Il caso della mozzarella 'blu” prodotta in Germania, con il relativo sequestro da parte dei Carabinieri dei Nas di Torino di 70mila confezioni contaminate di mozzarella a marchio "Land" (vendute da Eurospin), "Lovilio" (vendute da Lidl) e "Malga Paradiso" (vendute da MD discount), tutte prodotte dalla ditta tedescaMilchwerk Jager Gmbh & Co, riapre con forza il dibattito sulla sicurezza alimentare. E anche se ora secondo il portavoce della Commissione europea
Frederique Vincent «la situazione è sotto controllo» perché «Bruxelles segue da vicino la vicenda e si appresta a decidere l'invio di un ispettore sanitario europeo in Germania per verificare le origini della contaminazione e cercare di capire cosa è avvenuto», ed è stata esclusa la tossicità del formaggio, dai Paesi interessati al caso, l'Italia e la Slovenia, si alzano le voci rabbiose di consumatori e delle associazioni di categoria.
Per la Coldiretti «Il fatto che il sequestro di mozzarella "blu" riguardi anche il marchio Malga Paradiso sembra configurarsi come un triplo "inganno" per i consumatori che acquistano senza saperlo un prodotto che non ha nulla a che fare con le malghe alpine, pensano di mangiare italiano e si trovano nel piatto un prodotto tedesco e vedono il bianco del latte trasformarsi in un blu inquietante».
E il fatto che la scoperta dell'alterazione sia avvenuta in Italia e non in Germania dove la mozzarella viene prodotta, sottolinea la Coldiretti, «è significativo della capillarità dei controlli sul mercato nazionale dei prodotti alimentari sul quale vigilano oltre un milione di verifiche e ispezioni all'anno tra Nas dei Carabinieri, Istituto controllo qualità, Agenzie delle Dogane, Capitanerie di Porto, Corpo Forestale e Carabinieri delle Politiche agricole, Asl, ai quali si aggiunge l'attività degli organismi privati.
Ma gli importanti risultati delle attività di controllo vanno accompagnati da misure strutturali come il divieto ad utilizzare denominazioni ingannevoli (da prosciutto di montagna al formaggio di fattoria che non rispondono a verità) o l'obbligo di estendere al latte e a tutti i prodotti derivati l'indicazione in etichetta dell'origine per smascherare l'inganno del falso Made in Italy rischioso per la salute.
In Italia l'indicazione della reale origine per i prodotti lattiero caseari è obbligatoria solo per il latte fresco, non per quello a lunga conservazione, per lo yogurt, i latticini o i formaggi. Per questo va sostenuta in Parlamento l'approvazione del disegno di legge sull'etichettatura obbligatoria di origine degli alimenti che al Senato è già stato ampiamente condiviso sia in commissione Agricoltura sia in aula.
Un segnale incoraggiante è appena arrivato dal Parlamento europeo che ha votato finalmente a favore dell'obbligo di indicare il luogo di origine/provenienza per carne, ortofrutticoli freschi e appunto prodotti lattiero caseari. Per l'Italia significa valorizzare il vero Made in Italy in una situazione in cui tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle in vendita sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio indicarlo in etichetta.
Dello stesso parere il presidente di Aia (associazione italiana allevatori)
Nino Andena: «Purtroppo in Italia occorre sempre un evento di cronaca come quello della mozzarella tedesca per guardare in faccia alla realtà, anche se la nostra associazione aveva sollevato la questione delle mozzarelle prodotte con cagliata congelata già diversi mesi fa. Gli allevatori italiani sono i primi a essere danneggiati dall'immissione sul mercato di questi alimenti di scarsa qualità e di basso prezzo. E per contrastare questa vera invasione di prodotti scadenti, spesso spacciati come made in Italy, grazie alla collaborazione con l'Università di Bari Aia ha da tempo messo a punto una metodica analitica, già a disposizione della filiera agroalimentare e del consumatore, in grado di smascherare i produttori che non utilizzano latte fresco, ma preferiscono invece acquistare per pochi centesimi cagliate congelate provenienti da Germania, Lituania, Estonia, Polonia o Ungheria e trasformarle poi in sedicente mozzarella italiana».
Basta una semplice analisi di laboratorio e in poche ore i tecnici dell'Aia sono in grado di identificare le mozzarelle tarocche, che spesso troviamo nei punti vendita a 2.5-3 euro/kg, distinguendole da quelle prodotte con vero latte, che, conti alla mano, difficilmente possono arrivare al consumatore finale a un prezzo inferiore ai 6,5-7 euro/kg. «Ma il sistema allevatori – continua Andena - grazie alla sua capillare presenza sul territorio nazionale, non si limita alla semplice analisi di laboratorio e riesce anche ad offrire un controllo di filiera, dalla stalla alla tavola, per garantire al consumatore l'origine italiana del prodotto. Un percorso qualità che viene testimoniato dal marchio 'Italialleva”, che oggi viene apposto su centinaia di referenze, dalla carne ai formaggi, dai salumi alle mozzarelle».
Sulla questione la Confederazione italiana agricoltori-Cia prende la palla al balzo ricordando uno 'sgarro” non dimenticato:
quello della Nutella di appena pochi giorni fa: «Invece di perdere tempo in etichettature puramente fantasiose che vanno a danneggiare prodotti importanti dell'agroalimentare made in Italy, come la Nutella, l'Unione europea si decida una volta per tutte a varare un provvedimento che preveda proprio in etichetta l'origine, superando così quelle inutili discussioni che stanno provocando problemi agli agricoltori e grande incertezza fra i consumatori».
Copagri parla di 'grave misfatto” mentre la Coldiretti approfitta ancora per ricordare che «l'inganno del falso Made in Italy riguarda due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all'estero, e che oltre tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro sono stranieri senza indicazione in etichetta come pure la metà delle mozzarelle».
Sul versante politico il senatore
Nello Di Nardo, capogruppo dell'Italia dei Valori , chiama in gioco il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali chiedendo che Galan «riferisca in Parlamento».
Ma il caso delle mozzarelle blu potrebbero generare anche un vero e proprio caso internazionale. Il procuratore di Trento
Stefano Dragone e il procuratore di Torino
Raffaele Guarinello, chiedono una rogatoria internazionale al fine di individuare i responsabili dell'azienda tedesca per poterli iscrivere nel registro degli indagati. Il reato ipotizzato, per ora a carico di ignoti, è la violazione dell'articolo 5 della legge del 1962 sugli alimenti.
In prima fila anche le associazioni per la difesa dei diritti dei consumatori. L'ufficio legale del Codacons ha avviato le pratiche per studiare azioni legali risarcitorie nei confronti di produttori e distributori delle "mozzarelle blu": «Indipendentemente dalla reale tossicità del prodotto i cittadini italiani che hanno acquistato le mozzarelle in questione devono essere risarciti per i danni subiti, anche solo quelli legati alla paura e all'ansia per aver consumato un alimento potenzialmente pericoloso per la salute - spiega il presidente Codacons,
Carlo Rienzi - A tal fine, le autorità sanitarie italiane devono accordarsi con il governo tedesco al fine di studiare meccanismi di indennizzo diretto in favore dei consumatori».
L'indice di tutti resta puntato sull'Unione europea perché prenda finalmente decisioni concrete sull'obbligo dell'etichetta per gli alimenti.
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