Ma perché un Ministero della Repubblica, invece di favorire l’unità e lo spirito di squadra, benedice ed incoraggia l’ennesimo club privato di cuochi e supporter? Forse che non ci sono abbastanza associazioni e sigle in Italia che vogliono rappresentare e promuovere al meglio la nostra Cucina? E che senso ha immaginare una settimana di promozione della Cucina italiana nel mondo senza coinvolgere i cuochi italiani che lavorano all’estero? Queste alcune delle domande che non pochi professionisti ci hanno posto in questi giorni, dopo l’annuncio della nascita dell’associazione italiana
Ambasciatori del gusto, promossa da
Paolo Marchi (il patron di Identità Golose).
foto: Ansa
Con la sincera speranza che questa inedita squadra di cuochi e critici enogastronomici, che hanno peraltro poco in comune fra loro, possa fare finalmente qualcosa di buono per questo comparto, non possiamo non segnalare come purtroppo l’iniziativa non sia stata presa molto bene da diversi colleghi. Nessuno può certo discutere della qualità dei professionisti coinvolti, fra i più bravi in assoluto e coi quali personalmente abbiano rapporti di amicizia e stima consolidati. È il
ruolo del Ministero che non si capisce.
La questione è che non sempre la somma di tante eccellenze garantisce un risultato certo per tutta la categoria. Un dato per tutti: anche se viene sbandierata come una novità assoluta, questa non è certo la prima associazione che si prefigge l’obiettivo di “fare sistema”. Forse al ministero delle Politiche agricole non sono bene informati sulle realtà che da tempo si pongono questo traguardo, in Italia come all’estero. A partire da Fic e Apci in Italia, fino a Itchefs-Gvci e Cim nel mondo.
La vera novità è che il Governo italiano sembrerebbe avere deciso di scendere in campo con decisione per valorizzare la ristorazione. E questo sarebbe davvero importante, per tutti. Resta però un mistero sul perché abbia deciso di farlo puntando su un neonato club privato, viziato all’origine (come ha acutamente scritto
Valerio Visintin) dalla commistione con gli interessi privati (legittimi) di Paolo Marchi e della sua Identità Golose.
Certo sottolineando questo aspetto ci giochiamo la possibilità di essere chiamati domani fra i soci benemeriti di questa associazione, ma per onestà intellettuale preferiamo sottolineare i limiti (purtroppo) di quella che potrebbe risultare l’ennesima occasione mancata. Il problema è che si parte con lo scopo dichiarato di selezionare (si accede per cooptazione), e quindi dividere, invece che aggregare sul serio. Francamente se non ci fosse di mezzo il Ministero non ci interesserebbe molto di una nuova associazione in cui sono presenti professionisti già iscritti a tante altre associazioni (da Euro-Toques a Le Soste, dai Jre a Chic, che hanno già le loro strategie). Quel che lascia perplessi è il tentativo di fare passare questo club (magari con la complicità inconsapevole di qualche dirigente del Ministero) come l’
unica realtà che dovrebbe rappresentare la Cucina italiana. Così come avviene ad esempio in Francia o in Spagna. Con la differenza che da noi non c’è un ruolo attivo delle istituzioni, che vanno a rimorchio di un privato, per tenere tutti insieme.
Se poi trovassero conferma le voci di possibili finanziamenti pubblici a sostegno dei progetti di questo club privato, si potrebbero capire le reazioni non proprio diplomatiche delle associazioni professionali e dei sindacati che rappresentano sul campo le berette bianche italiane.
Rispettando la libertà di chiunque di associarsi con chi vuole, crediamo sia doveroso richiamare il Governo alla necessità di tenere conto di quale sia realmente la situazione della Cucina italiana e di chi vi lavora, facendo uno sforzo per coinvolgere tutte le realtà rappresentative per fare davvero squadra. Con tutto il rispetto, Identità Golose ha già goduto di
aiuti giudicati eccessivi in occasione dell’Expo, continuare su questa strada significa forse fare una scelta di campo che aprirebbe polemiche infinite. Tanto più che pochi grandi nomi non riescono da soli a fare squadra. Pensiamo ai Cavalieri della cucina varati sempre col sostegno di Marchi pochi anni fa...
Un’operazione di coinvolgimento reale di tutti è invece particolarmente importante se davvero si vuole dare valore alla nostra enogastronomia e non mettere in piedi uno dei tanti inutili carrozzoni che in Italia fanno ingrassare qualcuno. L’occasione vera per capire cosa vuole fare il Governo sarà offerta dalla ormai imminente
settimana della Cucina italiana nel mondo a novembre. Davvero è pensabile che solo gli Ambasciatori del gusto che lavorano in Italia (nome peraltro già utilizzato in varie parti d’Italia, non ultimo a Milano il progetto a cura dell’Associazione Maestro Martino) siano gli unici campioni a cui affidarsi? Salvo rare eccezioni, non sono conosciuti all’estero. Per dare più valore alla Cucina italiana bisognerebbe coinvolgere chi la rappresenta davvero nel mondo. Senza togliere meriti a nessuno, anzi, va detto che pochissimi di questi “ambasciatori” potrebbero ad esempio eguagliare per notorietà Lidia Bastianich o Gino Angelini negli Usa, Umberto Bombana a Hong Kong, Mario Gamba in Germania, Donato De Santis in Brasile o Luca Fantin a Tokyo. Solo per citare qualche professionista che è realmente ambasciatore della nostra cultura. Serve meno lobby o casta e più squadra vera. Ma siamo ottimisti e contiamo che ci si possa arrivare, magari con qualche intervento del Ministro Maurizio Martina, del cui buon senso ci fidiamo.