agroalimentare italiana entro il 2020, è assai improbabile possa essere realizzato. Era un impegno ambizioso, a cui non ha fatto però seguito la capacità di fare davvero sistema fra istituzioni e imprese. Ma di una Sopexa (l’agenzia che promuove i prodotti francesi) made in Italy non se ne è vista mai nemmeno l’ombra... E nemmeno l’accordo con Alibaba per vendere online in Cina dà grossi risultati. A parte gli scandali sulle forniture tarocche, ci sono problemi logistici per le merci e offerte troppo limitate nei quantitativi per operazioni di promozione che possono essere esauriti in poche ore.
Per non parlare di politiche incapaci di valorizzare l’immagine della Cucina italiana che se regge e traina i nostri prodotti è solo grazie ai tantissimi cuochi italiani che lavorano nel mondo, ma a cui lo Stato italiano non assicura tutela e promozione. O meglio, qualcuno si era illuso che bastasse definire Ambasciatori alcuni dei più noti cuochi italiani (conosciuti in verità in Italia ma non in giro per il mondo), finanziandone qualche cena all’estero, per spingere il nostro export. È un po’ lo stesso errore fatto in occasione di Expo, e il risultato è che l’agroalimentare italiano nei grandi numeri non decolla. Il tutto senza considerare il problema dell’Italian sounding, con i taroccamenti e le imitazioni che colpiscono i nostri prodotti autentici.
Per fortuna in questi mesi abbiamo il turismo che tira e la possibilità di vendere direttamente in Italia vini, olio o formaggi che poi saranno consumati all’estero. E lo si può fare a prezzi più convenienti per le imprese. Rafforziamo quindi quest’area e più in generale ristoranti e hotel che sono i veri portabandiera del nostro stile di vita e dei valori della nostra tavola. Anche per questo è fondamentale rafforzare tutto il sistema formativo e puntare a #laureaccoglienza.
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Alberto Lupini