I sequestri nel mondo del cibo passano spesso sotto silenzio dei più. Anche perché in Italia, pur in flagranza di reato, i truffatori restano coperti dall’anonimato fino a sentenza (quando ci arrivano). Salvo che non siano nomi noti, nel qual caso le fughe di notizie e le indiscrezioni si moltiplicano. Eppure non si può passare sotto silenzio il caso recente di
due ristoranti romani denunciati per frode in commercio per avere falsamente indicato nel menu come Parmigiano Reggiano, Mozzarella di bufala campana e Gorgonzola (tre Dop) altri formaggi, fra cui un erborinato tedesco. E che dire delle analoghe denunce per due caseifici campani, che aggiungevano zucchero per fare la mozzarella di bufala “Dop”, e per due commercianti siciliani che indicavano come “di Bronte Dop” pistacchi di altra provenienza?
Di
truffe più importanti legate agli alimenti se ne fanno molte in Italia, ma questi ennesimi episodi segnalati dai
Carabinieri del gruppo per la tutela agroalimentare dovrebbero aprire gli occhi, soprattutto ai politici, riguardo alla diffusione di pratiche scorrette a un po’ tutti i livelli. Si tratta di situazioni che non devono essere generalizzate. Per fortuna la stragrande maggioranza dei ristoratori, dei produttori e dei commercianti sono onesti. Ma certo una riflessione va fatta.
Parmigiano, mozzarella e gorgonzola sono 3 prodotti simbolo della nostra produzione lattiero-casearia e sono anche i più taroccati in giro per il mondo. Ma se in Italia non alziamo la guardia per evitare queste truffe, non potremo certo pensare di combattere l’Italian sounding a livello internazionale. E questo anche perché i truffati sono tanti. È il caso dei ristoratori onesti, che magari dedicano tempo e risorse per cercare e valorizzare prodotti tipici autentici, che costano certamente di più dei tarocchi spacciati per Dop dai due “colleghi” romani. Ci sono poi i produttori di Dop che subiscono la concorrenza di prodotti “simili” ma che non sono garantiti da nulla. E infine i consumatori, che si trovano nel piatto formaggi finti, pagandoli come autentici e rischiando magari qualche intossicazione (se va bene).
Di casi simili ce ne sono quasi tutti i giorni. Abbiamo ricordato nei giorni scorsi gli
agnelli venduti come “italiani” pur essendo per la gran parte di provenienza estera. Ora è però tempo di dire basta.
È assolutamente ridicolo che in Italia si possa ancora considerare in negativo l’utilizzo di
alimenti surgelati (che danno
garanzie di
conservazione e tracciabilità), mentre le frodi in commercio alla fine si esauriscono solo in qualche sanzione. Ne va dell’immagine del sistema Paese, della possibilità di dare più valore alla filiera agroalimentare e di fare sviluppare un turismo sempre più attento all’enogastronomia.
In un Paese che sembra incantato da un tema come quello della legittima difesa, dobbiamo pensare a “difendere” sul serio le nostre produzioni, le nostre professionalità e la nostra salute. Da tempo Italia a Tavola chiede un inasprimento delle pene per i crimini commessi col cibo ai danni della nostra salute e delle nostre imprese oneste. I ristoratori che decidono consapevolmente di spacciare in menu prodotti falsi non devono più poter gestire un esercizio pubblico. Le aziende che taroccano vanno chiuse e ciò vale anche per i commercianti che truffano. Dobbiamo alzare il livello di guardia e della repressione. L’Italia deve rafforzare la posizione di miglior produttore alimentare al mondo e la ristorazione deve esserne la prima linea. Chi imbroglia chiude e deve uscire dal giro. E, da subito, andrebbe fatta una riforma per cui le denunce per frode alimentare devono essere accompagnate dal nome dell’azienda che le ha commesse. Ne va del buon nome di tutti gli altri protagonisti del comparto.