“Il governo strozza chi lavora: negozi chiusi nei giorni festivi?”. Questo è il titolo con cui “Il Giornale” illustra lunedì 27 luglio un provvedimento proposto dal Pd e dal M5S che azzera alcune delle liberalizzazioni volute da Bersani. L’articolo affronta, supportato da un'intervista a Mario Resca, presidente di Confimpresa, un tema attuale di cui persino il Papa ha parlato, rammentando come la domenica era ed è la giornata della famiglia, ovvero del non lavoro. Un problema he ormai divide sindacati, aziende, imprenditori e dipendenti.
Fino a qualche tempo fa, le aperture domenicali e festive della Gdo, erano competenza di norme regionali e comunali. In realtà i permessi di apertura erano una specie di equilibrio tra i diversi attori di un territorio, che spesso li ottenevano dal comune che a sua volta lo otteneva dalla regione. Dunque inizialmente si cercava di accontentare uno alla volta a seconda della domenica, poi si è arrivato alle liberalizzazioni di Bersani che di fatto hanno reso le aperture festive una norma libera per tutti. Oggi leggendo l’iniziativa parlamentare si vorrebbe abolire la liberalizzazione degli orari, limitare a 12 chiusure festive più altre 6 deroghe in accordo con il comune competente. Inspiegabilmente queste leggi varrebbero per alcune categorie merceologiche, tipo abbigliamento, calzature, gioiellerie, articoli casa. Ma per quanto riguarda la telefonia o la somministrazione di cibi e bevande, il quadro legislativo non è chiaro: non si capisce se le varie corsie dei supermercati saranno aperte o chiuse in base al tipo di merce!
E infatti è proprio su questo aspetto su cui vorremmo intervenire. In realtà la ristorazione e il sistema dei pubblici esercizi non ha guadagnato nulla dalle aperture domenicali e festive della Gdo e dei centri commerciali, anzi! Questi ultimi sono divenuti le nuove piazze, dove incontrarsi, fare passeggiate, con il vantaggio di poter fare la spesa a tutte le ore, con il vantaggio dell’ aria condizionata e dei parcheggi gratis, con il vantaggio inoltre di “mangiare” come e quanto si desidera, spesso anche di trascorrere l’intera serata usufruendo dei molti cinema all’interno delle strutture. Quindi si va a fare spesa, si fanno compere nei corridoi dei mall, si mangia una pizza, un panino, o dal giappo/cinese, e poi se vuoi vai al cinema, si trascorre tutta la giornata o comunque la serata. Non solo: in molti casi (tipo Ikea), ci sono spazi per far accudire i bimbi con giochi e simili.
Chi entra nel centro commerciale in realtà ci trascorre molto tempo, sottraendolo alla vita commerciale dei paesi e delle città in cui lo stesso è inserito e confinante. Il centro commerciale è di fatto un elemento di cui il territorio non ha nessun vantaggio. E se si pensa alle migliaia di addetti che sono occupati nei giorni festivi, è facile immaginare quanto lavoro e possibilità di spesa è sottratto al commercio di vicinato. Qualcuno, afferma che il provvedimento parlamentare metterebbe a rischio, migliaia di posti di lavoro, un calo di fatturato delle imprese, un calo del reddito degli addetti, un calo della qualità del servizio al consumatore. Probabilmente nulla di questo è vero; non risulta infatti che ci sia un aumento di fatturato significativo della Gdo, grazie alle non chiusure, non è che chi fa la spesa la domenica ci va anche il lunedi o il sabato, o spende di più perché la domenica ha piu soldi in tasca! Il potere d’acquisto è sempre lo spesso e viene spalmato su più giorni, questa è la realtà.
Ci risulta una diversa organizzazione del lavoro e degli orari dei dipendenti durante i giorni festivi, basti infatti osservare quante casse sono aperte la domenica. E anche il continuo turn over delle gestioni e dei marchi dei negozi all’interno dei corridoi del mall, conferma che qualche difficoltà la vivano anche chi opera all’interno dei centri commerciali, e nemmeno il settore della ristorazione/bar vive di buoni incassi, che gli straordinari festivi del personale siano pagati è poi tutto da dimostrare, probabilmente prassi normale per gli addetti delle grandi aziende ma dei piccoli negozi qualche dubbio ci assale. Il modello distributivo italiano è fatto di piccole e medie aziende che in realtà non riescono a battere la concorrenza di una grande distribuzione aperta sempre, la desertificazione commerciale dei paesi e delle città in cui i centri commerciali sono inseriti o confinanti, è purtroppo sotto gli occhi di tutti, ci vorrebbe una nuova regolamentazione, nel tentativo di far convivere le varie realtà. Il disegno di legge tra l’altro prevede anche un ritorno indietro sulla liberalizzazione degli orari di apertura dei comuni turistici voluta dal governo Monti.
In questo paese in tanti parlano senza aver mai affrontato seriamente le varie problematiche del mondo delle piccole aziende, dei piccoli bar/pizzerie/ristoranti, perché poi sono solo i pubblici esercizi in difficoltà, negli altri settori merceologici (tipo la casa o l’abbigliamento) le gestioni sono di fatto franchising o dirette dell’industria. La piccola azienda sta lentamente scomparendo, e il perché è presto detto: le grandi aziende riescono ad usufruire dei vantaggi dei vari “Jobs Act”, cosa che i piccoli non riescono a fare, ed è per questo che i grandi più facilmente vogliono e riescono a fare apertura durante i festivi.