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Anche i cuochi top in difficoltà Gli sfoghi di Romito e Klugmann

Due nomi d’eccellenza della nostra cucina inquadrano il momento di profonda crisi che sta attraversando il mondo della ristorazione. Il tristellato ha messo in cassa integrazione i dipendenti, la trevigiana è più incerta.

 
06 aprile 2020 | 16:54

Anche i cuochi top in difficoltà Gli sfoghi di Romito e Klugmann

Due nomi d’eccellenza della nostra cucina inquadrano il momento di profonda crisi che sta attraversando il mondo della ristorazione. Il tristellato ha messo in cassa integrazione i dipendenti, la trevigiana è più incerta.

06 aprile 2020 | 16:54
 

«Nel mentre siamo nelle nostre case ligi ad osservare le regole che il governo ha dato al Paese per fronteggiare la sfida del Covid-19, ho deciso, osservando quelle medesime norme, di chiedere solo ad alcuni di voi di tornare al lavoro». Lo ha detto il cuoco tristellato Niko Romito annunciando, con rammarico, di aver chiesto la cassa integrazione per i suoi ristoranti. «Abbiamo riaperto il laboratorio Pane - osserva - seguendo tutte le procedure di sicurezza necessarie, per produrre poche, simboliche, ma necessarie, confezioni della nostra colomba di Pasqua. Ho preso questa scelta perché sento forte la necessità di mandare un messaggio di fiducia a tutti voi, a tutti i nostri clienti a tutte le persone che ci seguono e ci vogliono bene».

Niko Romito e Antonia Klugmann - Anche i cuochi top in difficoltà Gli sfoghi di Romito e Klugmann

Niko Romito e Antonia Klugmann

Quindi la dedica a tutta l’Italia che sta lottando. «A tutti gli italiani - dice - che nonostante la chiusura del Paese con dedizione e amore continuano a lavorare. Penso ai medici, agli infermieri, agli assistenti, agli operatori delle pulizie in ospedale, agli autisti sui tir, alle commesse nei supermercati, agli operatori delle forze dell’ordine nelle nostre strade, ai lavoratori nei campi e nelle fabbriche agroalimentari, ai giornalisti che raccontano gli eventi che ci accadono, ai nostri amministratori nazionali e locali chiamati a prendere scelte difficili e ai tanti altri che in silenzio fanno sì che il nostro Paese non si fermi del tutto e sia pronto a ripartire quando sarà possibile».

«A tutti voi - precisa Romito - care ragazze e cari ragazzi che avete consentito al nostro gruppo di crescere, affermarsi e divenire un brand riconosciuto nel mondo per la sua identità italiana, per la sua creatività, per la sua passione per il lavoro e la voglia di innovare, non avrei mai immaginato nella mia vita pre-pandemia di dover mandare una comunicazione come questa. La quasi totalità dei lavoratori del nostro gruppo sarà messa in cassa integrazione, nell’attesa di riprendere il prima possibile il nostro lavoro. Certo, fin d’ora so che dovremo re-inventarci: trovare formule diverse, modalità alternative, soluzioni innovative per poter vivere e lavorare nel mondo nuovo che ci attende. Tenendo però fermo un punto fondamentale della nostra filosofia: la ricerca gastronomica, la formazione e l’alta cucina sono le architravi necessarie per conservare il nostro modello di business circolare che ci consente di rendere accessibile e democratico un cibo buono, salubre e di qualità sia nei nostri format di strada, e penso ad Alt e Bomba, che nella ristorazione collettiva attraverso il progetto Intelligenza Nutrizionale».

«Quando suonerà la campanella che indica la fine di questo intervallo lungo - chiude - saremo tutti pronti, tutti protagonisti, nessuno escluso, per il secondo tempo della nostra avventura imprenditoriale e lavorativa. Siamo tutti nella stessa barca. Ancora non si vede la terra all’orizzonte. Ma oggi abbiamo deciso di mandare una colomba a cercare il ramoscello d’ulivo che ci darà il segno che possiamo dare vita ad un nuovo inizio».

Ma la gravità della situazione tocca un’altra cuoca d’eccellenza della nostra cucina: Antonia Klugmann. «Quando il virus ha iniziato a diffondersi - esordisce in quello che sembra uno sfogo più stizzito rispetto al collega - non avevo gli strumenti per comprendere fino in fondo cosa avrebbe rappresentato per tutti noi. Siamo stati per un po’ in attesa. Ancora oggi dopo settimane dal totale lockdown non sono capace di immaginare il futuro. Per la prima volta nella mia vita. Forse perché il presente è così lontano da qualunque cosa io conoscessi prima. Diverso da ogni prospettiva programmata. Dalla mente dipartono fili infiniti di possibilità. Deprimenti a tratti, apocalittici, ma qualche volta luminosi, nuovi, carichi di avventure».

