Sul tema della professionalità nei ristoranti, e più in generale negli esercizi pubblici, finalmente qualcosa si muove. E si muove ai livelli giusti. Dopo anni di lassismo e liberalizzazioni demagogiche (di cui paghiamo il prezzo con forsennati turnover di gestioni che a volte sono in odore di criminalità), i più autorevoli, e rappresentativi, esponenti del settore stanno affrontando il problema dell’
accesso alla professione.
Dopo che da sempre richiamiamo l’attenzione su requisiti come
formazione, rigore e garanzie (senza i quali parlare di qualità è solo demagogia), dai consensi a mezza voce siamo passati a prese di posizioni e proposte concrete. Il che, per un comparto che negli ultimi tempi sembrava un po’ in crisi di rappresentanza, non è poco.
Un esempio di come si stia creando un consenso ampio e produttivo su questi temi ci era stato offerto dal recente
confronto organizzato da Italia a Tavola e da Euro-Toques sul tema “Dopo la crisi e dopo l’Expo, la ristorazione come valore sociale”, da cui era emersa una convergenza sostanziale sulla necessità, ad esempio, di certificazione della professione di cuoco e sulla necessità di rivalutare il ruolo degli
addetti alla sala. Occorre dare risposte precise al dilagare dell’improvvisazione, da un lato, e della perdita di ruolo dall’altra.
E che a concordare sulla necessità di interventi siano il presidente della Fic (i cuochi) da un lato e quello della Fipe (i ristoratori), dall’altro, non è certo banale ne era scontato che potesse succedere fino a qualche tempo fa. Rocco Pozzulo per conto dei cuochi è impegnato nella definizione di un iter parlamentare che porti al
riconoscimento della professione di cuoco (a partire dall’iter formativo), mentre Lino Stoppani, anche per gli interessi che rappresenta, è intenzionato a trovare meccanismi che
evitino l’improvvisazione e garantiscano le aziende nei confronti del consumatore. Pensiamo solo agli
aspetti di conoscenza oggi obbligatori in campo igienico sanitario che impongono di avere un qualche controllo (veri e propri filtri di verifica dei requisiti minimi) per l’avvio di nuove attività di somministrazione di cibo e bevande.
In proposito rinviamo al
contributo di Lino Stoppani che abbiano pubblicato nei giorni scorsi e che ben attesta dell’attenzione della sua federazione su questo tema. Il ridefinire l’accesso alla professione di cuoco, ruoli e competenze in un ristorante, è fra l’altro l’occasione per mettere mano, concretamente, anche all’auspicabile
valorizzazione di chi lavora in sala, così da arricchire di professionalità ed esperienze le aziende che costituiscono la rete diffusa su cui si poggia lo stile italiano di vita e che tanto contribuisce al successo del made in Italy nel mondo. E non a caso anche i sommelier coi direttori di sala stanno lavorando per definire meglio la loro professione. È tempo che anche per questo
si faccia davvero squadra.