Un fenomeno come gli home restaurants, tanto dilagante e "innovativo" da aver persino mosso il Governo a fare una legge per porne i giusti limiti, torna al centro dell'attenzione. È la piattaforma Gnammo, infatti, a lanciare una nuova assicurazione "social" per offrire, oltre a una copertura di responsabilità civile sull'immobile, una forma di tutela ai ristoratori-a-casa-propria, per eventuali inconvenienti durante la somministrazione delle cene. Questo «nuovo livello di sicurezza», come la stessa Gnammo lo definisce, non è altro che un'ulteriore prova - come già Italia a Tavola ha sostenuto fin dagli albori di questo fenomeno - di quanto il format home restaurant sia un'attività esposta a rischi.
A mancare alla base del concept è la professionalità, quella che contraddistingue chi il cuoco lo fa per mestiere e non per improvvisazione, quella che dà garanzia di un percorso formativo più o meno ampio, ma comunque sufficiente ad avviare un'attività che rassicuri il cliente in quanto persona che usufruisce a pagamento di un servizio. Da una riflessione di questo genere, viene spontaneo non accettare, nella notizia divulgata da Gnammo, la parola "cuochi" in riferimento a dilettanti che si improvvisano "chef" ai fornelli di casa. "Cuoco" è colui che ha appreso il mestiere, ha intrapreso un percorso dal quale ha tratto un bagaglio formativo, è colui che il cuoco lo fa per lavoro.
Questa nuova assicurazione "social", proposta dalla startup Axieme, tramite una polizza di Reale Mutua, dando «un'ulteriore garanzia agli ospiti che si prenoteranno» - riporta Gnammo - non fa altro che dare ragione alle tante voci che hanno rimesso sul tavolo questioni come la sicurezza alimentare e quindi del cliente in situazioni come queste.
Ecco perché Italia a Tavola invita le associazioni di categoria a riprendere posizione di fronte a questa situazione. Gli home restaurant, dopo tutto, hanno già diverse volte lasciato perplessi sia le stesse associazioni che i cuochi professionisti, che per una legge ancora troppo vaga si trovano ad affrontare fenomeni di concorrenza sleale da parte di "dilettanti ai fornelli". Anche l'Antitrust auspica infatti che la legge possa essere migliorata, mentre nel mondo della cucina professionale c'è chi vede chiaramente degli imitatori che si fanno largo nel mestiere per scorciatoie burocratiche e fiscali.