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In Malesia meno povertà e più lavoro grazie all’olio di palma

Mentre in Italia proseguono le polemiche sull’olio di palma nell’industria alimentare con Paolo Barilla (Aidepi) che parla di “populismo” e “isteria” collettiva, uno studio evidenzia i vantaggi per i Paesi produttori. La coltivazione della palma da olio garantisce occupazione e reddito in diversi Paesi in via di sviluppo

 
21 ottobre 2015 | 15:23

In Malesia meno povertà e più lavoro grazie all’olio di palma

Mentre in Italia proseguono le polemiche sull’olio di palma nell’industria alimentare con Paolo Barilla (Aidepi) che parla di “populismo” e “isteria” collettiva, uno studio evidenzia i vantaggi per i Paesi produttori. La coltivazione della palma da olio garantisce occupazione e reddito in diversi Paesi in via di sviluppo

21 ottobre 2015 | 15:23
 

Il 40% delle piantagioni di palma da olio in Malesia sono di proprietà o gestite da piccoli agricoltori, usciti così dalla condizione di povertà delle comunità rurali. L’olio di palma ha infatti ricoperto un ruolo fondamentale per la riduzione della povertà: oggi si è raggiunto un tasso inferiore al 5%, contro il 50% del 1960. Secondo i dati del French international research center for agricultural development (Cirad), contrariamente a quanto si pensa comunemente, la coltivazione della palma da olio è per lo più in mano ai piccoli agricoltori, a cui è imputabile circa il 60% di tutta la produzione mondiale.



La Fao ha riconosciuto che la motivazione dell’importate sviluppo dell’industria di palma da olio nei Paesi tropicali risiede nella sua elevata produttività: la coltura della palma da olio è di fatto la coltura di olio vegetale più efficiente al mondo, in quanto genera molto più olio per ettaro (in rendimento tra le 7 e le 10 volte maggiore) rispetto agli altri oli vegetali.

La coltivazione della palma da olio garantisce occupazione e reddito in diversi Paesi in via di sviluppo. Nella fattispecie, in Malesia i piccoli agricoltori che vivono grazie alla coltivazione della palma da olio sono 300mila, mentre in Indonesia ammontano a oltre 1,5 milioni. Anche in Africa è molto elevato il numero di piccoli agricoltori che vivono della coltivazione di palme da olio. Ad esempio, in Costa d’Avorio la produzione di olio di palma è la principale fonte di sussistenza per 2 milioni di persone, ossia il 10% della popolazione totale, tra questi vi sono circa 35mila piccoli agricoltori.

Impatto dell’olio di palma sull’economia italiana
Secondo gli analisti economici dell’istituto di consulenza inglese Europe Economics, l’olio di palma contribuisce in modo sostanziale all’economia italiana: le sue importazioni generano oltre 14mila posti di lavoro; inoltre sono imputabili a quest’olio vegetale 500 milioni di euro di entrate fiscali e 1 miliardo di euro del Pil italiano.

Barilla: Per l'industria non ci sono valide alternative
In questo contesto si inserisce l’intervento di pochi giorni fa alla Camera dei Deputati di Paolo Barilla (nella foto), vicepresidente del Gruppo Barilla e presidente di Aidepi, l'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane che di recente ha promosso una campagna pubblicitaria sulla stampa nazionale, per evidenziare l'origine naturale dell’olio di palma e l'assenza di effetti dannosi per la salute del consumatore.

Paolo Barilla

Nonostante le pressioni dell’opinione pubblica e la campagna mediatica portata avanti principalmente da Il Fatto Alimentare, Coldiretti, Movimento 5 Stelle, e anche Italia a Tavola che, ricordiamo, ha aderito alla petizione contro l’olio di palma, Barilla è stato molto chiaro nel definire la posizione dell’industria alimentare, che al momento non ha a disposizione un valido sostituto dell’olio di palma e pertanto continuerà ad utilizzarlo come ingrediente.

«Quello che è emerso - ha affermato Paolo Barilla - è che l’olio di palma è un ottimo elemento che può far parte del gusto, della salute, della nutrizione e della sostenibilità. Cosa possiamo utilizzare di meglio? Se ci fosse la risposta e qualcuno ce la indicasse, l’industria, che è molto flessibile perché coglie le sfide del suo tempo, progetterebbe un sistema diverso».

«Probabilmente - ha proseguito il presidente di Aidepi - oggi noi ci troviamo in Italia a dover fare, per ragioni sbagliate, una cosa sbagliata, perché ci sarà una reazione dell’industria che per populismo italiano leverà l’olio di palma facendo la cosa sbagliata, in maniera consapevole ma per rispondere a quella che è un’isteria di paese. Il movimento è già in atto, per cui siamo cascati come dei polli in un tranello mediatico internazionale. I Paesi che l’hanno scatenato non se ne occupano più, non è più rilevante».

Il dibattito rimane aperto
Permane ancora il disaccordo tra opinione pubblica e industria alimentare sulla bontà e sulla sostenibilità dell’olio di palma. Va ricordato che si tratta di un grasso largamente utilizzato e solo in pochissimi casi indicato come tale in etichetta, dove spesso si legge la dicitura generica “oli vegetali”. E se da un lato è stato dimostrato scientificamente come un consumo eccessivo possa aumentare il rischio di danni cardiovascolari (tanto più se si pensa che l’olio utilizzato nei dolci e nei prodotti da forno spesso viene estratto dal frutto con solventi, decolorato, deodorato e deacidificato), dall’altro occorre considerare anche il danno ambientale oggettivo causato dalla coltivazione della palma da olio (molte foreste subiscono danni notevoli per lasciare spazio alle piantagioni).

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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