Questa prossima estate, lo hanno detto recentemente gli esperti meteorologici, si prospetterà come periodo assai caldo, afoso, con picchi di temperature che metteranno a dura prova, forse più dello scorso anno, l’intera popolazione. Ma non sarà certo il caldo estivo a rendere insonni le notti degli italiani (e non solo), bensì l'emergenza sanitaria.
“Tutti i nodi prima o poi arrivano al pettine”, si usa dire. Niente è più appropriato in questo preciso contesto storico. Si è sempre detto che l’Europa è necessaria (intesa come entità politica unita) per tutti i suoi Paesi membri, allo scopo di contrastare e soprattutto valere di più nello scenario mondiale politico ed economico, per fronteggiare il controllo egemonico di giganti come Stati Uniti, Russia, Giappone e Cina con i correlati mercati asiatici. Sia da politici italiani (una considerevole parte) che di altri stati europei, si professa l’importanza, nell’interesse comune di tutti, di formare le coscienze edificando l’identità comunitaria in ogni cittadino comunitario, eliminando i confini mentali, le disparità ideologiche e i vecchi campanilismi, glorificando la più alta e nobile intenzione e scopo primario dell’Europa: l’unità.
Fic sempre in prima linea
Sta di fatto che, in aggiunta alle fibrillazioni politico-istituzionali per la recente Brexit e alle difficoltà economiche causate dalla guerra dei dazi americana, quest’ultima emergenza sanitaria del coronavirus ha
messo a nudo un “nervo” della nostra Ue che molti in passato hanno sempre invocato: ma siamo davvero tutti uguali e uniti nella nostra Comunità?
Tutti i nostri
rappresentanti economici europei stanno dibattendo sulle misure finanziarie da prendere congiuntamente a sostegno di un’economia reale una volta che saremo usciti dalla grave crisi sanitaria. I “
Corona bond”, unico mezzo finanziario, professato dall’ex presidente della BCE Mario Draghi, il primo illuminato (guarda caso italiano) in tutto questo “quadro” disastroso, sembrerebbe lo strumento percorribile in mano alla Banca Centrale Europea. È una strada che non discrimina nessun Paese membro e non mette eccessivamente a repentaglio i bilanci futuri di tutti. Naturalmente
Germania in testa e un piccolo gruppo di Paesi del Nord Europa non sono d’accordo, non volendosi esporre in maniera eccessiva a queste misure, ritenute a gran voce da molti altri Paesi europei (la maggioranza) assolutamente necessarie. Lo scopo è sostenere il “dopo” di aziende già messe a dura prova fin dal primo mese di chiusure e azioni restrittive. Sta di fatto che una “minoranza” tiene in stallo l’intero sistema democratico europeo su questioni di vitale importanza.
Personalmente, non capisco molto di economia né di finanza pubblica, né dei complessi meccanismi che mettono in ginocchio interi settori o ne decretano il successo attraverso manovre o spostamenti di capitali. Ho già difficoltà a comprendere e leggere i bilanci che redigono i nostri commercialisti ogni anno per l’attività di fine gestione della nostra Fic. Ma so solo una cosa, è la vita che me lo ha insegnato: per ricevere bisogna anche dare, con slancio e soprattutto con senso di solidarietà e generosità, la stessa che tutti hanno trovato, e sempre troveranno, nella Federcuochi, senza mai anteporre interessi di parte, ma solo veri valori. La vita è una ruota e tutti possiamo trovarci primo o poi in uno stato di bisogno, dove l’aiuto di qualunque persona o soggetto istituzionale può essere fondamentale. Non è la carità dettata o professata dalle scritture di ogni religione, ma gesti che provengono dalla coscienza e dalla sensibilità delle persone. Come sempre noi della Fic, associazione apolitica per scelta, non esprimiamo pareri né giudichiamo gli operati di chi governa: ad ognuno, come si dice, il proprio mestiere. La qualità del nostro futuro dipende però anche dalla qualità delle azioni di tutti noi. E concludo con una mia considerazione: se l’Europa non risponde alle chiamate in una situazione così drammatica, rischia di non ricevere più chiamate in futuro!
Noi della Fic: fatti, non parole. Un augurio a tutti per un ritorno alla vita normale e ai nostri
luoghi di lavoro.