Basta che a Londra si introduca un’
etichetta a semaforo sugli alimenti in vendita (con in rosso l’eventuale allarme per i contenuti elevati di sale, zucchero, grassi, ecc.) che subito in Italia ci si straccia le vesti parlando di attentati alla dieta Mediterranea. La verità è che, come al solito, ci muoviamo in ritardo e, quel che è peggio, finora abbiamo fatto finta di ignorare che dal 2016 diventerà obbligatoria in tutta Europa l’etichettatura nutrizionale. Come dire che per ogni prodotto alimentare dovrà essere scritto chiaramente quali sono i principi nutritivi e l’apporto calorico di quanto si mangia. In Gran Bretagna, dove sono certamente meno europeisti di noi, ma più attenti a quanto viene deciso in sede comunitaria, si sono attrezzati per tempo e, in assenza di regolamenti europei (dove siamo stati finora? perché le nostre istituzioni non se ne sono preoccupate?) hanno fissato dei criteri validi per la loro cultura e le loro abitudini alimentari.
È indubbio che in questa prospettiva i prodotti alimentari italiani rischino di finire con molti bollini rossi (a partire dai nostri formaggi o salumi Dop e Igp, fino all’olio extravergine), ma ci siamo mai interrogati su come proteggiamo e valorizziamo la nostra dieta? Certo i consorzi italiani destinano risorse importanti per promuovere all’estero i prodotti (che oggi non sono più a rischio per la salute come un tempo…), ma cosa facciamo per tutelare quelli buoni rispetto ai troppi tarocchi che invece andrebbero tutti bollati in rosso per come sono fatti?
E, ancora più importante, cosa facciamo in Italia per tutelare la nostra dieta e la salute dei cittadini? Praticamente nulla. Ed è proprio da questa situazione che nasce l’iniziativa europea di rendere obbligatoria l'indicazione di almeno il contenuto di 100 grammi di prodotto. Quando mese dopo mese cresce la tendenza all’
obesità degli italiani (e i nostri bambini sono i più grassi al mondo dopo quelli statunitensi) è chiaro che in molti si chiedono se l’alimentazione italiana sia corretta. Il problema è di quantità, non certo delle materie prime utilizzate, ma questo è un po’ difficile da spiegare. Il miglior biglietto da visita della validità della nostra dieta e dei nostri prodotti dovrebbe essere il nostro livello di salute, ma lo Stato sembra disinteressarsene. Gli altri però, inglesi per primi, ci guardano e avendo anche loro problemi di sovrappeso e di malattie legate all’alimentazione sbagliata, cercano di porvi rimedio, magari in maniera grossolana e semplicistica.
Del resto basterebbe ricordare il problema dello scorso anno quando la
Nutella incappò in un serio pasticcio negli Stati Uniti perché sulle sue etichette non erano riportati correttamente contenuti utili per la salute e per regolare le dosi di consumo senza danni.
Il problema di fondo è in ogni caso che le
etichette vanno rese veritiere e va assolutamente valorizzata la provenienza, l’eventuale trattamento biologico (che nel semaforo inglese è invece assente) e le giuste dosi di consumo. L’operazione trasparenza, se gestita bene, ci potrà permettere di superare anche questo scoglio, purché siamo corretti e dimostriamo coi fatti di tutelare realmente anche la nostra salute. A partire dal peso degli italiani.