Potrebbe incepparsi il percorso del disegno di legge scritto per disciplinare, e limitare, l’attività di home restaurant. L’Antitrust infatti ha espresso alcune perplessità spiegando che lo stesso disegno «appare nel suo complesso idoneo a limitare indebitamente una modalità emergente di offerta alternativa del servizio di ristorazione e, nella misura in cui prevede obblighi che normalmente non sono posti a carico degli operatori tradizionali, risulta discriminare gli operatori di home restaurant, a favore dei primi».
L'Antitrust ritiene che il ddl «introduce limitazioni all'esercizio dell'attività di home restaurant che non appaiono giustificate». E, prosegue, «l'operatore viene privato della libertà di definire autonomamente come e in che misura organizzare la propria attività economica». Per questo auspica che «al fine di superare i profili discriminatori e restrittivi», nel prosieguo dell'iter legislativo «i rilievi siano tenuti in adeguata considerazione».
L’Antitrust indica che prevedendo l'utilizzo delle piattaforme digitali come unica modalità per lo svolgimento dell'attività di home restaurant, il ddl in questione esclude ogni possibilità di rapporto diretto tra l'utente cuoco e l'utente fruitore al di fuori delle stesse. «Dal lato della domanda - motiva - ciò riduce l'offerta dei servizi di ristorazione per i clienti meno avvezzi all'uso di sistemi digitali/elettronici di acquisto; dal punto di vista dell'offerta, crea una discriminazione con i ristoratori tradizionali, che, oltre a poter promuovere la propria attività e ricevere prenotazioni mediante siti internet, mantengono la possibilità di avere un contatto diretto con la clientela».
Analoghe considerazioni, prosegue l'Antitrust nel parere pubblicato nell'ultimo bollettino, valgono rispetto all'obbligo «di fatto imposto di pagare la prestazione prima di averne beneficiato» che le transazioni avvengano esclusivamente mediante le piattaforme digitali. «Tale previsione, inoltre, impedisce o rende più oneroso per il cliente di avvalersi, ad esempio, della possibilità di disdire sul posto un servizio rivelatosi inadeguato e all'operatore di farsi interamente carico del rischio del cosiddetto no show».
Così come, sempre secondo l'Autorità, «del tutto ingiustificata appare la quantificazione normativa del numero massimo di coperti che possono essere allestiti e del reddito annuo che l'attività in esame può generare» (500 coperti e 5mila euro annui). Infine, appare «ugualmente priva di motivazioni e ingiustificatamente restrittiva l'esclusione delle attività di b&b e case vacanza in forma non imprenditoriale e della locazione dalla possibilità di ampliare l'offerta di servizi extralberghieri con quella del servizio di home restaurant».