«Il tempo ha un peso nuovo - commenta - sono abituata in cucina a non guardare quasi mai l’orologio. A seconda di cosa sta accadendo davanti ai miei occhi riconosco di quale momento si tratta. Per tutti i cuochi è così. L’orologio è un metronomo che mi dà piuttosto il senso del ritardo o dell’anticipo, il senso oggettivo del ritmo del servizio, come un cronometro per un corridore. Secondi, minuti qualche volta più importanti delle ore. La mia mente è come se fosse ancora regolata su quel cronometro. Ancora non rallenta. Anni di abitudine. Allenamento anzi. Mi sono allenata per questo. Come tutti noi. Una delle prime regole degli apprendisti e di chi li deve valutare: non si deve guardare l’orologio. Bisogna essere veloci, efficaci, puliti, ma non contare le ore che ci vogliono per fare bene un lavoro. La vita fuori dalla cucina deve annullarsi. Bisogna entrare in una dimensione diversa per fare bene. Sempre meglio. Essere ossessivi, ossessionati dai dettagli…sensibili al piccolo gesto che fa la differenza. Il virus è penetrato in questa routine, nel mio rapporto intimo con il tempo».

Quindi una punzecchiata ai mancati aiuti: «Il posizionamento geografico - osserva - non mi è mai parso così potente fino all’emergenza. Da subito il governo ha limitato, giustamente, gli spostamenti. Nonostante nel ristorante rispettassimo le norme sanitarie e igieniche richieste, è stato fin da subito impossibile proseguire l’attività. L’asporto, in un comune così piccolo, non è praticabile. A tutti i miei dipendenti ho dovuto dire di rimanere a casa. Sono l’unica che può accedere al ristorante ora. Mi occupo della piccola manutenzione. Delle piante. Il lavoro nell’orto si è interrotto. In primavera si dovrebbero fare tutta una serie di lavori indispensabili, purtroppo. Solo con il frutteto siamo stati fortunati. Viaggia da solo ora. Gli alberi sono già stati potati e trattati».

«Il foraging così importante per noi, è una risorsa quotidiana oggi per me. Di bellezza anche. La bellezza della campagna non mi è mai parsa così vitale per la mia felicità come in questi giorni. La salute della terra che circonda il ristorante si riverbera costantemente nella varietà di erbe spontanee a disposizione. Erbacce molto spesso totalmente sostenibili proprio perché abbondanti, e adatte per natura al clima particolarissimo di Vencò. Escursione termica molto elevata, con picchi di freddo spinti. Piogge abbondanti in primavera e autunno. Estati calde, sempre più calde, con il fiume vicinissimo pronto a mitigare la calura e una terra fertile drenante, che ha nel sottosuolo riserve di acqua nascoste».

«I produttori di vino che ci circondano hanno mantenuto in questa zona votata alla vite molte aree boschive, case sicure per uccelli, cervi e cinghiali. Luoghi di raccolta interessanti per noi cuochi. Ogni anno osserviamo grazie all’attività di foraging, praticata da tutti i membri dello staff della cucina, quanto sia importante il rispetto dei ritmi naturali, per poter garantire a noi stessi una raccolta nei giorni successivi. Se si raccoglie troppo, troppo in fretta, il sistema perde immediatamente di sostenibilità. La ricerca di una singola erba non può, inoltre, essere troppo prolungata, perché la cucina non può fare a meno di nessuno per troppo tempo».

«L’orto è una parte fondante del processo creativo della cucina. Cresce ogni anno con il ristorante. Mano a mano che le risorse economiche aumentano, tutto o quasi viene reinvestito nella struttura, nelle risorse umane, nella campagna. L’ orto non è ancora purtroppo abbastanza grande per coprire le necessità della cucina, ma migliora costantemente. E noi con lui. In un dialogo continuo tra fuori e dentro. Come il virus influenzerà questo meccanismo mi è purtroppo chiaro. Fin d’ora ipotizzo un depauperamento della nostra autoproduzione, ma sarà mio compito capire come ottimizzare il tempo perduto».

«Una piccola realtà come la nostra, in cui l’equilibrio economico si basa esclusivamente sugli incassi dati dall’attività ristorativa, è chiaramente in una posizione di debolezza estrema oggi. Mi chiedo se cambieremo e come, se i nostri numeri saranno molto diversi e se saremo in grado di mantenere la nostra essenza, la nostra identità intatta. La mia vita è cambiata totalmente e vivendo da sola cerco di occupare il tempo nel modo più produttivo possibile. L’attività fisica all’aperto è vietata e quindi il fitness a casa ha sostituito l’abitudine quotidiana di correre. La mente va veloce nel frattempo e mi chiedo costantemente quale sarà il futuro per una attività piccola come la mia che ha fatto dello spostamento geografico del cliente più o meno lontano la fonte principale del reddito».

«Il cliente locale rimane uno zoccolo duro di cui siamo molto fieri. Il legame con il territorio nel nostro ristorante si percepisce non solo ascoltando nel piatto i riverberi, i ricordi molto radicati alle mie origini di confine, ma anche osservando di tavolo in tavolo la clientela locale, vedendo come nel tempo sia rimasta presente. Il fatto che questa crisi sanitaria sia mondiale ci pone nuovi interrogativi. Anche quando il piccolo, ma bellissimo, Friuli-Venezia Giulia avrà sconfitto il virus saranno i clienti che ci raggiungevano dal resto dell’Italia, dall’Europa, dal mondo a essere messi in difficoltà».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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