Dopo il
boom delle presenze a Natale e Capodanno, anche per il
ponte dell’Epifania per il turismo si preannuncia un raddoppio delle presenze. Sembrerebbe che l’Italia stia davvero ripartendo e i primi segnali si colgono anche negli hotel e nei ristoranti. Il pessimismo, almeno in questi giorni, sembra cedere il passo a un po’ più di serenità. Molti cassetti a fine mese resteranno magari vuoti, ma la gente comincia di nuovo a spendere e, smog o Isis permettendo, si guarda al futuro con qualche preoccupazione in meno.
Se questa tendenza si confermerà è fondamentale che la ristorazione sappia cogliere fino in fondo il
cambio di clima e si attrezzi per recuperare il terreno perduto
in questi anni di crisi. La parola d’ordine, può sembrare scontata ma non è banale ripeterla, non può che essere “
Qualità”. Da anni non c’è convegno, meeting o spettacolo televisivo in cui non si celebri la qualità, salvo cedere spesso il passo al marketing, all’immagine e, in non pochi casi, a qualche imbroglio.
Per garantire una Qualità vera si deve dare valore e identità alla Cucina. In questa logica è assolutamente strategico rendere reali impegni come la territorialità (con la conseguente scelta di materie prime e prodotti corretti),
la tradizione e la cultura. E qui la strada non può che essere una sola: tracciabilità e
indicazione precisa di cosa si utilizza. Ogni menu dovrebbe essere davvero la carta d’identità di un locale. Se in un piatto si cita la Cipolla di Tropea, di questo ortaggio si deve trattare. E non di un cugino più o meno vicino. E indicare chi la fornisce non è un di più, ma una garanzia che viene offerta al consumatore. Precisare ogni componente del piatto è fra l’altro indispensabile per evitare incomprensioni o rischi a fronte del dilagare di
intolleranze ed allergie alimentari.
Ma la Qualità non è appannaggio solo della Cucina. Il successo o meno di un locale spesso lo si gioca anche, o soprattutto,
in Sala. Il servizio di accoglienza e quello ai tavoli, dopo anni di sottovalutazione, devono recuperare ruolo e status. Il maitre, il sommelier e il cameriere sono figure professionali su cui si deve investire almeno come si fa per i cuochi.
L’alternativa è quella di lasciare spazio ai fast food o alla Cucina virtuale degli show televisivi. Col rischio di perdere un valore sociale assoluto, e per molti versi unico, come quello rappresentato dai ristoranti (e dai bar), veri pilastri dello stile italiano di vita. I fornelli, i banconi o la tavola sono elementi cardine della nostra convivialità e sono i terminali di importanti comparti economici (dall’agricoltura all’artigianato, dall’innovazione tecnologica al design). Ma a perdere non sarebbero solo gli
esercizi pubblici italiani, bensì la qualità della nostra vita e l’italian style amato in tutto il mondo.